Forse è tutto troppo esplicito, gli intenti sono troppo palesati. Come il protagonista-sceneggiatore Fabio de Luigi annuncia all’inizio, si vuole fare un film d’autore ma di successo. Ed è esattamente quello che vuole fare Salvatores: usando una sceneggiatura che ha vinto il premio Solinas (Alessandro Genovesi) vuole creare un film eccessivamente pretenzioso e autoironico. Due aggettivi antitetici, che però qui, in modo del tutto curioso, viaggiano di pari passo. Prendendo a riferimento nientemeno che Pirandello, la storia è costruita su 8 personaggi in cerca d’autore, che interagiscono con lo spettatore (i momenti meno riusciti) e con lo sceneggiatore. Non mancano momenti bellissimi, come il finto primo finale, a cui i personaggi si ribellano o la magnifica Milano notturna in bianco e nero accompagnata da Chopin. Che dire poi della fotografia, delle stupende inquadrature, di quel dolly che partendo dall’alto e scendendo verso il basso mostra tutti i personaggi dislocati a piani diversi del palazzo? Tutto meraviglioso, ma è come la colonna sonora: si fa presto a dire che è sublime e raffinata perchè è il greatest hits di Simon & Garkunkel. Così è per la Milano notturna: stupenda, ma non c’entra niente. Così come le elegantissime inquadrature che non sono altro che sublimi esercizi di stile che non hanno nulla a che fare con una storia che nulla ha di garbato.
Pensavo che Salvatores avesse riabilitato la commedia corale all’italiana ambientata intorno all’immancabile tavolo da pranzo. Invece ci sono certe cadute di gusto degne di altri registi, scene il cui unico obiettivo è far ridere lo spettatore meno raffinato (il massaggio cinese, la storia del criceto) e alleggerire situazioni che non avrebbero nulla di pesante. Tra gli interpreti i migliori sono gli esordienti ( i due ragazzini e la Bilello, ex veejay trasformatasi in attrice d’autore dopo l’esordio con Avati).
VOTO: ?
diciamo 6,5
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