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giovedì 20 maggio 2010

Il popolo non ha pane? Diamogli delle scope volanti!

VITTORIO DE SICA, Miracolo a Milano, 8 febbraio 1951

TRAMA

Un’anziana donna che vive da sola trova un bambino sotto a un cavolo. Decide di tenerlo per sé, crescendolo con amore nei restanti anni di vita che le rimangono.

Alla sua morte il bambino, chiamato Totò, viene mandato in orfanotrofio. Quando è considerato abbastanza grande da poter lavorare, viene mandato via dall’istituto.
Inizia così per lui una serie di avventure tra i più poveri abitanti della città: i senzatetto.

Sempre col sorriso, affronta la vita con un fortissimo ottimismo ed entusiasmo che sembra essergli stato trasmesso dall’anziana madre adottiva. Quest’ultima tornerà, sotto veste di angelo per regalargli una colomba che possa aiutarlo nei momenti di difficoltà. Totò scopre che il volatile esaudisce ogni desiderio. Così inizia un pellegrinaggio di tutti i poveracci della baraccopoli: c’è chi gli chiede del pane, chi delle pellicce, chi un armadio. Sono tutti accontentati.

Perfino il ricco proprietario terriero che vuole sfrattarli dalle baracche non può fare nulla di fronte alla magia dell’uccello che inibisce anche la polizia.

Ma la colomba viene rapita da altri angeli monelli e così centinaia di mendicanti si ritrovano senza un posto in cui dormire. La colomba ritorna e li aiuta nel loro ultimo desiderio: fuggire da quel mondo crudele in cui non c’è cibo né lavoro e volare via in sella a delle scope. Sorvolano il Duomo e si dirigono lontano, verso il cielo. Vogliono il Paradiso o semplicemente cercheranno un luogo che li accolga?
TEMI

De Sica sposa il Neorealismo alla favola e dovette subire molti attacchi dalla stampa che non apprezzò questo strano connubio. Il popolo non ha pane? Diamogli delle scope volanti, potrebbe essere il riassunto del film.

Ma l’intento di De Sica e Zavattini, dal cui libro Totò il buono è tratto il film, non era di dare una soluzione a problemi sociali irrisolvibili. Risolvere il gravoso problema della povertà, che aumentava spaventosamente dopo il disastro bellico non era compito di un regista.
Oppure si può dire che l’unica soluzione razionale fosse irrazionale: il sogno, la favola. Così dietro l’esagerato ottimismo del protagonista Totò si nasconde in realtà un pessimismo acutissimo. La classe operaia va in Paradiso, anzi la classe povera, dei senzatetto: per loro non c’è posto in questa terra. O per lo meno in Italia. Quella che mostra De Sica è una Milano povera fatta di baraccopoli abusive sorte su territori di ricchi magnati del tutto insensibili. Il ricco possidente che li ospita ha un dipendente il cui unico mestiere è quello di stare letteralmente appeso fuori dalla finestra per decifrare il vento. Per questo inutile impiegato ha i soldi, ma ovviamente non ne ha per aiutare i poveracci. Di fronte a uomini così, che si può fare? Nulla.

La denuncia sociale rimane quindi feroce, come nei precedenti film neorealistici di De Sica. Qui però il regista fa un passo in più, mischiando la cruda realtà a toni fantastici.
Che siamo dalle parti di una favola ci è ben chiaro dalla prima scena in cui vediamo il bambino sotto un cavolo.
Come non parlare poi degli effetti speciali del film? Sono passati quasi settanta anni, quindi i computer non c’erano.
La scena del fantasma della nonna che scende dal cielo è perfino riuscita, ma la massa che sorvola Milano reggendosi a una scopa suscita tanta tenerezza.
Non per questo è però meno affascinante o suggestiva. Tant’è che Steven Spielberg si ispirò proprio a questa scena per la sua celebre biciclettata in E.T.

ACCOGLIENZA CRITICA E PUBBLICO
Girato a Milano nel 1951, quando uscì nelle sale venne accolto in modo negativo da progressisti e conservatori. I primi lo giudicarono troppo evangelico e consolatorio; gli altri invece lo giudicarono un film eversivo e d’ispirazione comunista. Insomma due accuse opposte. In Unione Sovietica ne fu proibita la diffusione, ma al 4° Festival di Cannes venne premiato con il Grand Prix du Festival per il miglior film.

Nel novembre 2007, al Teatro Municipale Valli di Reggio Emilia è stata messa in scena, in prima assoluta, l'opera lirica "Miracolo a Milano", commissionata per le celebrazioni dei 150 anni del teatro.

GLI ATTORI
Francesco Golisano, allora ventunenne, è l’eccellente protagonista in grado di infondere ingenuità, entusiasmo e verità al suo personaggio. Aveva già partecipato ad una paio di film e apparve in qualche film anche dopo Miracolo a Milano, ma senza successo. Morì a 29 anni, ma non ho trovato da nessuna parte qualche informazione in più.

Per chi volesse vedere le ultime scene:



2 commenti:

  1. il finale con le scope volanti mi ha sempre fatto incazzare, sin da piccolo

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  2. Mamma mia, che cosa mi hai fatto ricordare. L'ho visto da bambino, e mi è stata subito antipatica la scena del bimbo sotto il cavolo

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