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venerdì 29 giugno 2012

La scatola delle emozioni

 

Promettendo che tornerò ad aggiornare presto il blog con la stessa frequenza di qualche tempo fa, oggi vi voglio presentare un'amica da seguire con attenzione!

Ecco qui la sua presentazione e alcune bellissime locandine da lei realizzate!

 

Film drammatici e non solo.

È nato il blog dedicato al cinema e alle sue emozioni.

L'appuntamento quotidiano è sul divano di Cristina Cri.
blog cinema

Lei è Cristina, ma tutti la prendono in giro chiamandola Cry (pronunciato all'inglese), vista la sua passione per i film romantici, ed è una cinefila incallita. La sua passione le ha fatto venire in mente una sfida quasi impossibile: raccontare ogni giorno un film e le emozioni che sa regalare allo spettatore. Tensione, commozioni, felicità, dolore, tristezza, adrenalina e divertimento nella sua Scatola delle Emozioni c'è posto per tutto e per tutti, ma soprattutto per chi ama commuoversi di fronte allo schermo. E proprio per questo Cristina ha trovato uno sponsor d'eccezione, Tempo, quello dei fazzoletti che proprio in questi giorni sta lanciando il formato Box "da divano".

La Scatola delle Emozioni.

Vista l'originalità della sua sfida, il suo non poteva certo essere un blog cinematografico come tutti gli altri. Su www.LaScatolaDelleEmozioni.it la trama si mischia alla vicende della sua vita, i personaggi ai suoi compagni di visione, le suggestioni del regista agli agguati di Gengis Khan, il suo gatto. Seguirla è entrare nella sua vita, conoscerla e affezionarsi è quasi inevitabile. Persino le classiche locandine sono sostituite da personalissime reinterpretazioni "artistiche" della pellicola, in cui Cry si cimenta.

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Ma la sfida è davvero dura e Cristina ha bisogno del tuo aiuto.
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Cristina ti aspetta!

lunedì 18 giugno 2012

Dark Shadows: indubbiamente godibile, ma dimenticabile


DARK SHADOWS
di Tim Burton
USA, 2012
Commedia dark,
con Johnny Depp, Eva Green, Michelle Pfeiffer, Chloe Moretz, Bella Heatchcote, Helena Bonham Carter Scott Lee Miller.

ora in sala
Se ti piace gaurda anche: Twixt, Il mistero di Sleepy Hollow, Hunting-Presenze, Beetlejuice

Barnabas Collins (Johnny Depp), dopo essere sbarcato nel Maine con i genitori alla fine del ‘700, vi ritorna negli anni ’70 del ‘900 dopo che alcuni operai hanno profanato la sua tomba. Il nostro protagonista è infatti un vampiro, assettato di sangue ma anche di rivalsa nei confronti della perfida strega Angélique (Eva Green) che l’ha reso un vampiro e ha ucciso chiunque lo amasse.


Un Tim Burton più divertito che divertente, personalissimo ma un po’ a corto di idee tanto da frullare molti suoi film in un’unica opera, deludendo i fan che si aspettavano qualcosa di nuovo dopo il blockbuster su commissione Alice in Wonderland.
In questo nuovo capitolo della sua filmografia Burton si rifà a una vecchia serie Tv americana e decide invece di affrontare pure lui, come il collega Coppola, il mito imperante del vampiro, con l’ombra di Twilight (e il relativo mix di comicità involontaria e romanticismo sdolcinato) sempre in agguato.
Eppure la visione del film si rivela in qualche modo rassicurante, tanto è familiare, agli aficionados. Ci sono le solite atmosfere dark, i costumi e i trucchi strampalati, Johnny Depp ed Helena Bonham Carter sopra le righe, castelli infestati e foreste, il tutto perfettamente confezionato grazie a un montaggio e a una fotografia come di consueto impeccabili.
La sceneggiatura però è, si spera volutamente, approssimativa, anche se qualche dubbio sull’ispirazione del regista rimane in questo calderone che mischia un po’ tutto l’immaginario gotico condendolo con una buona dose di humour nerissimo. Le battute simpatiche infatti non mancano e i toni sono quelli della commedia, per quanto dark, ma questi siparietti (auto)ironici pongono il regista sulla difensiva, al contrario di quanto accadeva in altri titoli (Edward mani di forbici o Il mistero di Sleepy Hollow per citarne due affini) in cui rivendicava la sua poetica del romantico. Ora Burton sembra non crederci neppure lui al suo romanticismo decadente e al gusto gotico, tanto da farne quasi una parodia.
Ma l’elemento che lascia più perplessi è la caratterizzazione dei personaggi, nessuno dei quali davvero capace di lasciare il segno. Sono infatti tanti, perfino troppi, potenzialmente affascinanti e indimenticabili, alla fine del film già dimenticati. Si salvano l’ennesima maschera di Johhny Depp, qui vampiro dandy scanzonato e divertente, tutto tic ed espressioni desuete, e la bomba sexy e perfida oltre ogni dire di Eva Green, perfetta in ogni posa e look (che meraviglia la galleria di suoi ritratti appesi nel suo studio e che ridere la scena di sesso con Barnabas).


Gli altri innumerevoli personaggi di questa famiglia purtroppo però non lasciano il segno. È il caso della rediviva Michelle Pfeiffer, già Catwoman per Burton, il cui personaggio della padrona di casa, inizialmente centrale, alla fine resta insipida e non ben definita.

Stesso discorso per la giovane Bella Heathcote, nel duplice ruolo di Vicky e Josette, che pare essere l’eroina romantica del film e poi viene abbandonata completamente nella parte centrale del film.
Non va meglio neppure alla signora Burton, qui relegata a un ruolo insolitamente sbiadito: una psichiatria alcolizzata che vuole usare il sangue di Barnabas per restare immortale. Né simpatica, né antipatica, semplicemente sfocata.
La promettente Chloe Moretz, adolescente ribelle dalle tendenze hippie, buca subito lo schermo ma anche con lei la sceneggiatura non è stata affatto generosa, dimenticandola nel mezzo dell’opera salvo poi ricordarsi di lei e trasformarla in licantropo nelle ultime scene tanto per farle fare qualcosa e aggiungere un ulteriore tocco gotico-fantasy.
Del tutto sprecata pure la figura del bambino che vede i fantasmi,  Gulliver McGrath e quella di suo padre, Scott Lee Miller. I veri camei sono assai più gustosi: Alice Cooper e Christopher Reeve.
Alla fine dei conti un racconto gotico sopra le righe splendidamente confezionato,  Kitsch ed eccessivo, che si lascia guardare volentieri ma non resta particolarmente impresso in quanto tutto è già visto.

VOTO: 7

sabato 9 giugno 2012

Ancora Valérie Donzelli e Jérémie Elkhaïm, ma solo come attori

BELLEVILLE TOKYO
di  Elise Girard
Francia, 2011
con Valérie Donzelli e Jérémie Elkhaïm
Se ti piace guard anche: Quando la notte, La reine des pommes, La guerra è dichiarata
Uscita italiana: non prevista


Julien all’improvviso lascia Marie: Marie rimane così da sola, incinta, a causa di un'altra donna, o così sembra il marito che si nega perfino al telefono. Poi ritorna, Marie cerca quindi di far finta di nulla fino al giorno in cui lui, critico cinematografico, durante una proiezione le dedica il film che stanno per vedere nel cinema in cui lavora la stessa Marie: si tratta di L’innocente di Luchino Visconti, che finisce con Giancarlo Giannini che uccide il proprio figlio neonato.
Marie, sconvolta, fugge dal cinema, poi nuovamente dissimula la sua inquietudine finché il marito non va a Tokyo per lavoro: in realtà è semplicemente fuggito di casa per un po’…


 Storia drammatica raccontata perfino con leggerezza, peccato che il finale aperto non permetta di farci capire dove voglia veramente arrivare l’autrice, a cui probabilmente interessava solo il processo che attraversa la coppia in attesa. Anche perché a volte ci sono sentimenti inesprimibili e la regista e sceneggiatrice Elise Girard, al suo primo film di finzione, ha deciso di esprimere l’inesprimibile: l’angoscia che assale un genitore che si sente impreparato.

Un tabù difficile da rappresentare è messo in scena senza moralismi o empatia grazie a una sceneggiatura all’altezza e alla performance sempre sottile di Jérémie Elkhaïm.

Eppure il film è talmente delicato nel tratteggiare il suo racconto da risultare quasi impalpabile, per non dire inconsistente, se non fosse per i protagonisti Valérie Donzelli e Jérémie Elkhaïm che è sempre un piacere vedere recitare insieme nel ruolo di moglie e marito.
Belleville Tokyo è anche il film molto cinefilo di un’ex critica cinematografica e non mancano gli omaggi al cinema italiano: oltre alla locandina de L’Intervista di Fellini, che appare in più scene, a ricoprire un ruolo fondamentale è L’innocente di Visconti, tra l’altro proiettato in una strana versione con titoli di testa francesi ma audio italiano originale senza sottotitoli. 

VOTO: 7    


lunedì 4 giugno 2012

Dalla Francia un altro riuscito "cancer movie"

TUTTI I NOSTRI DESIDERI
(TOUS NOS ENVIES)
di Philippe Lioret,
Francia, 2011
con Marie Gillain, Vincent Lindon, Yannick Renier
se ti piace guarda anche: La guerra è dichiarata, Paradiso Amaro, Welcome, 50/50,  Pauline et François

Claire (Mairie Gillain) è un giudice che si ritrova a sentenziare su un caso che riguarda la madre di una delle compagne di classe della figlia, ritrovatasi senza soldi e speranze a causa di contratti con istituti di credito. Il caso viene poi affidato a un altro giudice (Vincent Lindon), che lentamente entra nella vita di Claire, della quale condivide gli ideali e i segreti: alla giovane donna viene infatti diagnosticato un cancro al cervello di cui non vuole fare parola né con il marito (Yannick Renier), né con i due piccoli figli. Il collega scopre per caso questo segreto e diventa complice della duplice battaglia della donna.
Marie Gillain e Vincent Lindon

Dopo l’acclamato Welcome Philippe Lioret ritorna a dirigere Lindon prendendo spunto da una delle storie raccontate da Emmanuel Carrère in Vite che non sono la mia e tratta con sobrietà due storie parallele assai delicate: quella di una donna che sta per morire e quella delle speculazioni degli istituti di credito colpevoli della rovina di tantissimi clienti. Eppure il film non ha nulla della pesantezza che spesso caratterizza i cancer movie o i film giudiziari: si limita a raccontare con partecipazione e dignità, senza far leva sull’emotività dello spettatore.
Gran parte del merito della pellicola va anche ai due ottimi protagonisti, l’impassibile Vincent Lindon e soprattutto una ritrovata Marie Gillain, che in passato aveva recitato anche per i fratelli Taviani e Ozpetek. Il regista, docile e quasi invisibile, si limita a registrare, senza mai ricercare l’originalità e indugiando talvolta un po’ troppo nel raccontare scene fini a se stesse.

VOTO: 7,5