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lunedì 21 aprile 2014

L'arca di Noè? Un buco nell'acqua

NOAH
di Darren Aronofsky,
USA, 2014
con Russel Crowe, Jennifer Connelly, Emma Watson, Logan Lerman, Douglas Booth, Anthony Hopkins.
Se ti piace guarda anche: 2012, Il cacciatore di giganti, L'albero della vita, Il signore degli anelli
TRAMA
Noé viene avvisato in sogno che l'umanità sta per essere sterminata e lui è incaricato di mettere in salvo gli essere viventi innocenti.
COMMENTO
Lo straordinario successo commerciale (nonché di critica) de Il cigno nero ha permesso a Darren Aronofsky di raggruppare il budget necessario per coronare il suo sogno: ovvero creare la sua personale rivisitazione di uno dei passi più celebri ed emblematici della Bibbia, ovvero quello del diluvio universale. E quando si parla di catrastrofi il primo nome che viene in mente è Emmerich, non di certo il regista di film indipendenti come The Wrestler e Requiem for a dream.
La componente kolossal-digital-catastrofica in effetti è sbrigata piuttosto frettolosamente, soprattutto per quanto riguarda il tanto atteso e agognato diluvio universale che si esaurisce in pochi minuti senza dare molto spettacolo. 
Quello che interessa al regista è infatti la questione morale, più ancora di quella religiosa, e le dinamiche psicologiche dei personaggi. Aronofsky tenta perciò di scavare nella mente di personaggi sulla carta monodimensionali e ne indovina i turbamenti interiori, ottenendo a volte dei risultati fortemente drammatici e altre perfino comici. 
Così quello che sembrava un colossal catastrofico più volte si trasforma in un dramma psicologico, quasi un melodramma domestico per lo stile di certi dialoghi. 
Ma questo non è un pregio, perché, e a chi scrive duole molto dirlo, questa volta Aronofsky ha fatto un grande buco nell'acqua. La sua vena mistica l'avevamo già vista in quella che sembrava una parentesi, The Fountain- L'albero della vita, insolito film new age piuttosto pacchiano ma non privo di interesse.
Qui invece Aronofsky fallisce nel tentativo di offrire un colossal d'autore, ossimoro destinato a restare tale anche con alla regia un grande regista.
Come colossal e fantasy il film non si eleva affatto sopra la media, nemmeno dal punto di vista tecnico e visivo (gli effetti speciali non sono così speciali dopotutto) forse anche perché si tratta di generi che il regista non ha mai frequentato. La fotografia solitamente sgranata, sporca e vibrante di Matthew Labatique diventa patinata per adattarsi agli standard dei blockbuster. 
Sembrano non arrendersi invece Andrew Weisblum, che offre un montaggio ancora una volta quasi diegetico per la sua importanza nel costruire le scene e Clint Mansell, che con le musiche riesce a infondere pathos e tensione laddove fallisce la componente visiva. 
Dal punto di vista narrativo il film non convince poiché non c'è armonia tra tra componente spettacolare e psicologica, nonostante la sceneggiatura riporti ancora una volta il nome di Ari Handel a fianco di quello del regista. 
Poi ci sono i personaggi: il protagonista interpretato da Russel Crowe non ha la forza del wrestler Roby o della ballerina Nina e le dinamiche tra i personaggi risultano ripetitive. Dispiace vedere i lanciatissimi Emma Watson e Logan Lerman, entrambi rinati con lo splendido Noi siamo infinito, alle prese con personaggi di poco spessore, così come suscita pena un ridicolo Anthony Hopkins nei panni di un Matusalemme colpito da un'onda d'acqua mentre si gusta l'ultima bacca. E l'elemento ridicolo è purtroppo assai ricorrente nel film, tanto da chiedersi se non si tratti di una comicità volontaria volutamente sottolineata per smorzare i toni epici e seri del film: eloquente l'esempio del personaggio di Lerman, letteralmente ossessionato dal sesso. Qualcuno può leggerli come sprazzi di insolente genialità, ma personalmente li giudico come trovate infelici.

Non resta che considerare questo Noah come l'esperimento libero e giocoso di un regista che in passato ha dato prova di grandissimo talento.
VOTO: 5

domenica 13 aprile 2014

Her

LEI
(HER)
USA, 2012
di Spike Jonze
con Joaquin Phoneix, Amy Adams, Olivia Wilde, Rooney Mara, Chris Pratt
 e la voce di Scarlett Johansson
Se ti piace guarda anche: Lost in Translation, Se mi lasci ti cancello

       "Sono stato qui a pensare a tutte le cose per cui vorrei chiederti scusa. A tutte le cose di cui ti ho incolpato. A tutto ciò che volevo che tu fossi o dicessi. Mi dispiace per tutto ciò. Ti amerò sempre perché insieme siamo cresciuti. E mi hai aiutato a farmi diventare chi sono. Voglio solo che tu sappia... che dei frammenti di te resteranno per sempre in me. E di questo te ne sono riconoscente. Qualsiasi cosa tu sia diventata e ovunque tu ti trovi nel mondo".
TRAMA
Un uomo che di mestiere scrive lettere per altri e che ha appena divorziato, finisce per innamorarsi di un sistema virtuale che ha la voce, i desideri e i pensieri di una donna...
COMMENTO
Spike Jonze ci porta in un futuro non troppo lontano in cui l'uomo, dopo aver oltrepassato lo stadio in cui non può fare a meno dei dispositivi portatili, arriva a innamorarsene. 
Non è facile da spiegare, così come non è facile spiegare il mare di emozioni che suscita la visione di un film che ci proietta in un altro mondo per farci compiere un viaggio vorticoso, perfino catartico, all'interno di noi stessi. Perché Her scende nelle pieghe delle relazioni d'amore, analizza la fine di un rapporto e le premesse per abbracciarne uno nuovo, semplicemente ci accompagna in un viaggio all'interno di noi stessi.
E la visione di un film si trasforma così in una lunga riflessione, a volte dolce e altre amara, ma complessivamente necessaria e vitale. 
Un personaggio all'apparenza strano, solitario, alle prese con situazioni che sembrano futuristiche e paradossali, finisce infatti per risultare similissimo a noi. E per nulla inverosimile appare alla fine la sua relazione con una voce..
La sceneggiatura di Spike Jonze, giustamente premiata con l'Oscar ci presenta una carrellata di frasi memorabili che si vorrebbero ascoltare e riascoltare: era da un po' che non si vedeva e sentiva un film scritto così bene. Meglio sorvolare sulla Coppa Volpi  Marc?Aurelio vinto da Scarlett Johansson all'ultimo festival di Roma: bravissima, certo, ma si può premiare una performance esclusivamente vocale in un film? Joaquin Phoenix, sempre eccellente, qui supera se stesso e Amy Adams è ancora una volta semplicemente magnifica.
E poi vi sono immagini meravigliose che inghiottiscono lo spettatore grazie dalla fotografia calda e colorata di Hoyte van Hoytema, scoperto da D. O' Russel in The Fighter e già ingaggiato da C. Nolan per Interstellar
Insomma le emozioni suscitate dalla visione di Her sono troppe e fanno sì che il film sia tra quei pochi visti ultimamente che si vorrebbero subito rivedere.
VOTO: 9-

venerdì 4 aprile 2014

PENSIERI CANNIBALI DAY

Anche se ultimamente non posto molto spesso, non potevo di certo perdermi il sesto compleanno di Pensieri Cannibali, blog che seguo da tre anni ormai e l'unico blog di cui non posso perdermi un post.
Voglio quindi festeggiarlo celebrandolo con una Top 5 dei suoi migliori post (recenti) e regalandogli 5 film che gli consiglio di vedere.

TOP 5 POST CANNIBALI
1. The Artist: la recensione muta
2. La ragazza con l'orecchino da pirla
3. Upside down: up o down?
4. I vincitori e il redporchet degli Oscar 2014
5. Only lovers left alive, Twilight secondo Jim Jarmusch

e ora 5 titoli che "regalo" al Cannibal Kid, 3 classici da riscoprire e 2 film francesi recenti
1) Prima della rivoluzione di Bernardo Bertolucci
2) Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli
3) Bella di giorno di Luis Buñuel
4) Janis et John di Samuel Benchetrit
5) Les chansons d'amour di Christophe Honoré

giovedì 3 aprile 2014

12 ANNI SCHIAVO

12 ANNI SCHIAVO
(12 YEARS A SLAVE)
di Steve McQueen,
USA, 2012
con Chiwetel Elijofor, Lupita Nyong'o, Michael Fassbender, Benedict Cumberbatch, Brad Pitt, Paul Dano, Paul Giamatti, Sarah Paulson, Afre Woodard
Genere: Drammatico
Se ti piace guarda anche: Django Unchained, Lincoln, The Butler
PREMIO OSCAR 2014 COME MIGLIOR FILM
TRAMA
Nell'America di fine '800 un uomo nero libero viene ingannato e venduto come schiavo.
RECENSIONE
Dopo la parentesi di Shame, incentrato sull'ossessione del sesso, McQueen torna al tema della violenza, già esplorato nel suo esordio Hunger, incentrato sulle inaudite violenze subite dal dissidente politico Bobby Sands. Ancora violenze gratuite non giustificabili eppure tristemente accadute: siamo nell'America schiavista di fine Ottocento, periodo che ultimamente ha ispirato pellicole fortunate come Django Unchained e Lincoln, e la storia è quella di un uomo nero libero, ingannato e venduto come schiavo.
La camera di McQueen si sofferma ancora una volta sui corpi, questa volta martoriati, dei protagonisti e indugia sulle loro sofferenze con piani sequenza che vogliono restituire tutto l'orrore.
Confermandosi regista di grande impatto visivo ed emotivo, McQueen si mostra più sicuro e deciso come sceneggiatore in rapporto ai film precedenti, ma il Premio Oscar come miglior film dell'anno è in ogni caso esagerato. Resta comunque uno di quei film necessari per ricordarci quanto disumano possa essere l'essere umano.
VOTO: 7,5