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lunedì 26 aprile 2010

Censura!

Il cinema ha sempre risentito di influenze politiche e religiose, soprattutto in Italia.

Il legame tra potere ed espressioni artistiche si fece evidente a partire dagli anni del fascismo, quando Mussolini considerava il cinema un mezzo di propaganda e Pio XI auspicava a un cinema portatore di messaggi cristiani.
Nel dopoguerra la situazione divenne, paradossalmente peggiore.

Negli uffici ministeriali sembra manifestarsi una tendenza, una ripresa della consuetudine fascista di controllare la produzione dei film…Si tratta di una vera e propria censura di carattere ideologico e politico, il cui stile filisteo noi tutti riconosciamo e ricordiamo molto bene.”

                                                  Antonioni, De Sica, Fellini, Lattuada, Germi, Blasetti, Soldati e Visconti.

In quegli anni i registi e gli sceneggiatori facevano del loro meglio per difendere la loro libertà d’espressione e il governo, influenzato dal clero, si impegnarono tenacemente in quella che lo stesso Andreotti definì “vera e propria crociata dei tempi moderni in cui tutti dobbiamo sentirci mobilitati”.

I film neorealisti, che mostrano la disperazione delle classi meno abbienti, l’impotenza e spesso l’indifferenza e i soprusi del potere non possono essere accettati perché l’intento comune delle istituzioni è quello di nascondere la drammatica realtà della situazione italiana: non si può denunciare la povertà in cui versa il paese, anzi, si arriva a negarla sfacciatamente.

“Abbondanza di denaro in circolazione, smania di svago, cupidigia d’incassi” questi sono i tre fattori che hanno portato a questo nuovo cinema provocatore secondo L’osservatore romano, negando il fatto che la maggior parte della popolazione non aveva proprio più denaro e non aveva alcuno svago.

Tutto questo per evitare che i cittadini fossero in grado di farsi una coscienza critica del presente e dell’immediato passato.
Sconcertante anche il seguente articolo, pubblicato sempre dalla medesima rivista:
Si è fatta strada nelle menti malate di alcuni pazzoidi del cinema che l’ultima meta possibile (…) sia il più crudo verismo e che verismo significhi gettare in volto ai propri simili le più laide brutture, purtroppo evidenti nella vita…Si sbaglia(…) perché le loro nefandezze mancano proprio di verità e di spontaneità e appaiono alla lunga per quello che sono: semplici acrobazie cerebrali”..


Dunque invenzioni. La povertà, le repressioni, il fascimo e la resistenza non sono che acrobazie cerebrali per il Governo e per la Chiesa.


Il ruolo della Chiesa fu nefasto per il cinema italiano almeno per tre fattori: favorì il cinema americano, favorì il cinema violento e fece di tutto per limitare la libertà artistica.

Fu Pio XII (papa dal ’39 al ’58) infatti a segnare il vero punto a favore nei confronti del cinema statunitense: è lui a incontrare i produttori americani e poco tempo dopo, guardacaso, viene approvato il decreto che non pone limiti all’importazione di film: provvedimento impensabile in qualsiasi altro paese europeo. Tuttavia sono gli stessi Stati Uniti a rendersi conto che questa importazione senza limiti è in conflitto con il piano della ripresa economica dell’Italia. Ma alla Chiesa la morale e l’amnesia storica interessavano molto di più che la ripresa economia del paese. Nei film hollywoodiani non si parlava di guerra e annessi (fascismo e resistenza), di politica, di comunismo o di problemi sociali, ma solo di storie d’amore in cadenza di drammi, commedie e musical. Oppure c’erano i western e film di paura.
E qui sorge un altro punto che non sono mai riuscito a capire, visto che ho letto le Sacre Scritture: l’indifferenza per la violenza e l’assoluta condanna dell’amore. Alcuni esempi? Uccisioni, massacri, violenze assortite sì, ma guai a mostrare scollature, gambe scoperte, baci troppo lunghi e ragazze di colore!
La situazione attuale è dunque una conseguenza di questo clima. Oramai non ci sono più limiti nella rappresentazione della violenza e della sofferenza umana e diciamo che la morale si è allentata. Questo è valido però solo per un certo tipo di erotismo, quello che riguarda i soggetti femminili. Siamo abituati a vedere donne, sdoganate come puro oggetto commerciale, nude o quasi in ogni possibile posizione e fascia oraria ma è ancora tabù vedere in seconda serata due uomini che si baciano sulla bocca.

Questa sproposita influenza clericale fu possibile perché la Chiesa è tra le istituzioni, quella che risentì meno della guerra. Le sale cinematografiche parrocchiali furono le uniche capaci di garantire la continuazione del servizio cinematografico.

Subentrò poi un altro territorio in cui potersi insediare: la tv. Terreno vergine di cui la Chiesa aveva pieno controllo: la tv sarebbe stata per la famiglia, a differenza del cinema che rappresentava un pericolo per i giovani.

Ora alcune tappe di questo processo invasivo del Governo e della Chiesa nel cinema (anche se ovviamente è estendibile a qualsiasi forma artistica):

1952, Febbraio: Andreotti scrive una lettera aperta a De Sica su Libertas: “Se nel mondo si sarà indotti – erroneamente – a ritenere che quella di De Sica è l’Italia del ventesimo secolo, De Sica avrà reso un pessimo servigio alla sua patria.”

1952, Andreotti sul settimanale Oggi afferma “Macchè film realisti, facciamo film sulle virtù teologali e cardinali”.


1954, febbraio: Totò e Carolina di Monicelli viene presentato alla censura e bocciato perché considerato inaccettabile in 35 punti. Troppo anticlericale e sovversivo nei confronti del governo, immorale, irrispettoso delle forze armate.
Dopo altre due bocciature, fu ammesso alla programmazione in dicembre con tantissimi tagli e alcuni rifacimenti espressamente indicati (Bandiera rossa cantata un gruppo di operai viene sostituita con Di qua e di là dal Piave, un uomo che grida “Abbasso i padroni”, viene doppiato con “Viva l’amore”…). Perfino Il Ministro degli Interni si dichiarò profondamente turbato da questo film che uscì nel marzo 1955, ma col divieto di esportazione all'estero che fu tolto nel 1958, al sesto esame di censura. E stiamo parlando di una commedia con Totò!


Per maggiori informazioni sul film (davvero molto interessanti, consiglio una sbirciatina a questo blog: totò e carolina su pippamentis


1958, settembre: Rossellini, dopo aver vinto il Festival di Venezia con Il generale della Rovere, approfitta del prestigio riconquistato per esprimersi a nome di tutti i registi italiani in una lettera al neoministro dello spettacolo Tupini: “La direzione generale dello spettacolo si è preoccupata di rispettare le leggi vigenti, oppure si è servita di queste per svolgere un’attività paternalistica e discriminatoria, che ha turbatole iniziative più meritevoli nel campo del cinema e ha provocato una generale sfiducia sia verso le disposizioni che regolano le vita democratica del paese, sia verso coloro che avrebbero dovuto farle rispettare.."

1960, febbraio: sulle pagine di Settimana del clero si invitano i fedeli a far celebrare messe di espiazione e riparazione per tutti coloro che si sono recati a vedere la dolce vita. Si prega inoltre per l’anima del peccatore Fellini.

  Per fortuna, oggi, possiamo ringraziare De Sica e Rossellini e tutti coloro che con i loro film hanno reso  un grande servizio alla patria, ma ancora di più alla storia, nonostane all'epoca venisse detto loro il contrario. La visione dei loro film dovrebbe essere obbligatoria in tutte le scuole, per ricordare all’attuale generazione, abituata ad aver tutto e subito o insofferente alla politica o addirittura dalla parte dei guerrafondai, che dopo l’ultima guerra, i bambini arrivavano ad impegnare le proprie lenzuola per campare.


 Informazioni tratte da Gian Piero Brunetta, (che di sicuro non è parente del miniministro), Storia del cinema italiano dal   neorealismo al miracolo economico 1945-1959, editori riuniti, 

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