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giovedì 19 luglio 2012

Jeanne Moreau: un mito del cinema francese

JEANNE MOREAU




Un nome, un mito: Jeanne Moreau è un simbolo del cinema francese e in generale del grande cinema, una grande attrice capace di farsi dirigere da maestri come Truffaut, Antonioni, Buñuel, Welles, Renoir, Fassbinder, Kazan, Wenders, De Oliveira e Angelopoulos e di ricoprire, con la sua immensa carriera, ben 8 decenni di cinema, dagli anni ’40 ad oggi.
A lei è dedicata una nuova monografia che attraverso la quale sarà possibile proporre tanti pezzi importanti di storia del cinema.
BIOFILMOGRAFIA
Nasce il 23 gennaio 1928, figlia di un ristoratore e una ballerina. Studia al Conservatorio di Parigi e frequenta di nascosto un corso di recitazione: quando appare sulla copertina di una rivista che la elogia, i suoi la mandano via di casa.
Si sposa a 21 anni, incinta, con lo sceneggiatore e poi anche regista Jean-Louis Richard, che sarebbe diventato collaboratore e amico di Truffaut (i due adattarono insieme Fahrenheit 451 e La mariée était en noir (La sposa è in nero) nonché sceneggiatore del culto Emmanuelle.
Il matrimonio dura due anni, come anche i suoi due successivi (l’ultimo è con William Friedkin, il regista de L’Esorcista).  I due rimangono però in ottimi rapporti, tanto che Richard la dirigerà più tardi in due film (dimenticabili).
Raggiunto il successo come attrice teatrale, Jeanne tenta anche la strada del cinema, inizialmente senza successo, finché non arriva una parte in Grisbi di Jacques Becker, un classico del noir (anzi polar) francese.
Poi arriva Louis Malle con un film che cambierà per sempre l’esistenza del giovane regista e della sua protagonista: il celebre Ascensore per il patibolo.
L’immagine di donna ambigua calza a pennello a Jeanne Moreau, rendendola interprete perfetta di alcuni classici del cinema moderno: La Notte di Antonioni (1961), Jules et Jim di Truffaut (1962) e Il diario di una cameriera di Bunuel (1963), passando, con ruoli secondari, per Il Processo di Orson Welles (1961) e Fuoco Fatuo, a detti di molti critici il miglior titolo di Malle.
Sono tanti i flirt che le vengono attribuiti, ma ciò che è certo è che la maggior parte dei grandi registi la diressero in più di un film: Truffaut, Welles, Losey, Malle, Richardson, Gitai.
Amica di molti letterati, da Patricia Highmisth a Henry Miller, fu diretta dall’amica Marguerite Duras nell’adattamento di Nathale Grangier.
Jeanne Moreau tentò anche la carta della regia, dirigendo Lumiere- Un’amicizia tra donne, film del 1976 con Lucia Bosé e L’adolescente, del 1978 e con Simone Signoret, ma nessuno dei due ebbe molto successo.
Dagli anni ’70 non interpretò più film da protagonista, ma solo ruoli secondari, alcuni comunque in film importanti come I santissimi (1974), Gli ultimi fuochi (1976) o Querelle (1982).
Fondatrice di una scuola di cinema ad Angers, Jeanne Moreau è ancora attivissima: nel 2010 ha registrato un disco e presto la vedremo nel nuovo film di Manoel de Oliveira.

1957: ASCENSORE PER IL PATIBOLO - LOUIS MALLE

1961: LA NOTTE - MICHELANGELO ANTONIONI
1962: JULES ET JIM - FRANҪOIS TRUFFAUT
1962: EVA - JOSEPH LOSEY
1963: LA GRANDE PECCATRICE - JACQUES DEMY
1964: IL DIARIO DI UNA CAMERIERA - LOUIS BUÑUEL
1965: VIVA MARIA! - LOUIS MALLE

 1968 : STORIA IMMORTALE - ORSON WELLES

 1968: LA SPOSA IN NERO - FRANҪOIS TRUFFAUT
1976 : GLI ULTIMI FUOCHI - ELIA KAZAN
1982: QUERELLE DE BREST - RAINER WERNER FASSBINDER
2005: IL TEMPO CHE RESTA - FRANҪOIS OZON

sabato 14 luglio 2012

Spiderman: il blockbuster d'estate

THE AMAZING SPIDERMAN
di Marc Webb,
USA, 2012
con Andrew Garfield, Emma Stone, Sally Field, Rhys Ifans, Martin Sheen
Fantasy/Azione
 The Amazing Spider-Man: poster internazionale 4
Se ti piace guarda anche: Spiderman, The Avengers

TRAMA

Peter Parker è un bambino abbandonato in fretta e furia dai genitori che lo affidano nelle premurose mani degli zii. Una volta cresciuto, incuriosito dalla scomparsa dei suoi, si mette sulle loro tracce, finendo in un laboratorio in cui si sperimentano innesti genetici. Rimane involontariamente (e comicamente) vittima di uno di questi test, adottando così solo le caratteristiche positive dei ragni (capacità di salire sui muri, di tessere ragnatele e una forza sovrumana che a quanto pare appartiene a questi insetti). Lutti, combattimenti e baci sono dietro l’angolo.
 The Amazing Spider-Man: Andrew Garfield è l'Uomo Ragno senza maschera in una scena del film
RECENSIONE
C’era davvero bisogno di un altro Spiderman, a così pochi anni di distanza dall’ultima trilogia? A chi può interessare? Beh il target è quello giovanile e degli appassionati Marvel, ma alla fine finiamo (quasi) tutti in sala a vedere questo titolo, contenti che finalmente i cinema propongano qualcosa da vedere in compagnia.
La Sony da parte sua aveva era motivati da interessi economici e la scadenza dei propri diritti era prossima.
Nonostante l’inutilità dell’opera alla fine però possono uscirne praticamente tutti soddisfatti: quelli della Sony, visti gli incassi, gli spettatori e forse anche gli appassionati.
Cinematograficamente parlando The Amazing Spiderman è inferiore al primo capitolo della trilogia di Raimi: meno furbo, meno accattivante, meno sexy, meno ritmato.
Ha però una caratteristica oramai comune a tutti i prodotti Marvel (salvo Captain America): non si prende molto sul serio, salvando con l’autoironia passaggi che potrebbero risultare involontariamente comici. The Amazing Spiderman risulta comunque maldestro, poco fantasioso e troppo lungo.
Riesce però a coinvolgere grazie alla tenerezza che ispirano i due protagonisti, veri outsider del cinema commerciale: il minuto Andrew Garfield e l’occhi da cerbiatto Emma Stone, due talenti decisamente sprecati per un blockbuster che hanno preso i loro ruoli molto seriamente.
Lo stesso si può dire per Martin Sheen e Sally Field.
E che dire del regista? Stiamo parlando dello stesso Marc Webb che stupì in molti con l’indipendente 500 giorni insieme.
Alla fine quindi ciò che rimane è la curiosità per un blockbuster affidato a mani e volti che coi film commerciali non hanno mai avuto nulla a che fare.
VOTO: 6
 

venerdì 6 luglio 2012

Dalla Francia una commedia deliziosa


CENA TRA AMICI
(Le prénom)
di  Alexandre de La Patellière e Mathieu Delaporte
 Francia, 2012
con  Valérie Benguigui, Charles Berling, Patrick Bruel, Guillaume de Tonquedec e Françoise Fabiani
 
Se ti piace guarda anche: Carnage, La cena dei cretini

Vincent, ultraquarantenne spavaldo di successo, va a cena da sua sorella Élisabeth e il cognato Pierre, insegnante filosofeggiante di sinistra. A cena c’è pure Claude, comune amico di infanzia dei tre, nonché migliore amico della padrona di casa. Manca solo Anne, moglie di Vincent in perenne ritardo. Dopo un bel po’, alla fine decidono di iniziare a mangiare senza di lei e a Vincent viene chiesto se i due sposi hanno scelto il nome del figlio che stanno per avere.. La risposta di Vincent avrà conseguenze inimmaginabili..

Due coppie borghesi che perdono il controllo e rivelano il loro lato più incivile. Vi ricorda qualcosa? No? Allora aggiungo che è tratto da una pièce teatrale. 
Dite Carnage? Io dico che è perfino meglio.
Oramai ogni film francese che arriva nei nostri schermi è una piacevole sorpresa, tant’è che bisognerà smettere di stupirsi ogni volta di fronte al talento dei nostri cugini d’oltralpe. 
Che si tratta di drammi (Tutti i nosti desideri, La guerra è dichiarata), di melodrammi (Piccole bugie fra amici), o commedie, i francesi ultimamente riescono sempre dare prova di grandissima professionalità. Anche questa commedia, che dal trailer ci può sembrare futile, è in realtà un esempio di ottima sceneggiatura al servizio di una squadra di interpreti in stato di grazia. Ma non si ride soltanto, anzi: i momenti più riusciti sono quelli drammatici, armoniosamente posizionati tra quelli comici, talvolta a sorpresa.
Follemente geniali i primi 20 minuti di film: vuoi per i titoli di testa in cui compaiono solo i nomi della crew, vuoi per un’introduzione davvero bizzarra alla famiglia protagonista, si capisce fin da subito che ciò che stiamo per vedere non è una semplice commedia e gli autori non avevano come unico obiettivo quello di fare cassa. Eppure ci sono riusciti: quasi 20 milioni gli incassi in patria per una commedia che aveva già riempiti i teatri con un testo firmato e diretto dagli stessi registi che con nonchalance sono passati al cinema, come gli interpreti del film (tranne Charles Berling). Da segnalare la presenza della quasi ottuagenaria Françoise Fabian, ancora in magnifica forma, apprezzata in tanti bei film del passato (da Buñuel al nostro Bolognini).

VOTO: 7,5