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sabato 22 ottobre 2016

Café Society

CAFE’ SOCIETY
Di Woody Allen
(USA; 2016)
Con Jesse Eisenberg, Kristen Stewart, Steve Carrell, Blake Lively
Genere: commedia
Se ti piace guarda anche: Brodway Danny Rose, La rosa purpurea del Cairo, Pallottole su Broadway



La caffè society degli anni ’30 è un mondo unico e irripetibile che Woody Allen ha voluto riportarte sullo schermo con nostalgia. Americano, ne ha rappresentato i due poli: quello hollywoodiano, tutto divi, capricci e ville, e quello newyorchese, tutto gangster, nightclub e classe lavoratrice. A fare da collante è l’ennesimo alter-ego di Woody Allen, qui interpretato da Jesse Eisenberg, ragazzo che lascia la Grande Mela per cercare un lavoro nella città degli angeli, dove vive alla grande lo zio materno, magnate cinematografico (convincente Steve Carrel) che lo introdurrà nella scintillante società hollywoodiana degli anni d’oro. Ma sarà la segretaria dello zio (Kristen Stewart, notevole) a colpirlo maggiormente e con lei deciderà di tornare a casa, la sua cara e vecchia New York.
Il merito di Café Society è quello di ricordarci, o farci conoscere, il favoloso mondo dorato degli anni ’30 e lo fa grazie a una fotografia che inonda davvero tutto d’oro. L’artefice è Vittorio Storaro, grande direttore della fotografia (Ultimo tango a Parigi, Apocalyspse Now, L’ultimo imperatore) per la prima volta al servizio di Allen. Ogni inquadratura brilla, oltre che per i colori caldi, anche per una grande cura della composizione.
Dal punto di visto figurativo Café Society è un film sorprendente, un vero piacere per gli occhi, grazie anche al tripudio di sfarzose scenografie e magnifici costumi. E questo in Woody Allen non è scontato, anzi. Arriviamo dunque al contenuto: cos’ha da dirci Woody Allen? Sostanzialmente nulla di nuovo: autoironia ebraica, omaggi al grande cinema che fu e una storia d’amore travagliato. Commedia non troppo divertente che sorvola con disinvoltura tematiche drammatiche (omicidio, pena di morte, lutto) trattate in modo ben diverso in altre pellicole.
Per i fan di lunga data può essere una delusione, per quelli dell’ultima ora uno dei suoi film migliori (è nettamente superiore agli ultimi due titoli con Emma Stone protagonista), per il pubblico giovane e inesperto un affascinante affresco di un’epoca lontana e sconosciuta e una storia d’amore di grande impatto. Dunque non è facile esprimere un giudizio su questo titolo, ma bisogna ammettere che al suo 47esimo titolo Woody Allen riesce ancora ad ammagliare e trasformare l’esperienza cinematografica in qualcosa di magico. E non è poco. 
VOTO:7,5


giovedì 20 ottobre 2016

Frantz

FRANTZ
di François Ozon,
Francia, 2016
Con Paula Beer e Pierre Niney
Genere: Dramma storico

Se ti piace guarda: Otto donne e un mistero, Nella casa, Giovane e bella, Il tempo che resta

François Ozon non sbaglia un colpo e ogni volta si reinventa dimostrandosi capace di padroneggiare il genere scelto. Commedia, musical, thriller, dramma: ci ha dato ottimi esempi in tutti questi generi.
Questa volta mira al dramma storico, guardando al melodramma del cinema che fu, e il risultato è ancora una volta sorprendente, confermandolo il regista più interessante del cinema francese.
Frantz è un film che trabocca di eleganza, non solo formale. A una suggestiva fotografia che mescola il bianco e nero ai colori (riservati alle scene emotivamente più intense) si aggiungono degli attori che si muovono con eleganza all’interno di inquadrature ben studiate seguendo un copione dal fascino dei tempi andati. Non a caso l’ispirazione è un melo di Ernst Lubitsch del 1932 di cui preferisco non svelarvi il titolo poiché troppo rivelatorio.
In Frantz il personaggio del titolo è l’ossessione dei protagonisti, ma appare solo in colorati flashback, poiché morto. La sua fidanzata vive con quelli che sarebbero diventati i suoi suoceri se la prima guerra mondiale non avesse ucciso l’adorato figlio unico Frantz. Recandosi quotidianamente alla tomba dell’amato, la ragazza vede uno straniero misterioso, venuto anche lui a deporre dei fiori…
Questo personaggio sconvolgerà le loro esistenze, ma non stiamo parlando di Teorema di Pasolini: qui è tutto più ambiguo, drammatico, elegante. C’è un’importante, seria riflessione sulla guerra e le colpe di una generazione. C’è un mistero che tiene desta l’attenzione dello spettatore e quando questo viene rivelato il film in qualche modo prende una piega inattesa, anche se non siamo dalle parti dei twist di Swimming pool o Nella casa. Tutto è più lineare, senza colpi di scena eccessivi, eppure è difficile rimanere delusi o indifferenti perfino davanti al finale aperto: la straordinaria prova d’attrice di Paula Beer, giustamente premiata con la Coppa Volpi all’ultima mostra di Venezia e l’intenso bianco e nero rimangono impressi, così come l’ottimismo che una tragica storia senza speranza riesce a trasmettere.

VOTO: 7,5

martedì 18 ottobre 2016

Quando hai 17 anni

QUANDO HAI 17 ANNI
(Quand on a 17 ans)
Di André Techiné,
Francia, 2016
Con Kacey Mottet Klein, Corentin Fila, Sandrine Kimberlain


Se ti piace guarda anche: Un bacio, Noi siamo infinito, La vie d'Adèle

Due diciassettenni agli antipodi: uno è bravo a scuola, benestante e circondato dall’affetto dei genitori. L’altro a scuola va male e vive con i genitori adottivi in una fattoria isolata in cui lui stesso deve lavorare. Gli opposti si attraggono: e questi due ragazzi cominceranno a comunicare a suon di botte, finché non intervengono gli adulti.
André Techiné, superati i settanta, torna a un tema a lui caro, l’adolescenza e torna a far centro nel cuore del pubblico, della critica e dei distributori italiani, che lo riportano in sala a 9 anni da I testimoni grazie ai consensi ottenuti all’ultimo festival di Berlino.
Quando hai 17 anni prende il titolo da un verso di Rimbaud mai citato nel film benché il film inizi propri con alcuni versi del poeta e mette in scena una delicata storia di formazione.
Attento ai particolari e alla verosimiglianza, il regista costruisce un film fatto di piccoli gesti quotidiani, in cui anche la natura circostante gioca un ruolo importante. Diviso in tre atti, il film è in realtà diviso in due parti da un colpa di scena che cambia le carte in gioco e modifica la storia. Appesantito da una nascita e una morte che peccano di retorico simbolismo ma si inseriscono nei canoni del romanzo di formazione, il film mischia tematiche fondamentali come l’educazione, il bullismo e l’orientamento sessuale e diventa il perfetto corrispettivo dell’italiano Un bacio, altro film da recuperare e mostrare nelle scuole.
VOTO: 7,5