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domenica 28 marzo 2010

Brividi sull'isola

L’agente Daniels (DiCaprio), ancora scosso dalla morte della moglie (Williams), sbarca sull’isola di Shutter accompagnato da un nuovo collega (Ruffalo). Il luogo è sede di un’immensa prigione per criminali psicopaticidalla quale è inspiegabilmente scomparsa una prigioniera. Anzi, una paziente, come lo corregge il dottore (Kingsley). Eppure circolano certe oscure leggende su un padiglione ultra blindato.

Scorsese affida tutto il film sulle robuste spalle (almeno in senso figurato) di DiCaprio, ritagliando piccole parti per le inquietanti presenze dell’isola: il bergmaniano Von Sydow e le alleniane Mortimer e Clarkson.
Omaggiando il cinema noir, giallo e horror degli anno d’oro Scorsese crea un’opera complessa, un po’ farraginosa, forse troppo cerebrale, decisamente troppo lunga, eppure dotata di un fascino indiscutibile. Scorsese vuole fare un film d’autore mescolando film di genere e ci riesce perché la classe non è acqua.
Magnifico artista circondato da fidi collaboratori ( arredi della Lo Schiavo, scenografie di Ferretti, bellissima fotografia di Robert Richardson che ha diretto la fotografia pure in Inglorious Basterds, Avatar e per Scorsese The Aviator e Casino) crea un film perfetto dal punto di vista sonoro e visivo.
L’adattamento del romanzo di Dennis Lehan (già portato al cinema con Mystic River, ad esempio) ad opera di Laeta Kalogridis (Alexander) non convince del tutto.
Quando il film si chiude, allo spettatore non resta che chiedersi a cosa sia servita la prima parte e vorrebbe rivederla subito.

Questa è la magia del cinema: il regista prende in giro il suo pubblico mettendolo nelle stesse condizioni del suo personaggio. Un labirinto in cui è possibile districarsi, tanto è ricco di indizi, piste, e citazioni. Ma al cinema a volte basta lasciarci trasportare e qui di colpi di scena che coinvolgono lo spettatore ce ne sono a iosa. Un divertissement di alta qualità, che non è il capolavoro che la stampa berlinese ha annunciato, ma nemmeno il passo falso che la maggior parte della critica italiana ha descritto.

VOTO: 8,5

P.S. I motivi che mi hanno spinto di più a vedere SHUTTER ISLAND, oltre al nome del regista, erano le atmosfere gotiche, l’ambientazione e Michelle Williams. L’atmosfera c’era, la mia fissazione per le scogliere rocciose e i fari è stata ampiamente appagata e Michelle Williams compare nelle due scene più belle dell’intero film.

Una di queste è quella qua sotto, una magica profusione di effetti speciali. L’altra è praticamente la scena madre del film.

mercoledì 24 marzo 2010

L'invincibile vecchio Clint

INVICTUS
Nelson Mandela diventa il primo presidente nero del Sudafrica e fin dall’inizio sembra far di tutto per perdonare all’opposizione quei 27 anni trascorsi in prigione. In prossimità dei mondiali di rugby che avranno luogo proprio nel suo paese, il presidente decide di puntare sul potere dello sport per unire la nazione divisa. Se in un primo momento la popolazione nera odiava la debole squadra nazionale che con la presenza di un unico nero in squadra rappresentava la predominanza dei bianchi, grazie ad alcune mosse la nazionale finisce per riunire l’intero paese e a vincere i Mondiali.

Dopo Gran Torino Eastwood ripropone una nuova figura messianica nella sua lunga carriera costellata di vendicatori ed ultimamente concentrata sul perdono. Mentre il vecchio Kowalski si immolava in nome di un mondo migliore, Mandela basa tutto il suo operato sulla potenza del perdono per costruire un futuro migliore. E questo Mandela sembra davvero un’incarnazione messianica: con il suo utopismo, l’indole docile, la disponibilità a porgere l’altra guancia, il protagonista appare eccessivamente idealizzato, anzi, è proprio il caso di dirlo, santificato. Nemmeno un film biografico su un santo oserebbe dipingere una figura così uniforme. Nessuna sfaccettatura, mai una zona d’ombra nel volto e nei gesti di Mandela, sempre illuminati da una luce calda e dorata che scende dall’alto.
Della sua difficile vita familiare c’è solo un accenno con la breve apparizione del poco approfondito personaggio della figlia, che pare l’unica a non sostenerlo.
Dunque è sbagliato descriverlo come un film su Mandela. Questo è un film su Mandela alle prese con un particolare e apparentemente ( o effettivamente?) trascurabile evento. Perché è sicuro che il Sudafrica vinse, mentre è più difficile credere che ciò abbia spento un astio durato decenni. Perfino definirlo un film su uno dei tanti successi di Mandela mi appare eccessivo. Insomma il Nobel lo vinse per la pace non per lo sport. Che il rugby sia stato uno strumento per costruire la pace può essere vero, ma di qui a farne un film ci vuole coraggio. E Clint ne ha.
La conseguenza è però che nell’intento di soffermarsi esclusivamente su questo singolo episodio, il ritratto di statista che ne risulta è a dir poco lusinghiero, siccome l’impressione è quella che a Mandela interessasse più la squadra di rugby di qualsiasi altra questione, tanto da interrompere importanti meeting internazionali.
E che dire dello spazio dedicato alle attenzioni che il presidente riserva alle acconciature e ai vestiti delle sue collaboratrici, manco fosse uno degli amici di Scamarcio in Mine Vaganti?
“Per lui nessuno è invisibile” è la giustificazione.
Questo ritratto talmente monocorde e monumentale da risultare parodico e ampolloso è riscattato da una sublime interpretazione di Morgan Freeman, che riesce a dare vita e verità a un personaggio che pare una statua uscita da un museo.
Non molto condivisibile la nomination all’Oscar di Matt Damon, che per l’occasione si è costruito un fisico da rugbista ma in quanto a recitazione esegue ciò che la sceneggiatura gli chiede, ovvero pochissimo. Quel poco spazio che gli viene concesso è comunque troppo se rapportato alla parte dell’unico giocatore nero, Chester. Eastwood però non si sofferma troppo sull’effettiva importanza di questo giocatore, tralasciando del tutto le conseguenze che il suo infortunio avrebbe potuto avere sull’opinione pubblica.


Personalmente posso aggiungere che il connubio politica e sport mi è alquanto insopportabile, trattasi di due mondi che a livello nazionale per me sono solo simbolo di corruzione e troppi ed immeritati soldi. Non ho nemmeno mai condiviso l’importanza che gli Stati danno ai propri sport nazionali.

Con tutte queste premesse negative, Invictus è lo stesso un gran film e mi è piaciuto davvero tanto.

Ciò è possibile perché nonostante molti errori, Clint Eastwood prosegue il suo cammino intrapreso con Gran Torino con un film opposto. Il primo era un film a basso costo, divertente, cinico, crudele e saggio, la cui forza risiedeva nelle battute. Questa è una produzione più consistente, grandi star, tante comparse, messaggio edificante, politically correct ed ottimismo contagioso. Ma il vecchio Clint non si è rammollito. In entrambi esce vincente. Invictus è infatti un monumento allo sport, a un grande politico, a un grande attore, a un grande regista e anche al cinema. Un cinema classico, maestoso, esagerato, carico di abbozzi e pathos, banalità e messaggi edificanti. Patinato come quella luce dorata che lo illumina sempre. Ruffiano eppure sincero e alla fine onesto. Retorico, forzato, troppo lungo, ma dotato di grande pathos e grandi aspirazioni. Ingenuo, fin troppo lineare, ma imbattibile, anzi invincibile.
Imperdibile per spettatori di ogni età, razza e credo politico.

E con mia grande sorpresa il film mi ha emozionato come nessun altro era riuscito a fare in questo 2010.

VOTO: 8

CURIOSITA’
è un film che Eastwood ha costruito tra amici e familiari: è stato lo stesso Freeman (che ha vinto un oscar proprio grazie a Million Dollar Baby) che gli ha proposto e ha insistito per adattare questa storia tratta da un libro. Poi lo ha anche prodotto.
La musica invece è di Kyle Eastwood, figlio del regista.
E nei panni del giocatore che ha segnato l’ultimo e decisivo punto si fa notare Scott Eastwood, classe ’86, ex modello di A e già apparso in Gran Torino.





Morga Freeman e Clint Eastwood sul set

Scott Eastowood

Kyle Eastwood

martedì 23 marzo 2010

W.E. sempre più vicino

Incredibbbbbile ma vero, le b non bastano per descrivere la sorpresa e l'emozione nell'apprendere che nel suo prossimo film da regista, W.E. sua Maestà Madonna si è aggiudicata come protagonista maschile Ewan McGregor, che a mio avviso è uno dei migliori attori in circolazione. Al suo fianco la bravissima Vera Farmiga di Tra le nuvole e Annie Corbish, la protagonista di Bright Star.
Il produttore è quello di Shakespeare in Love.

Speriamo che questa sia la volta buona...

sabato 20 marzo 2010

Mine vaganti: Molti dubbi e poche certezze

Un giovane torna dalla famiglia, in Puglia, per annunciare una notizia che di sicuro porterà scompiglio, ma il fratello lo precede.
Ozpetek torna alla formula del film corale e a toni e temi a lui più cari: il melò e la tematica sessuale. Siamo tornati nei paraggi di Saturno Contro, col quale condivide tutto: titolo efficace, grandi tavolate, ricco cast, omosessuali più o meno spensierati e soprattutto il risultato. Anche qui siamo di fronte ad un film con buone potenzialità ma poco riuscito. Mentre il film del 2008 era sull’elaborazione del lutto, quest’ultimo è un inno alla vita, che va accettata nelle peculiari sfumature in cui ci è stata data e vissuta liberamente.
Ma non commuove, non diverte particolarmente e non graffia. Si limita a procedere per accumulo. Tante scenette simpatiche che compongono un puzzle scompigliato. Perfino le musiche deludono, facendoci rimpiangere i bellissimi temi di Andrea Guerra composti per La Finestra di Fronte e Cuore sacro (film secondo me incompreso che io considero il migliore del regista).
Tra gli attori spiccano Ennio Fantastichini e Lunetta Savino, ma Ozpetek aveva saputo dirigere meglio i suoi attori in passato (Ferrari, Mastandrea, Favino, Bobulova, Mezzogiorno, Accorsi, perfino Garko e Bova).
Colpa anche di una sceneggiatura che mortifica gli interpreti: la bellissima Nicole Grimaudo ricopre un ruolo puramente decorativo e tutt’altro che indispensabile, Preziosi sparisce subito lasciando sospese troppe domande interessanti, Elena Sofia Ricci ha un ruolo puramente comico e all’evocativo personaggio di Ilaria Occhini viene concesso poco spazio.
A nuocere interviene pure il provincialismo di cui si tinge il film, trasferendo l’azione dalla cosmopolita Roma a Lecce per mettere in scena la solita famiglia meridionale arretrata.

A Ozpetek, regista straniero di cinema italiano, va comunque riconosciuta una visione anticonformista della società del nostro Paese: è l’unico a trattare con affetto e rispetto l’omosessualità ed è l’unico a scagliarsi contro l’istituzione patriarcale della famiglia.
Come in Almodovar, a cui strizza l’occhiolino a più riprese (non solo per i toni e i temi, ma anche per esempio nella scena della morte della nonna, tra il grottesco e il tragicomico), sono le donne ad aver lo sguardo più lucido.
Inoltre, come Un giorno perfetto, questo film segna un ulteriore attacco alla famiglia, vista come un’istituzione che opprime i due figli (devono nascondere la loro sessualità), la zia (deve nascondere gli amanti in casa propria), la nonna (non ha potuto sposare l’uomo che amava)e la moglie (subisce i tradimenti del marito). Solo Tommaso, il personaggio di Scamarcio, è quello che, andando a vivere a Roma, è riuscito a costruirsi una vita libera nel suo rapporto col compagno e quindi in un rapporto non riconosciuto dalla legge italiana e contrario alla famiglia tradizionale.

Eppure in questi nobili intenti c’è qualcosa che mi lascia qualche dubbio: alla fine la famiglia è in qualche modo riunita e gli amichetti di Scamarcio sono usati solo per far ridere lo spettatore.
Insomma forse dopotutto è il film più furbetto di Ozpetek, che dopo il fiasco di Un Giorno perfetto, col quale si avventurava in atmosfere a lui sconosciute, ha deciso di puntare sul sicuro. Fin troppo, tanto da avvicinarsi a quel cinema italiano più commercial-corale tanto amato dal pubblico.
E così, mentre a Berlino il pubblico ha applaudito a lungo il film e i pareri che raccolgo sono tutti più o meno entusiastici, io mi ritrovo ancora una volta fuori dal coro.

VOTO: 6,5

MINE VAGANTI di FERZAN OZPETEK

giovedì 18 marzo 2010

Definizione di blog

Studiando per un esame di informatica oggi ho appreso che:

Un blog è la contrazione di "web log" (lo sapevate?) ed è un sito mantenuto da un utente, il quale vi scrive con una certa regolarità.
Come su un diario, i diversi contributi sono mantenuti distinti per data di redazione (in genere in ordine cronologico inverso: prima i più recenti). I contributi non sono limitati a testi, ma possono comprendere risorse multimediali, link ad altre pagine ecc.
Una componente importante di molti blog è la possibilità per i lettori di aggiungere commenti: un blog si configura così come uno strumento di comunicazione e di aggregazione sociale tra utenti.
Il successo dei blog dipende dalla disponibilità di piattaforme che rendono molto facile la loro creazione e il loro mantenimento, anche per utenti con nessuna competenza tecnologica specifica.
Il sito di ricerca Technorati (technorati.com), che è specializzato nella ricerca solo su blog (o meglio, più in generale su siti che contengono "media generati dagli utenti"), nel giugno 2008 elenca più di 110 milioni di blog.

venerdì 12 marzo 2010

Al cinema si può anche sorridere...

GENITORI& FIGLI: AGITARE BEN PRIMA DELL'USO
Un prof (Michele Placido), esasperato dal comportamento del figlio (il debuttante Andrea Facchinetti), assegna un tema che ha come titolo “Genitori e figli: istruzioni per l’uso”. Il resto del film è la visualizzazione del tema che sta scrivendo Nina (la brava esordiente Chiara Passarelli), alle prese con genitori separati (la Littizzetto e Orlando), un fratellino problematico e l’ossessione della prima volta (tema purtroppo onnipresente nel cinema italiano).
Il risultato è una commedia scorrevole, divertente e con la sua buona dose di amarezza e riflessioni. Per una volta Veronesi ha fatto centro, riuscendo a far ridere e riflettere allo stesso tempo, non riuscendo però ad abbandonare i toni scurrili di certa commedia italiana. Alcune scene fanno storcere il naso, ma per la maggior parte del tempo si ride grazie a un sacco di buone battute, il che è assai raro nel nostro panorama cinematografico. Il premio della comicità tocca alla Littizzetto, brava anche nelle scene drammatiche. Al suo fianco un’ottima squadra di attori affermati e debuttanti, che assieme ai dialoghi, sono i punti di forza del film.
VOTO: 6


mercoledì 10 marzo 2010

Sarà anche il film migliore dell'anno...

The Hurt Locker propone alcuni (un po' troppi francamente) momenti salienti di una spedizione di artificieri in Iraq.
Si disinnesca qualsiasi tipo di ordigno, anche umano. I soldati sono sospesi in un mondo implacabile, in cui ovunque si può nascondere il nemico.
Il film di Kathryn Bigelow, candidato alla bellezza di 9 premi Oscar nonostante sia passato inosservato in tutto il mondo (da noi è uscito in sordina due anni fa), è l’antitesi di Avatar. Niente magia, emozione, virtuosismo e banalità.
Qui c’è la cruda realtà della guerra in Iraq.
Non è il primo film sull’argomento e nemmeno il migliore. Film di questo tipo sono sempre necessari, ma avevo preferito Nella Valle di Elah, Leoni per agnelli o Brothers, che pur coi loro limiti avevano il pregio di emozionare. Qui invece tutto è basato sulla tensione: nessun coinvolgimento emotivo, ma solo adrenalina e pazienza, sia dalla parte dei personaggi che dagli spettatori.
Ottima fotografia e montaggio e grandi interpretazioni di sconosciuti attori. Volti famosi fanno brevi apparizioni (Ralph Finnies, David Morse, Pearce).
Troppa dispersione in un film troppo lungo (130 minuti) che ha inspiegabilmente ricevuto una tardiva attenzione suggellata da un Oscar ingiustificato.
Nonostane si parli tanto della prima donna ad aver vinto un Oscar, bisogna sottolineare nondimeno che questo era il film più maschio della decina.


VOTO: 7

martedì 9 marzo 2010

And the winners are..

Ma quanto ci so?!
Il mio intuito questa volta è stato davvero formidabile e ho fatto pochi e trascurabili errori!
Che dire di questi Oscar? Bello che un film indipendente, fallimentare al box office, senza attori famosi e molto politico abbia vinto. Bello anche che finalmente abbia vinto una donna. Ma a parte tutti questi primati, The Hurt Locker non è il miglior film dell'anno.
Di positivo resta anche il fatto che gli Oscar non siano più una festa glamour che premia i divi e il botteghino. Tra i vincitori nessun divo (addirittura esordienti o sconosciuti), nessun film troppo commerciale.

Ecco i vincitori effettivi del premio Oscar, da confrontare con le mie previsioni:

MIGLIOR FILM
The Hurt Locker

MIGLIOR REGIA
Kathryn Bigelow per The Hurt Locker

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
Jeff Bridges per Crazy Heart

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA
Sandra Bullock per The Blind Side

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
Christoph Waltz per Bastardi senza gloria

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA
Mo'Nique per Precious

MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE
Geoffrey Fletcher per Precious (tratta da Push di Sapphire)

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
Mark Boal per The Hurt Locker

MIGLIOR FILM STRANIERO
El secreto de sus ojos di Juan José Campanella

MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE
Up

MIGLIOR FOTOGRAFIA
Mauro Fiore per Avatar

MIGLIOR SCENOGRAFIA
Rick Carter, Robert Stromberg e Kim Sinclair per Avatar

MIGLIORI COSTUMI
Sandy Powell per The Young Victoria

MIGLIOR MONTAGGIO
Bob Murawski e Chris Innis per The Hurt Locker

MIGLIOR TRUCCO
Barney Burman, Mindy Hall e Joel Harlow per Star Trek

MIGLIOR COLONNA SONORA
Michael Giacchino per Up

MIGLIOR CANZONE ORIGINALE
"The Weary Kind" di T-Bone Burnett e Ryan Bingham per Crazy Heart

MIGLIOR EFFETTI SPECIALI
Joe Letteri, Stephen Rosenbaum, Richard Baneham, Andy Jones per Avatar

venerdì 5 marzo 2010

Toto Oscar!







La cerimonia degli Oscar è alle porte.


Per mesi si è parlato dell’esclusione di Baaria, ma sinceramente non credo che questo film meritasse la nomination all'Oscar: Tornatore lo vinse 22 anni fa con un film sostanzialmente troppo simile. E' giunta l'ora per Tornatore e per il cinema italiano in generale di andare oltre: non si può più proporre la solita immagine di un'Italia mediterranea e mafiosa, ferma a decenni e decenni fa. E poi il miglior film italiano dell'anno è stato Vincere, di gran lunga più originale e suggestivo. Ma anche qui siamo nel passato e più precisamente in una delle pagine di storia più famigerate e sfruttate della nostra storia. Basta dunque collegare l'Italia alla mafia o al fascismo. C'è bisogno di uno sguardo diverso, possibilmente verso il presente. Bisogna andare oltre, indirizzarsi ad un pubblico più ampio per parlare di temi che possano riguardare tutti, con la giusta dose di ritmo, battute, e originalità. In attesa che questo accada, mi rallegro della mancata nomination all’Oscar (alla quale tra l’altro, si dà un po’ troppa importanza, ma questo è un altro discorso).
Tra i film che sono stati candidati come migliori della stagione ne ho visti 7, tra cui gli unici che si meriterebbero di vincere sono Up e Inglorious Basterds. Ma non vinceranno di sicuro. Fra Avatar e The Hurt Locker tifo per il secondo, ma nessuno dei due mi ha colpito particolarmente. Di positivo c’è che sono stati nominati piccoli film indipendenti (District 9, An Education, Precious) e lo stesso vale per gli attori: gli emergenti e gli sconosciuti hanno prevalso sui divi.
É inutile dire cosa premierei io, preferisco osare un TotoOscar:
Secondo me the Hurt Locker vincerà come miglior film, ma Avatar sarà quello che si porterà a casa più Oscar. 6 per l’esattezza…

And the winners will be …

MIGLIOR FILMThe Hurt Locker

MIGLIOR ATTORE Jeff Bridges in Crazy Heart

ATTORE NON PROTAGONISTA Christopher Waltz in Bastardi Senza gloria

MIGLIOR ATTRICE Sandra Bullock in The Blind Side

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA Mo’Nique in Precious

MIGLIOR REGISTA Kathryn Bigelow, The Hurt Locker

Miglior sceneggiatura originale The Hurt Locker

Miglior sceneggiatura non originale Tra le nuvole

Miglior cartone animato Up

Miglior film straniero Un profeta (Francia)

Migliori scenografie Avatar

Miglior direzione della fotografia Avatar

Migliori costumi The Young Victoria

Miglior montaggio Avatar

Miglior makeup The Young Victoria

Migliori musiche Avatar

Miglior canzone originale The Weary Kind (Crazy Heart)

Miglior sonoro Avatar

Miglior montaggio effetti sonori The Hurt Locker

Migliori effetti visivi Avatar