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venerdì 17 febbraio 2012

Il triste declino di Antonioni


La tristezza che circonda il declino di un grande artista è direttamente proporzionale alla sua grandezza dei momenti migliori.
E la carriera di Antonioni finì in modo tristissimo.

Dopo il grande successo internazionale di Professione:reporter, Antonioni, inspiegabilmente, non trova più produttori disposti a finanziare le sue opere, finché non arriva la Tv, e più precisamente la Rai. Antonioni, per sfida, vi propone un lungometraggio sperimentale nella forma e anacronistico e datato nei contenuti (un testo teatrale di Cocteau), deludendo critica e pubblico: Il Mistero di Oberwald.
L’incontro con l'ex musa e compagna Monica Vitti a vent’anni dalla tetralogia inaugurata da L'Avventura purtroppo delude le aspettative.

In collaborazione con la Francia, l’anno seguente Antonioni torna al cinema e decide di esplorare, a sorpresa, il genere sexy.
Lui che negli ’60 aveva lasciato agli altri (Pasolini, Fellini, Visconti, Bertolucci) il compito di descrivere l’erotismo e la se(n)sualità, gli ultimi suoi film si accesero di un erotismo talmente irruente da rasentare la pornografia.


IDENTIFICAZIONE DI UNA DONNA
Italia/Francia, 1982
Con Tomas Milian, Daniela Silverio, Christine Boisson



Niccolò (Tomas Milian) è un regista che cerca l'idea per fare un film. Nel frattempo vive due storie d’amore che finiscono male e alla fine decide di fare un film sui misteri del sole, perché i sentimenti delle donne rimangono insondabili.

 
Se dalla trama il film vi sembra ridicolo posso aggiungere che la messa in scena peggiora solo le cose: recitazione mediocre, fotografia di Carlo di Palma per la prima volta insignificante, musiche fuori luogo (degli Ultravox e di John Foxx) ma soprattutto tanti dialoghi spesso ridicoli.
È il film più parlato di Antonioni, ma era molto meglio senza tanti dialoghi (e monologhi).
Sappiamo che il cinema italiano degli anni ’70 e ’80 è caratterizzato dal film di genere  (polizieschi, horror, sexy) e questo film sembra inserirsi perfettamente nel panorama di quegli anni, nonostante i toni vogliano essere drammatici: il sesso, Tomas Milian come protagonista, le musiche e la fotografia lo fanno sembrare un film italiano di serie B degli anni ’70 ed è davvero arduo riconoscervi la mano di Antonioni, nonostante qualche critico come Fofi lo difenda affermando che il film vuole descrivere “l’impossibilità di possedere il mondo con l’immaginazione”.
Il grande Antonioni che negli anni ’50 e ’60 aveva girato film rivoluzionari per forma e tematiche si è messo a seguire la scia di un cinema già in voga da anni.


3 commenti:

  1. Peccato! Magari poteva regalarci altre perle!

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    1. Quando l'ispirazione non c'è più è meglio smettere.

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  2. identificazione di una boiata pazzesca, patetico il Milian col parrocchino, chissà se se lo toglie con le sottotrentenni levigate e tristi. In una cosa Antonioni è grande: far vedere come sono poveri cristi rincoglioniti i suoi bipedi

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