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mercoledì 30 novembre 2011

The (LIKE A) VIRGIN Queen

ANONYMOUS
di Roland Emmerich
Germania, 2011
con Rhys Ifans, Vanessa Redgrave, Joely Richardson, Jamie Campbell Bower
Genere: film in costume inglese
Se ti piace guarda anche: L’altra donna del re, Elizabeth, The Tudors, Shakespeare in love, Stage Beauty
Attualmente in 226 sale italiane

TRAMA (CON SPOILER)


Elizabeth la Regina Vergine era in realtà una donna di facili e bizzari costumi che sfornò un gran numero di figli che allontanò, scopò e decapitò. Con uno di questi, tale conte di Oxford, ci fece pure un figlio. Sconvolto da una vita a tinte così forti, il povero figlio-amante di Elizabeth  si sfogò scrivendo decine e decine tra sonetti, tragedie e commedie, ma essendo un gentiluomo non poteva di certo firmarle e così si rivolse a un certo Ben Johnson affinché le pubblicasse a suo nome, ma questi fu fregato da un tale William Shake-speare (Rafe Spall, al cinema anche con One day), un analfabeta dedito all’alcool e alle prostitute.
Questa in breve la storia di una delle penne più amate e influenti della storia umanità, colui a cui si deve in un certo senso anche l’idea stessa di storia e quindi di cinema.

RECENSIONE

Ma non è il revisionismo che infastidisce, anzi, in fondo può essere curioso vedere rappresentati come vili e spregevoli personaggi come Elisabeth, Shakespeare e Marlowe: il problema è il modo in cui il regista tratta la materia. Non si capisce bene se a Emmerich piaccia Shakespeare o lo detesti, ma si capisce benissimo che coi film in costume non ha dimestichezza.
La ricostruzione di Londra è piacevole, le scene teatrali fedeli, alcune performance notevoli, ma in queste interminabili due ore e dieci minuti si salva davvero poco, tanto che la noia porta a invocare a gran voce la parola fine, finché, una volta usciti di sala rimane ben poco da ricordare.
Insomma siamo dalle parti del polpettone patinato revisionistico in stile L’altra donna del re, e anche qua l’aspetto più interessante è il cast: Ranessa Redgrave, sempre ottima, interpreta Elizabeth da vecchia, mentre la figlia Joely Richardson interpreta la regina da giovane. Per gli (le) amanti della saga di Twilight c’è da segnalare la presenza di due vampirelli: Jamie Campbell Bower (Conte di Oxford) e Xavier Samuel (Conte di Southtampton).
Insomma esattamente ciò da cui si poteva aspettare da un'operazione del genere.

VOTO: 5-




domenica 27 novembre 2011

La cintura di castità, una commedia boccaccesca da riscoprire?

LA CINTURA DI CASTITA'
di Pasquale Festa Campanile,
ITALIA, 1967
Genere: Commedia italiana boccacesca


Guerrando (Tony Curtis) è un cavaliere che corteggia senza sosta la bella Boccadoro (Monica Vitti), che non ne vuole assolutamente sapere e ne inventa sempre una nuova per fuggirgli.



Sempra di assistere a una puntata di Tom & Jerry, tanto sono assurde le mosse dei due, fra i quali c’è anche Marculfo (Nino Castelnuovo), servo di Guerrando attratto da Boccadoro.



Alla fine Boccadoro cede e sposa Guerrando, che però è costretto a partire per le Crociate senza riuscire a consumare la prima notte di nozze. Imposta la cintura di castità all’irrequieta moglie, se ne parte in compagnia di Marculfo. Boccadoro non ha però alcuna intenzione di starsene ad aspettarlo con quell’ingombrante cintura e decide di seguirlo al fronte, dove, dopo mille peripizie che coinvolgono anche un sultano e il suo harem, riuscirà a raggiungere il marito.



La trama è solo un espediente per mettere in scena una serie di gag da cartone animato, ma il divertimento è assicurato.  Fu lanciato a livello planetario come la svolta sexy e comica della musa di Antonioni, come si deduce del resto anche dalle locandine straniere. In ogni caso anche all'estero none ebbe successo.



Le trovate esilaranti si sprecano e non mancano alcune scene culto, soprattutto quelle di Monica Vitti con animali che hanno la sua stessa capigliatura: prima un cane, poi un cavallo.



Gli inseguimenti tra i due (prima lui insegue lei, poi i ruoli si ribaltano) sono godibilissimi, Monica Vitti è di una bellezza disarmante e radiosa, Tony Curtis perfetto nei panni del mascalzone in calzamaglia, Nino Castelnuovo sembra destinato a diventare uno dei belli del cinema italiano.

Le immagini poi sono impreziosite dal contributo del direttore della fotografia Carlo di Palma, che aveva sostituito Antonioni nel cuore di Monica Vitti. 
Girato a Bracciano.



Il film fu accolto malissimo dalla critica e male dal pubblico. Ancora oggi, sfogliando dizionari e siti, si leggono solo stroncature.



Possibile che solo io l’abbia trovato fresco e divertente nonostante i 45 anni che porta? È sì una commedia esile e senza pretese, eppure è altresì molto più piacevole della maggior parte delle commedie che affollano ora i nostri cinema. Io quindi consiglio di recuperarlo e rimango in attesa delle vostre opinioni.



REGIA

Pasquale Festa Campanile (1927-1986)



Campanile, dopo una carriera di sceneggiatore e dialoghista che definire prestigiosa sarebbe riduttivo (Rocco e i suoi fratelli, Il Gattopardo), esordì come regista con commedie in costume, per passare poi alle commedie con Montesano e Pozzetto degli anni ’70 e ’80, con titoli come Porca Vacca e Il Petomane.



ATTORI



MONICA VITTI



Protagonista irrequieta e supersexy, è alla sua seconda commedia brillante in un anno. Anche se tutti ancora oggi insistono erroneamente a dire che fu Monicelli a scoprirne la vena comica.



TONY CURTIS


(1925-2010). Nella carriera del divo di A qualcuno piace caldo questa breve parentesi italiana non portò particolare fortuna.



NINO CASTELNUOVO



Nei panni di Marculfo, è la spalla di Curtis. Nato nel ’36, dopo una lunga gavetta (tra cui un piccolo ruolo in Rocco e i suoi fratelli) riuscì a imporsi grazie a una seguitissima versione tv de I Promessi Sposi, poi la sua carriera declinò velocemente, specializzando in B-movies e rimanendo coinvolto in guai finanziari. 

venerdì 25 novembre 2011

I wanna make you happy

THE KOOKS
THE JUNK OF THE HEART
UK,  2011
GENERE: rock indipendente
Se ti piace ascolta anche: Arctic Monkeys, The Strokes


Rivelazione nel 2005, The Kooks al terzo album confermano le aspettative realizzando un album piacevolissimo.

Io me ne innamorai da quando sentii la prima volta Naive, per andarli a vedere al loro primo concerto italiano. Ne è passato di tempo, e la band ha sfornato altri singoli di successo come She moves in her own way, Shine On e infine questa Junk of Heart (Happy),  una delle canzoni più deboli dell’album, in Italia utilizzata in un spost popolarissimo e quindi destinata a diventare tormentone: quante volte vi siete canticchiati  I wanna make you happy, I wanna make you feel live?

Speriamo che questo serva a dare un po’ di visibilità a un album bello inspiegabilmente ignorato in patria.

Se infatti il loro secondo album esordì al numero 1 delle chart inglese, questo si è dovuto accontentare del numero 10, per non parlare del singolo di lancio, Is it me, addirittura fuori TOP 20.

Abbandonato lo stile più arrabbiato degli esordi, e anche le venature punk e ska, il risultato è un rock più tranquillo, canticchiabile eppure ben suonato.

How d’you like it e Killing me sono due pezzi fantastici che già dal primo ascolto rimangono in testa.



 

GIUDIZIO:

mercoledì 23 novembre 2011

Una Napoli coi colori degli anni '70 per il brillante esordio di Cotroneo

LA KRYPTONITE NELLA BORSA
DI IVAN COTRONEO
ITALIA, 2011
con Luigi Catani, Valeria Golino, Luca Zingaretti, Cristiana Capotondi, Libero de Rienzo e Fabrizio Gifuni
Se ti piace guarda anche: Cosmonauta, Mine Vaganti, Come te nessuno mai, I Tenenbaum
Ancora nei nostri cinema

L’esordio di Ivan Controneo, già sceneggiatore di successo per la tv (Tutti pazzi per amore) e il cinema (Mine Vaganti, Io sono l’amore), è una delle migliori sorprese italiane viste quest’anno al cinema.



Per la trasposizione del suo romanzo omonimo Cotroneo ha avuto piena fiducia dalla Indigo Films di Nicola Giuliano (che appare nei panni di un pescatore) e Francesca Cima, il che gli ha permesso di disporre di un buon budget col quale inserire nella soundtrack canzoni di David Bowie e Iggy Pop, contare su ottimi collaboratori come Luca Bigazzi alla fotografia (This Must be the place, Il Gioiellino) e ottimi nonché lanciatissimi interpreti: una meravigliosa Valeria Golino nel ruolo di una mamma e moglie che si abbandona alla depressione dopo aver scoperto il tradimento del marito, un Luca Zingaretti in parte, Cristiana Capotondi e Libero di Rienzo nei panni dei fricchettoni fratelli della Golino. Ma un plauso speciale va ai due esordienti che interpretano rispettivamente il piccolo Peppino protagonista e suo cugino.

Ambientato in una colorata Napoli degli anni ’70, divisa tra famiglia tradizionale e giovani dediti a sesso, droga, rock’n’roll ed emancipazione: la Golino rappresenta la prima, che vive il tradimento del marito come una vergogna talmente grave da smettere di uscire di casa, mentre la seconda è rappresentata dalla Capotondi, femminista che prova ogni genere di esperienza.

Tante risate, qualche momento toccante, qualcuno surreale, buon ritmo, una manciata di battute formidabili e l’effetto è quello di non essere nemmeno di fronte a una commedia italiana, anche se l’aria di Napoli ci fa sempre ricordare il contrario.

Un piccolo miracolo insomma, e in quanto tale destinato inevitabilmente al fallimento: poco più di mezzo milione di euro in 3 settimane, contro, ad esempio, i 10 dell’altra commedia con la Capotondi uscita nello stesso giorno, ovvero La peggior settimana della mia vita. Per non parlare de I Soliti Idioti. Insomma, ogni volta che si parla di cinema italiana bisogna constatare che i film hanno sempre un successo inversamente proporzionale alla loro qualità.

Considerando che oramai questo film lo proiettano in pochi cinema, vi consiglio di andare a vederlo al più presto, perché c'è ancora un cinema italiano da difendere.

VOTO: 7

giovedì 17 novembre 2011

Il deserto rosso ovvero l'alienazione cromatica di Antonioni

IL DESERTO ROSSO
di Michelangelo Antonioni
Italia, 1964
con Monica Vitti
Se ti piace guarda anche: L'Avventura, La notte, L'eclisse

Giuliana (Monica Vitti), reduce da un tentato suicidio e dal conseguente ricovero in una clinica psichiatrica, è una donna strana, a disagio con gli altri, perfino col figlio. L’unico che sembra riuscire a comunicare con lei è l'ingegner Corrado Zeller (Richard Harris), amico e collega di suo marito, ma alla fine, nemmeno con lui riuscirà a stabilire un rapporto normale. Così assistiamo alla silenziosa disperazione una come sempre magnifica Monica Vitti che invano si muove e tenta di comunicare con un mondo che non ne vuole sapere.

Il Deserto rosso è il quarto ed ultimo film della celebre tetralogia di Antonioni, quarta volta per Monica Vitti nei panni di una donna simbolo della nuova società. Qui l'attrice veste i panni di una donna completamente alienata dal resto del mondo, una donna che si è creata una sorta di deserto attorno a sé. L’alienazione, per Marx ed Engels era frutto dell’industria ed è proprio il desolante paesaggio industriale di Ravenna a colpire in modo indelebile la memoria dello spettatore, grazie a sapienti scelte cromatiche. Il Deserto rosso è infatti il primo film a colori di Antonioni, che ha voluto inserire il nome di un colore anche nel titolo:
“Nel film ho cercato di usare il colore in funzione espressiva, nel senso che avendo questo mezzo nuovo in mano, ho fatto ogni sforzo perché questo mezzo mi aiutasse a dare allo spettatore quella suggestione che la scena richiedeva” .
 In effetti, nonostante la città di Ravenna sia spettrale, inospitale e avvolta nella nebbia, i colori risaltano più che mai in questa pellicola e servono per descrivere questo nuovo paesaggio che Antonioni vuole descrivere: dopo la Sicilia, Milano e Roma, ora c’è la provincia italiana sopraffatta dal boom industriale, con tutto il grigiore che si porta dietro.

Responsabile della meravigliosa fotografia (Nastro d'Argento) è Carlo Di Palma (1925 –2004), alla prima collaborazione con Antonioni: ed è proprio su questo set che conosce la sua futura compagna Monica Vitti. In seguito Di Palma riceverà altri 3 nastri d’argento con L'armata Brancaleone di Mario Monicelli, Ombre e nebbia e La dea dell'amore di Woody Allen e dirigerà la moglie in tre film.

La celebre battuta pronunciata da una magnifica Monica Vitti «Mi fanno male i capelli» è tratta da una una poesia di Amelia Rosselli (1930-1996).











venerdì 11 novembre 2011

Ti ho sposato per allegria

TI HO SPOSATO PER ALLEGRIA
di LUCIANO SALCE
ITALIA, 1967
con Monica Vitti, Giorgio Albertazzi, Maria Grazia Buccella



Nel loro singolare appartamento, una coppia di neosposi tenta di capire le ragioni per cui si sono sposati: lui (Giorgio Albertazzi) è un avvocato, lei (Monica Vitti) una ragazza solare un po’ pazzerella e decisamente sfortunata in amore (tutti gay gli uomini che incontra) che si confida con la domestica (Maria Grazia Buccella) mentre il marito è a un funerale.



Scritta da Natalia Ginzburg (1916-1991), scrittrice e deputata del P.C.I., per l’amica Adriana Asti, allora compagna di Bernardo Bertolucci e protagonista del suo splendido Prima della rivoluzione (1964), in realtà non fu mai interpretata dalla Asti, né a teatro, né al cinema, dove Cecchi Gori preferì scommettere nella nuova immagine di Monica Vitti.



I limiti di un testo teatrale si sentono tutti, anche se è utilizzato ogni espediente per evitarli: dai flashback, decisamente divertenti, a un montaggio e a una musica che tentano di dare ritmo anche laddove non ce n’è. Ma si tratta di un film fatto sostanzialmente di lunghi dialoghi, e tanti tormentoni ripetuti all'infinito, e Monica, come dice giustamente il Morandini “qua e là strafa”.

L’intento di Cecchi Gori è di investire la musa di Antonioni di due nuovi immagini in un colpo solo: quello di commediante e di sex symbol. La Vitti vince entrambe le sfide, e il film sembra tutto un omaggio alle sue innegabili doti recitative e fisiche.





 
Un film che si rende simpatico grazie anche ai colori e alle atmosfere colorate tipicamente 60’s, con un tripudio di rossi e arancioni, e che vanta una pregevole fotografia.
Memorabile poi  l'appartamento in cui fu girato.
IL REGISTA

Luciano Salce (1922-1989).
Fu anche attore teatrale e cinematico prima di diventare regista di film celebri come Il federale (1961), La voglia matta (1962), e soprattutto fu l’artefice di Fantozzi (1975), di cui diresse anche il primo sequel, Il secondo tragico Fantozzi (1976).

GLI ATTORI

Monica Vitti – Sexy, verbosa, nervosa e solare: il film in fondo è tutto per lei.

GIORGIO ALBERTAZZI

Nato nel 1923, Albertazzi è uno degli attori più importanti del nostro teatro. Nel ’60 vinse al Festival di Venezia il premio come miglior attore grazie a L'anno scorso a Marienbad di Alain Resnais. L'ultima sua apparizione cinematografica è nel recente C'è chi dice no, in cui interpreta un perfido preside di facoltà.



MARIA GRAZIA BUCCELLA
Classe 1940, partecipò a Miss Universo 1959 per poi intraprendere la carriera di attrice grazie anche al fidanzamento con Vittorio Cecchi Gori. Grazie a questo film riuscì a vincere addirittura il Nastro d’argento come miglior attrice non protagonista. Partecipò ad altri film importanti, tra cui L’Armata Brancaleone di Mario Monicelli.
Ma merita uno spazio la sua incursione assolutamente scult nel mondo della musica, che vanta titoli imperdibili come il Ballo del Popò, Avanti un altro, Dove vai tutta nuda di cui potete ammirare le imperdibili copertine e ascoltarvi gli audio, per un inizio di giornata all'insegna del trash totale!






 


mercoledì 9 novembre 2011

M.m.a. (= Madonna mia aiuto!)

WARRIOR
di Gavin O'Connor,
Uk, 2011
con Tom Hardy, Nick Nolte, Joel Edgerton)

Ora al cinema
Se ti piace guarda anche: Rocky, Never Break Down, Cinderella Man, The Fighter, The Wrestler

L’acronimo del titolo non è tanto un'allusione letterale al nuovo sciagurato scempio dell’artista un tempo nota come regina del pop (ascoltabile qui ancora per poco in tutto il suo squallore), ma un’invocazione sopraggiunta dopo la visione di un altro film tanto atteso quanto deludente, di cui questa sigla è la parola chiave.
 
Tommy (Tom Hardy) torna dopo tanti anni dal padre (Nick Nolte), ex alcolizzato nonché allenatore di m.m.a. (mixed martial arts) per chiedergli di allenarlo. Suo fratello Brendan (Joel Edgerton), anche lui allontanatosi dal padre, è un apprezzato professore di un college che si vede pignorata la casa e per racimolare qualche soldo partecipa a un incontro di m.m.a., ma viene scoperto e pertanto è sospeso dall’attività didattica, perché nella scuola non succedeva nulla di così grave dall’11 settembre.

Ma stiamo scherzando? Niente affatto, il meglio deve ancora arrivare: un soldato in Iraq (ah ecco, ci mancava!) riconosce in un video sfocato su Youtube il ragazzo che ha sconfitto un campione: è lo stesso che gli ha salvato la vita. Per assicurarsene riguarda il video del suo salvataggio, nel quale non si vede assolutamente nulla, ma lui è convinto di riconoscerlo e il bello è anche il regista sembra che così lo spettatore ne sia convinto.

Comunque tutto è un pretesto per rappresentare sul ring finale i due fratelli e nonostante lo spettatore lo capisca dalle prime scene, ci vogliono più di due ore per arrivarci .

Uno combatte perché troppo orgoglioso per trasferirsi in una casa più piccola. L’altro invece, vorrebbe dare il cospicuo montepremi (5 milioni di dollari) alla vedova del suo miglior amico, caduto in Iraq. Solo uno di loro vincerà. Voi per chi tifate? Ecco, io tifavo per quello poi ha perso.


Chi si aspettava un film adrenalico e testosteronico rimarrà deluso di fronte a una delle pellicole più leziose di questo anno, talmente bramosa di commuovere lo spettatore da risultare davvero irritante e poco onesta.

Siamo più dalle parti di Rocky, o perfino Never Break Down piuttosto che The Wrestler o Million Dollar Baby. Insomma un film per ragazzini amanti di ogni forma di violenza umana e pronti però a commuoversi con poco.

Una sceneggiatura che sembra presa da un manuale tanto è scontata, studiata e perfettina. Anche il lavoro di montaggio è davvero diligente, il ritmo non manca, però la visione fa davvero voglia di praticare arti marziali miste, ma non tanto perché affascinati dalla pellicola, quanto perché alcune scene risvegliano lo spirito da lottatore che c’è in ogni spettatore che ha perso la pazienza. Un esempio su tutti: la parentesi degli studenti di Brendan, stucchevole a dir poco.

Poi per carità: il regista ci crede e si vede, ed è anche molto bravo a dirigere i propri attori: perfino troppo, considerando lo standard del film.

Al bravissimo Nick Nolte sono affidate le scene più patetiche, Tom Hardy stende gli avversari con il pugno e gli spettatori con lo sguardo, Joel Edgerton mostra doti fisiche e interpretative da tener d’occhio, la graziosissima Jennifer Morrison si agita quanto basta: sono loro l’unico elemento sopra alla media e quindi in qualche modo fuori luogo in un film altrimenti scialbo. Il doppiaggio italiano poi è da denuncia.

VOTO: 6

sabato 5 novembre 2011

L'avventura

L'AVVENTURA
di Michelangelo Antonioni
Italia, 1960
Se ti piace guarda anche: Deserto Rosso, L'eclissi, La notte

Tre agiate coppie in gita nelle Isole Eolie, perdono una villeggiante, o meglio, è lei che fa perdere le sue tracce. Si tratta di Anna (Lea Massari), migliore amica di Claudia (Monica Vitti).  Incidente? Suicidio? Fuga?

Claudia e Sandro (Gabriele Ferzetti), fidanzato della ragazza scomparsa, si mettono a cercarla nell’entroterra, dimenticandosi presto dello scopo del loro viaggio e innamorandosi.

Li vediamo poi a una festa, dove, come coppia consolidata, ritrovano gli altri villeggianti.

Qui però Sandro tradisce Claudia, proprio come aveva già fatto con Anna.

Poi i due parlano, su un terrazzo, e la vita continua.








 


Primo film di Antonioni sull’incomunicabilità, duramente deriso dal pubblico alla première, lodato subito dai critici e rimasto nella storia del cinema come uno dei titoli più celebri della settima arte, forse è stato venerato molto di più di quanto sia stato effettivamente visto e amato, simbolo di quel nuovo cinema di nicchia e intellettuale che sarebbe esploso proprio negli anni ’60.

Migliaia di pagine sono state scritte su questa pellicola, quindi ogni mia ulteriore aggiunta è superflua.

Migliaia di pagine sono state scritte su questa pellicola, quindi ogni mia ulteriore aggiunta è superflua.

Posso raccontarvi però le curiosità che avvolgono il film. Le riprese furono davvero un’avventura, durando cinque mesi in cui successe di tutto: un giorno di isolamento sull'isola deserta senza cibo e senza acqua, maltempo, produttori spariti, sciopero della troupe per le mancate retribuzioni.

Poi quando uscì venne deriso dal pubblico del Festival di Cannes.

Monica Vitti ricorda così quel giorno:

Quando uscii ero disperata, piangevo come una bambina, mi sembrava che tutto il mio lavoro e questi mesi non erano serviti a nulla, perché questo film andava nel vuoto, in questa gente che rideva.

Il film alla fine vinse il Premio della Giuria, mentre il Premio principale, quello per il film, andò a La Dolce Vita. Quelli si che erano anni di cinema italiano.
 
Presentato in Italia come “una superba e orgogliosa opera d’arte”, benché mancante di cinque scene censurate per oscenità, ebbe naturalmente più seguito all’estero, vincendo premi a Vancouver, New York, Parigi.. In Italia si accontentò del Nastro d’Argento per le musiche di Giovanni Fusco.
Da quel momento iniziò l’infatuazione del mondo per la Sicilia, che ebbe poi tanta fortuna nel cinema italiano dei decenni successivi (Nuovo Cinema Paradiso, Mediterraneo). Magnifiche sono infatti, la cattedrale di Noto, le Isole Eolie il San Domenico Palace di Taormina.
Di questo regista e dei tre attori sentirete ancora parlare in questo blog.