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giovedì 31 dicembre 2015

Irrational Man

IRRATIONAL MAN
Di Woody Allen
Usa,2015
Con Emma Stone, Joaquin Phoenix, Jamie Blackley
Genere: Commedia

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TRAMA
Un professore depresso seduce una studentessa e una college, ma la sua vita è grigia e senza senso finché un giorno trova uno scopo per cui vivere.

COMMENTO 
Irrational Man non si allontana molto da Magic in themoonlight:  entrambi sono graziosamente eleganti e insipidi. Bella fotografia, attori carini, dialoghi curati ma insapori. Nell’ultima mezz’ora si verifica un’impennata che solleva la qualità della pellicola, ma non basta. Rimaniamo di fronte a una commedia che non fa ridere, a un film che parla di filosofia senza farci davvero riflettere o sedurci…Insomma Woody Allen non è più il regista intellettuale, cinico e divertente d’un tempo, ma un patinato intrattenitore.
VOTO: 6,5


martedì 29 dicembre 2015

Dio esiste e vive a Bruxelles

Dio esiste e vive a Bruxelles
(Le Tout Nouveau Testament)
 di Jaco Van Dormael,
Lussemburgo, Francia, Belgio 2015
con Pili Groyne, Benoît Poelvoorde, Catherine Deneuve, François Damiens, Yolande Moreau
Genere: commedia, Drammatico, Grottesco

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 TRAMA
Dio vive a Bruxelles con moglie e figlia, alle quali impedisce di uscire di casa. Indossa sempre ciabatte e pantaloni corti e passa le giornate nel suo sgangherato ufficio dal quale decide le sorti dell’umanità e del pianeta. Ma un giorno la figlia, di fronte all’ennesima violenza, decide di scappare di casa e di imitare il fratello: ovvero trovare degli apostoli e scrivere un nuovo Nuovo Testamento.

COMMENTO
 Un film folle, fuori dagli schemi, irriverente, grottesco, politicamente scorretto, blasfemo. In poche parole non adatto a tutti. Alcune idee sono interessanti, altre meno: di sicuro non c’è spazio per la noia e gli interrogativi sollevati sono tanti, ma resta un film imperfetto.
VOTO: 7-

mercoledì 2 dicembre 2015

Hunger Games: la saga più importante del decennio giunge al suo epilogo

 HUNGER GAMES: IL CANTO DELLA RIVOLTA  PARTE II
(THE HUNGER GAME: MOCKINGJAY – PART 2)
Di Francis Lawrence,
USA 2015
Con Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth, Julianne Moore, Philip Seymour Hoffman, Woody Harrelson, Elizabeth Banks, Sam Claflin,  Donald Sutherland, Natalie Dormer.

Genere: Drammatico, Avventura, Azione


Giungono alla fine le (dis)avventure di Katniss, dilatate in quattro anni e altrettanti film adattati dai tre romanzi di Susan Collins. Un titolo, quello di Hunger Games, che ha cambiato il cinema, innescando la produzione di una serie di altre saghe distopiche con protagonisti giovani eroi (Divergent, Maze Runner, The Giver - Il mondo di Jonas, ecc). E possiamo dire che ha cambiato in meglio il cinema, portando nelle sale milioni di ragazzi pronti a lasciarsi coinvolgere da film in grado d’intrattenere ma anche di far riflettere sulla condizione umana. E il merito in questo, bisogna dirlo, è del primo film, l’unico diretto da Gary Ross e non tanto al testo narrativo di partenza: Hunger Games è un buon romanzo, ma spesso ciò non basta per far un buon film. Di racconti disptopici apocalittici con adolescenti protagonisti è piena la storia dell’alta e bassa narrativa, ma al cinema non hanno mai avuto un grande impatto. Basti pensare a Il signore delle mosche (1954) o allo stesso Il mondo di Jonas, che è del 1995 ma è diventato film quasi vent’anni dopo solo grazie al successo del film Hunger Games, che ha portato una generazione di ragazzi a leggere questo e altri romanzi dello stesso genere.
Gary Ross ha fatto un film in grado di suscitare un successo e un impatto mediatico incredibile e Francis Lawrence è riuscito a portare questo successo al suo apice col secondo capitolo. Nei restanti due, purtroppo, il regista, vittima di una produzione interessata a raddoppiare gli intrioiti, ha dovuto dividere ciò che nel romanzo era in unico volume.
E se il terzo già dava segni di stanchezza, il quarto si trasforma in una lenta agonia, non solo dei personaggi, ma anche della qualità del film.
Troppo spazio a scene inutili, poco spazio a momenti cruciali: l’ultimo capitolo manca completamente dell’equilibrio tra azione, epica e dramma che aveva fatto il punto di fornza dei primi due film.
Insomma Hunger Games non si conclude in bellezza: un po’ perché il romanzo lo impedisce, un po’ perché (anche) questa volta Francis Lawrence non è stato capace di dare al film quella vitalità che si nasconde nelle pagine del romanzo e nella mente di Katniss.

VOTO: 6


venerdì 13 novembre 2015

Tutto può accadere a Broadway

TUTTO PUÒ ACCADERE A BROADWAY
(SHE’S FUNNY THAT WAY)
Di Peter Bodganovich),
USA, 2014
Con Imogen Poots, Owen Wilson, Kathryn Hahn, Jennifer Aniston, Rhys Ifans, Will Frote, Debi Mazaar, Cybill Shepherd
Genere: Commedia
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Presentato con successo a Cannes nel 2014, arriva da noi solo ora, anticipato da recensioni strepitose, come quella di un noto critico che sentenzia: «Vi farà piangere dalle risate».
Ecco a dire il vero il film non suscita nemmeno una risata, non l’ha suscitata né a me né a nessun altro in sala, il che rende la recensione del suddetto critico del tutto fuorviante se non addirittura mendace. Ma in realtà è più preoccupante il fatto che una commedia non faccia ridere nemmeno un po’.
Eppure siamo di fronte a una commedia brillante che vorrebbe richiamare alcuni classici della screwball comedy che hanno fatto la fortuna di Hollywood decenni e decenni fa.
Bogdanovich ha cominciato a lavorare negli anni ’60 quando questo genere era ormai sul viale del tramonto. Suo il film Ma papà ti manda sola? Con Barbra Streisand e Ryan O’Neal. Poi nei successivi decenni il regista ha diretto sempre meno film, fino all’inaspettato ritorno dietro alla macchina da presa con questa pellicola che ricorda tantissimo Woody Allen: non solo New York, la psicanalisi, le citazioni cinefile, perfino la fotografia, i personaggi e le musiche sembrano uscire direttamente da un film del regista di Midnight in Paris, del quale tra l’altro condivide il protagonista.
A mancare sono però le battute che hanno fatto la fortuna dei film di Woody Allen.
Tutto può accadere a Broadway resta una commedia degli equivoci, molto hollywoodiana, perfino sofisticata, ben recitata, che però non lascia nessuna traccia e nessun momento di autentico divertimento. Peccato, perché a Hollywood manca da troppo tempo una buona commedia billante. Bogdanovich, che riesce comunque a trasmettere il suo amore per il genere, costella il film di citazioni e riferimenti, nonché di cameo gustosi, su tutti quello di Quentin Tarantino.

VOTO: 6,5

lunedì 9 novembre 2015

Mustang

MUSTANG
di Deniz Gamze Ergüven
Francia/Turchia, 2015
con Güneş Şensoy, Doğa Doğuşlu, Elit İşcan, Tuğba Sunguroğlu, İlayda Akdoğan
Genere: Commedia drammatica
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5 sorelle adolescenti e orfane, una nonna e uno zio conservatori e interessati più alle apparenze che ai sentimenti delle ragazze che hanno allevato. Sullo sfondo una Turchia sperduta per la quale Istanbul è un miraggio lontano.
Il fattaccio è il seguente: l’ultimo giorno di scuola le ragazze giocano sulla spiaggia con dei ragazzi. Da quel momento saranno imprigionate in casa. Quando l’anno scolastico inizierà, niente più scuola. L’unico rimedio è il matrimonio, implacabile, per tutte.

Tutti l’hanno detto e lo ripeto anche io: siamo di fronte a una versione turca de Il giardino delle vergini suicide, è un dato di fatto. Alla regia una regista turca cresciuta in Francia e infatti il film ricorda molto lo stile dei film indipendenti francesi di qualità. Perché di qualità stiamo parlando: Mustang è un film scritto bene, recitato benissimo dalle fresche e spontanee protagoniste e benché non offra sostanzialmente grandi colpi di scena e sorprese si lascia guardare più che volentieri e si fa subito il tifo subito per la più battagliera delle ragazze, che è anche la più giovane. Un film insomma che riesce a infondere qualche speranza e a far riflettere: anche per questo merita una visione.
VOTO: 7+

giovedì 5 novembre 2015

The Lobster

THE LOBSTER
di Yorgos Lanthimos
Uk, Francia, Grecia, Irlanda, Paesi Bassi,
2015
  

con Colin Farrell, Rachel Weisz, Léa Seydoux, Ben Whishaw, John C. Reilly
Genere: Commedia, Dramma, Grottesco, Fantascienza, Thriller

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L’amore. Quanti film parlano d’amore? Quasi tutti. In quanti l’amore è il tema centrale? In moltissimi. L’amore desiderato, negato, finito, conquistato…
Ma cosa succede se l’amore si trasforma in un dovere civico regolato da leggi e ogni persona deve trovare un partner?
Cosa succede se il matrimonio, che in molte parti del mondo (soprattutto del terzo mondo e in Italia) è ancora negato ad alcune coppie, diventa un dovere per ogni cittadino? E attenzione perché non valgono i matrimoni di copertura: occorrono affinità comprovate ed è la comunità ad approvare e monitorare le unioni attraverso delle procedure e tempistiche ben stabilite.
E se qualcuno non trova l’anima gemella? Lo stato gli concede gentilmente 40 giorni in una struttura confortevole in cui poterla trovare, ma se non scoppia il colpo di fulmine, peggio per lui: verrà trasformato in un animale, ma a sua scelta. Molti scelgono il cane, per questo in giro ce ne sono tanti. Il protagonista del film, da poco divorziato, sceglie invece l’aragosta come eventuale soluzione finale: animale centenario, sempre fertile e di sangue blu. Ma destinato a morire bollito in pentola, gli fa notare un altro ospite della struttura.
Aggiungo che ci sono anche ribelli single che decidono di vivere da selvaggi nelle foreste e che vengono cacciati dagli ospiti della struttura, poi mi fermo perché il film, dopo queste premesse geniali, accumula tante altre trovate e colpi di scena spiazzanti alternando con abilissima e rarissima nonchalance scene di grande comicità e di grande violenza. Una commedia surreale nerissima, o un dramma grottesco e distopico illuminato da momenti di comicità che suscita un’infinità di riflessioni e domande e offre le migliori battute di un’intera annata cinematografica. Perché The Lobster, incredibile ma vero, è il film più divertente dell’anno, e allo stesso tempo il più nero, cupo e drammatico: un picco miracolo di scrittura, un viaggio staniante in un universo non troppo lontano dal nostro in cui il potere controlla anche l’unica cosa in cui dovremmo essere sempre liberi, ovvero l’amore. Perché nessuno può dirci quando e chi amare.

VOTO: 9

sabato 31 ottobre 2015

SUBURRA

SUBURRA
di Stefano Sollima
Italia/Francia, 2015
con Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Alessandro Borghi, Greta Scarano, Giulia Elettra Goretti
Genere: noir

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Un film ambizioso quello di Sollima, regista di ACAB e delle serie tv Romanzo criminale e Gomorra. Il crimine è il suo universo: lo scrive, descrive e rappresenta bene. Sa come fare un film di genere, anzi di più generi. E sa farsi circondare validi collaboratori (soprattutto alla fotografia e al montaggio). Vuole inoltre mirare a un pubblico internazionale, e la coproduzione francese gli porterà fortuna, ma il senso dell’operazione rimane ambigua e si ha l’impressione di assistere a un film troppo compiaciuto, chiuso su se stesso. La storia è quella corale, di personaggi all’apparenza slegati che man mano intrecciano le loro vite in un crescendo di crimini, corruzione e degrado morale in cui nessuno, ma proprio nessuno si può salvare: ci sono infatti spietati assassini, zingari mafiosi, politici corrotti e altri, tutti accomunati dalla totale mancanza di scrupoli e coscienza. Lo spettatore non ha nessuno con cui immedesimarsi e non gli rimane che sprofondare nella girandola di eventi. Ma tolta una Roma sempre bella e impassibile di fronte agli orrori umani di cui da millenni è silenziosa spettatrice, tolta la pioggia apocalittica, tolto il sempre bravo Elio Germano rimane solo un senso di nausea e il desiderio di dimenticare quanto si è appena visto.
VOTO: 5,5

giovedì 29 ottobre 2015

Lo stagista inaspettato

LO STAGISTA INASPETTATO
(THE INTERN)
di Nancy Meyers,
USA, 2015
con Robert De Niro, Anne Hathaway, Anders Holm, Adam DeVine, Rene Russo, 
Genere: commedia agrodolce

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Settantenne in pensione e vedovo cerca una ragione per vivere e capisce che solo il lavoro può dargliela: decide così di rispondere al curioso annuncio in cui si cercano stagisti over sessanta. Si ritrova così in una giovane azienda di moda affollata da under 30…

La sessantacinquenne Nency Meyers è nota per le commedie rivolte per lo più a un pubblico femminile (What women want) e negli ultimi anni ha portato sugli schermi attori e attrici over 65 importanti e spesso trascurati, come Jack Nicholson e Diane Keaton.
Questa volta abbiamo Robert De Niro, oramai felicemente (?) e definitivamente confinato alla commedia sentimentale, che affianca Anne Hathaway.
Che dire di Ne Niro? In tutto il film ripropone sempre la stessa espressione e sembra la parodia del vecchietto di Up. Sic transit gloria mundi. Non è stato difficile dunque per Anne Hathaway superare l’illustre collega e offrire l’interpretazione più convincente della pellicola. Il suo ruolo sembra la naturale e possibile evoluzione del personaggio che la portò al successo dieci anni fa, ovvero l’assistente de Il Diavolo veste Prada e nel corso del film ci sono diverse battute su una cliente, una certa Rachel, che sta per sposarsi: Rachel sta per sposarsi era il film (da noi ignorato, ma che consiglio di recuperare) che portò la Hathaway alla sua prima nominationa all’Oscar. Dopo l’Oscar e Insterstellar ci si aspettava forse di più da lei, ma in fondo ogni attrice americana coltiva il sogno di diventare la nuova Julia Roberts.

Arriviamo dunque alla sceneggiatura: la Meyers è brava a tratteggiare i personaggi e riesce nell’arduo compito di renderci simpatici tutti, perfino le comparse, mostrando sempre i lati migliori di tutti, senza mai schierarsi. E la va riconosciuto il merito di aver realizzato un’altra commedia sentimentale senza love story.
La trama però mescola fin troppi temi e in troppo tempo: due ore sono eccessive per una commedia sentimentale patinata made in Hollywood. Si parla di vecchiaia, di lavoro, di donne e giovani in carriera, di padri in paternità: praticamente quasi tutte le tematiche sociologicamente più studiate del momento.
Insomma, una commedia agrodolce ben confezionata che si lascia guardare volentieri senza lasciare troppi interrogativi.

VOTO: 6,5

mercoledì 21 ottobre 2015

Maze Runner: la fuga

MAZE RUNNER: LA FUGA 
(MAZE RUNNER: THE SCORCH TRIALS)
di Wes Ball
USA, 2015
con: Dylan O’Brien, Kaya Scodelario, Will Poulter, Patricia Clarkson, Thomas Brodie-Sangster
Genere: Azione, Fantascienza

Il sequel riprende dal punto esatto in cui era terminato l’altro, per cui dovrete avere una memoria di ferro per ricordarvi cosa succedeva un anno fa ai protagonisti oppure leggere la mia recensione qui. Per i più pigri: tanti ragazzi e una sola ragazza sono delle cavie rinchiuse in un labirinto dal quale non c’è via di uscita finché uno di loro, Thomas, non riuscirà ad aprire un varco, scatenando una guerra senza esclusioni di colpi. Nel sequel il nostro eroe è ancora animato da curiosità e ribellione e continua a lottare per scoprire la verità.


Se il precedente capitolo era il migliore dei film figli di Hunger Games, anche questo sequel non delude le aspettative di chi si aspetta un film d’intrattenimento e d’azione. Quest’ultima è garantita da un montaggio formidabile e una serie infinita di colpi di scena, inseguimenti e fughe: per una buona oretta il film mantiene altissima l’adrenalina e il coinvolgimento degli spettatori, peccato che la durata sfori le due ore e alla lunga le pecche, soprattutto di sceneggiatura, saltino a galla.
Il primo film della saga aveva infatti il suo punto di forza nell’unità spaziale, il labirinto. Il sequel vanta ottimi momenti nelle parti più claustrofobiche (e non mancano), poi però avanza per accumulo mischiando troppe ambientazioni ed elementi: zombie, metropoli post-apocalittiche, droghe, guerrieri del deserto che fanno tanto Mad Max… L’importante è non prenderlo troppo sul serio e affrontarlo per quello che è: un film d’azione e intrattenimento, coinvolgente e perfino divertente. E poi il sequel arriverà tra un altro anno, box office permettendo.

Voto: 6/7

giovedì 30 luglio 2015

Fury

FURY
di David Ayer,
USA, Cina, Uk, 2014
con Logan Lerman, Brad Pitt, Shia LeBoeuf, Michael Pena, Scott Eastwood, Xavier Samuel
Genere: bellico

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Seconda guerra mondiale. L'equipaggio del carro armato Fury acquisisce il suo ultimo membro, un ragazzino mai addestrato alla guerra. Il suo inserimento sarà una prova durissima.

Retorica, retorica e ancora retorica. All'americana, Nulla di nuovo con questo ennesimo film bellico che mescola misticismo, violenza, xenofobia e patriottismo statunitense in una storia di formazione prevedibile e scontata, nonché eccessivamente lunga.
Lo sceneggiatore del primo Fast and Furious e Training Day, già regista di diverse pellicole non dimenticabili, ci riprova con un film di guerra, deludendo critica e pubblico americani e conquistando invece il pubblico italiano che l'ha premiato con ottimi incassi nonostante il notevole ritardo con cui è uscito sui nostri schermi.

Brad Pitt ancora una volta alle prese con un personaggio degli anni ’40: la vera sorpresa è Logan Lerman, il vero protagonista del film, che dopo Noi siamo infinito offre un’altra prova di sorprendente maturità, rilegando il divo Brad Pitt a fargli da spalla.
VOTO: 6


lunedì 27 luglio 2015

Ted 2

TED 2
di Seth MacFarlane
USA, 2015
con Mark Walhberg, Amanda Seyfried, Jessica Barth, Giovanni Ribisi, Morgan Freeman
Genere: Commedia

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Ted si è sposato e vuole diventare padre ma scopre che per lo stato americano lui è soltanto un bene materiale, non un individuo.

Una serie infinita di gag, molto più demenziali e volgari del precedente film: l’unico scopo è far ridere e non si esita a ricorrere a ogni espediente possibile. L’obiettivo comunque è raggiunto e Ted 2 riesce ad eguagliare in comicità Ted del 2012, pur rimanendo su un livello qualitativo più basso.

Ma per una serata divertente non serve poi molto altro e Ted 2 riesce senza fatica a diventare quindi il film più divertente di un anno in cui le commedie hanno latitato. Rimangono tante le citazioni e i riferimenti al mondo vero dello show business e della politca, sempre e rigorosamente politicamente scorrette. Amanda Seyfried prende il posto di Mila Kunis con nonchalance e Ted diventa il vero protagonista della pellicola.
Da vedere però dopo il film precedente, al quale è strettamente legato.

VOTO: 6,5

mercoledì 22 luglio 2015

Mad Max: Fury Road

MAD MAX: FURY ROAD
Di George Miller
USA, 2015
Con Tom Hardy, Charlize Theron, Nicholas Hoult, Zoe Kravitz
Genere:action, distopico, post-apocalittico
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George Miller ha avuto la pazza idea di rifare il film che lo ha portato al successo una trentina d’anni fa e il risultato è un film pazzo e pazzesco, un ottimo film d’azione, uno dei film più adrenalici degli ultimi anni.
La sceneggiatura è quella di un action senza troppe pretese, ma non è un film per la mente quanto per gli occhi, grazie a una fotografia sorprendente e al frenetico montaggio. L’estetica è debitrice alla cultura dei videogiochi e dei video musicali, il tasso di tamarraggine e Kitsch è altissimo ma fa tutto parte del pacchetto: prendere o lasciare. Francamente era da tanto che non si vedeva un film action così coinvolgente. Ottimi poi gli interpreti: memorabili le spose (ancora una volta siamo dalle parti dei videoclip in quanto a estetica), brava e bellissima Charlize Theron pure senza capelli e senza un braccio. Tom Hardy muscolare e silenzioso quanto deve, Nicholas Hoult convincente nell’esaltato guerriero.

VOTO: 7,5


venerdì 3 luglio 2015

Youth

YOUTH
di Paolo Sorrentino
Italia, Francia, Regno Unito, Svizzera, 2015
con Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano, Jane Fonda.

Genere: grottesco

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TRAMA
In un centro benessere svizzero s'intrecciano le storie di un musicista, un regista e un attore.

COMMENTO
Dopo l'Oscar e l'opulente tripudio di trovate, narrative e visive, de La Grande bellezza le aspettative erano alle stelle e come spesso accade, l'ansia da prestazione può inficiare il risultato.
Ma Youth non si accontenta di deludere: è perfino il più debole degli ultimi tre film di Sorrentino: mentre i precedenti erano una mirandola di scene e battute spesso da incorniciare qui si stenta a trovare dei momenti felici e abbondano invece quelli maldestri. Sorrentino è il maestro del grottesco, ma qui non lo padroneggia né sfrutta a dovere.

Tante le scene che cadono nel ridicolo: quella in cui un giovane attore (Paul Dano) si commuove solo perché una bambina, in modo tra l'altro programmatico e fastidiosamente artefatto, si complimenta con lui. Per non parlare del regista (Harvey Keitel) che rivede in un sogno ad occhi aperti le sue muse. Di fronte a tale pochezza di scrittura possono poco gli attori internazionali chiamati al servizio del Premio Oscar Sorrentino.

L'unica scena da ricordare? Miss Mondo che sfila sulla passerella di una Piazza San Marco allagata dall'acqua alta: quello è l'unico momento magico di un film che fa rimpiangere non poco il suo predecessore e chi parla considera La grande bellezza tra i più bei film del 2013.

VOTO: 6/7

venerdì 29 maggio 2015

Il racconto dei racconti

IL RACCONTO DEI RACCONTI
(THE TALE OF TALES)
di Matteo Garrone,
Italia, UK, Francia, 2015
con Salma Hayek, Vincent Cassel, Bebe Cave, John C. Reilly, Toby Jones, Stacy Martin, Shirley Henderson, Alba Rohrwacher


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Una regina vuole aver un figlio ad ogni costo, una principessa vuole sposarsi e un re libertino vuole conquistare l'unica donna che gli resiste..
Dopo il successo di Gomorra, vero e proprio caso cinematografico diventato poi anche serie tv, e il flop del bel Reality, Garrone ha avuto la possibilità di  di alzare il tiro. L'occasione della vita, come si suol dire in questi casi: a maggior ragione duole ammettere che si tratti di un'occasione sprecata.
Fedele alle sue origini partenopee Garrone trova ispirazione nuovamente in un'opera letteraria in dialetto, questa volta seicentesca, Lo cuntu de li cunti di Giambattista Basile che aveva già ispirato C'era una volta di Francesco Rosi.
Racconti di rara inattualità quelli scelti, sorretti unicamente dall'apparato scenico, indubbiamente centrato. Tolta però la componente visiva, notevole grazie alla fotografia, ai costumi e alle location scelte, rigorosamente italiane, lo spettatore esce dalla sala perplesso, con un sensazione di incompiutezza.
Le storie narrate hanno un comune denominatore, il desiderio, tema cardine della nostra società in cui ogni desiderio deve essere realizzabile in poco tempo e col minimo sforzo. In questo senso il film offre una lezione, uno spunto di riflessione, seppur anacronistico. Ma la sensazione è che gli aneddoti siano stati dilatati e abbiano perso la loro forza.
Una cornice senza cuore, insomma, a parte quello divorato da Salma Hayek in una scena già diventata quasi famosa. Ed è proprio alla diva messicana, ormai da un po' fuori dai giri hollywoodiani, che vengono affidate le scene che si ricordano meglio, compresa quella in cui corre per il labirinto alla ricerca del figlio o quella iniziale in cui guarda, triste, i giullari.
Vincent Cassel appare invece completamente sprecato nei panni di un re libertino e stupido.

Da apprezzare comunque il fare artigianale di Garrone, così lontano da quello hollywoodiano. Proviamo a immaginare lo stesso film girato a Hollywood: un tripudio di effetti speciali digitali ma probabilmente non sarebbe stato altrettanto noioso.
E a proposito di Hollywood: nonostante il budget Garrone l'ha snobbata e ha preferito far venire in Italia un cast internazionale valorizzando così alcuni nostri luoghi inconsueti e diffondendo una nostra opera letteraria sconosciuta. Tutti questi buoni propositi non bastano però a fare de Il racconto dei racconti un film avvincente, ed è un peccato.
VOTO: 6-

giovedì 14 maggio 2015

Mia madre

MIA MADRE
di Nanni Moretti,
Italia, Francia, 2015
con Margherita Buy, Giulia Lazzarini, John Turtutto, Nanni Moretti
Genere: Drammatico
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Dopo essersi rivelato straordinariamente profetico con HabemusPapam, Nanni Moretti torna con un film che si confronta con una realtà più comune, la scomparsa di un genitore: una tragedia che che coinvolge lo spettatore in modo molto più viscerale. Eppure l’autore mostra tatto, delicatezza e allo stesso tempo coraggio nel mostrare l’inesorabile perdita della madre, dando forma così a un film strattamente autobiografico e allo stesso tempo universale di fronte al quale non si può rimanere indifferenti. Ma non siamo dalle parti dello strazio gratuito di Amour: il film è ricco di dolcezza, non indugia mai nel dolore e alterna scene più leggere in cui si ripercorrono sprazzi di vita dei protagonisti e soprattutto la lavorazione di un film che assorbe le giornate della protagonista, Margherita, interpretata da una Margherita Buy che altri non è che l’alterego di Moretti. Quest’ultimo si relega in un ruolo minore e attraversa in punta di piedi lo schermo. Tutt’altro discorso per John Turturro, volutamente sopra le righe e interprete delle scene più leggere. Alla fine rimangono due personaggi, due grandi immagini di donna: quella della protagonista, determinata ma allo stesso tempo fragile e confusa, e quella della madre, dolce, intelligente, ironica e amorevole.

Dunque non c’è (più) spazio per le provocazioni: Moretti si concentra su due punti chiavi della sua vita: il cinema e il rapporto con la madre e ne risulta un film profondo, “concreto” fin dal titolo. Non riserva sorprese, ma si lascia guardare con rispetto fino alla fine.

Voto: 8

martedì 28 aprile 2015

IL SETTIMO FIGLIO

IL SETTIMO FIGLIO
(THE SEVENTH SON)
di Sergej Vladimirovič Bodrov, USA, 2014
con Jeff Brudges, Ben Barnes, Julianne Moore, Alicia Vikander, Kit Harington

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Una strega cattiva da combattere, un mago buono, un apprendista mago, una streghetta buona che s'innamora: ecco i personaggi. La trama non importa. Tanto la strega cattiva alla fine muore.

Cosa ci fanno i premi Oscar Jeff Bridges e Julianne Moore di nuovo insieme a 21 anni da Il Grande Lebowski?
Una brutta figura. Alla Moore evidentemente non bastava la saga di Hunger Games e a Bridges quella di The Giver, evidentemente entrambi devono essere costantemente in bancarotta e non sanno come pagare le bollette o pagare le bollette.
Insomma, la loro presenza è indifendibile. Il film non promette di essere nulla di esaltante, anche se i risultati superano notevolmente le basse aspettative. 


Gli autori miravano a inaugurare l’ennesima saga fantasy (questa addirittura annovera 13, ripeto, 13 romanzi) e rispolverare le atmosfere di Le cronache di Narnia, da cui viene del resto il protagonista Ben Barnes, rimasto tra l’altro immutabile nell’aspetto (e nella recitazione) ma la situazione è decisamente sfuggita di mano e alla fine il risultato è un fantasy di serie B, nonostante uno stratosferico budget a disposizione (circa 100 milioni). I dialoghi sono risibili, Julianne Moore è degna di un Razzie per ogni sua entrate in scena ma ad accapponare la pelle sono soprattutto le scenografie e i costumi, i primi tra l'altro del premio Oscar Dante Ferretti: un mischione di Antica Roma, Antico Egitto e bordello Belle Epoque…
Nonostante l’operazione risulti davvero maldestra, non riesce ad essere sempre involontariamente comica, impedendo al film di diventare toltamente scult e trash. Rimane insomma solo un brutto film, una brutta caduta di stile per Julianne Moore e Jeff Bridges e un brusco colpo d'arresto per le carriere dei graziosi Alicia Vikander (A royal affair) e Ben Barnes (Un matrimonio all'inglese).
VOTO: 3

mercoledì 22 aprile 2015

Into the woods

INTO THE WOODS
di Rob Marshal
USA, 2014
con Emily Blunt, James Corden, Anna Kendrick, Meryl Streep, Chris Pine, Daniel Huttlestone, Lilla Crawford, Christine Baranski, Tammy Blanchard, Lucy Punch, Tracey Ullman, Billy Magnussen,  Mackenzie Mauzy, Frances de la Tour, Johnny Depp

Genere: Musical Fantasy
 
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Cappuccetto rosso, jack e i fagioli magici, Raperonzolo, Cenerentola s’incontrano in un unico musical: l’effetto è, in ordine: divertente, sorprendente, stucchevole e infine trascurabile.
Le quasi due ore di musical non riescono a mantenersi omogenee e il divertimento di vedere come s’intrecciano questi classici diventa intrattenimento vero quando questi volgono a termine e lo spettatore si domanda: e adesso? Peccato che dopo qualche trovata politicamente scorretta il film si perda, diventi noioso e cerchi inesorabilmente di smorzare i toni e rabbonire tutti.
Peccato, perché le intuizioni non mancavano e per un momento si crede che il musical voglia virare sul dark (quando la matrigna di Cenerentola taglia dita e calcagni alle figlie pur di vederle calzare la scarpetta) o sul sexy (quando il principe tradisce Cenerentola); ma è solo un’illusione, siamo lontani dalle rivisitazioni di Angela Carter.
Restano le ambientazioni, ottime, le canzoni di’impianto classico di Stephen Sondheim (Il barbiere di Sweeney Todd, Dick Tracy) James Lapine e gli attori, tutti bravi, soprattutto i bambini. Nel reparto star, Meryl Streep si conferma interprete versatile di grande talento e Johnny Depp conferma di essere diventato la grottesca parodia di sé stesso, o meglio di Jack Sparrow, ruolo che l’ha cannibalizzato.
Tra i volti più nuovi, spiccano Emily Blunt, Anna Kendrick e James Corden.

VOTO: 6

giovedì 16 aprile 2015

La famiglia Bélier


LA FAMIGLIA BELIER
(La Famille Bélier)
di Eric Lartigau
Francia, 2014
con Louane Emera, François Damien, Karin Viard, Ilian Bergala

Genere: Commedia
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Una liceale francese, unica udente di una famiglia di non udenti, scopre di aver il dono del canto e le si apre davanti un bivio: tentare un futuro da cantante o continuare ad aiutare i genitori agricoltori?

I francesi ce l’hanno fatto ancora: dopo Quasi amici sono riusciti a esportare un’altra commedia in cui disabilità e humour si incontrano. 

mercoledì 8 aprile 2015

Suite Francese

SUITE FRANCESE
(Suite française)
UK, Francia, 2015
di Saul Dibb
con Michelle Williams, Matthias Schoenaerts, Kristin-Scott Thomas, Margot Robbie
Genere: Drammatico/ Storico


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Seconda guerra mondiale, piccolo paese della Francia occupata da nazisti che vengono fatti alloggiare presso gli abitanti, tutti ostili a parte Lucille, giovane sposa col marito al fronte che si ritrova, gradualmente attratta da un colonnello colto e gentile, amante della musica come lei.

Saul Dibb, sei anni dopo il suo debutto, La Duchessa, adatta un altro bestseller in cui costumi e denuncia sociale si incontrano: là Keira Knightley, in sontuosi abiti settecenteschi soffriva in sfarzosi castelli in cui era obbligata a subire i tradimenti e le angherie del marito, qui, negli anni della guerra, un’altra figura femminile condannata a interpretare la parte della vittima in una società sessista e retrograda. C’è quindi un filo conduttore nell’opera di questo regista poco prolifico, nonché un innegabile talento nel restituire con fedeltà e coinvolgimento i periodi storici rappresentati. 
Suite Francese è infatti impeccabile dal punto di vista di tutto ciò che è cornice: la musica, la scenografia, i costumi. E in un film come questo la cornice è di vitale importanza. Le lacune sono in alcuni passaggi di scrittura nell’evolversi (e dissolversi) della liason amorosa. Ma il rischio mélo è scongiurato: prevale, invece, l’accurata ricostruzione di una piccola storia che si scontra con la Storia. Il film rappresenta nondimeno un modo per confrontarsi con un’autrice di talento scoperta tardivamente: Irène Nemirovsky, deportata e uccisa in campo di sterminio. Ma come dice la didascalia che chiude il film, il nazismo non l’ha uccisa veramente perché la sua opera vive tutt’ora e rappresenta una vittoria sul male. Parole della figlia dell’autrice, che ha trovato il manoscritto, incompiuto, in una vecchia valigia. Delle cinque suite previste, l’autrice ne ha portate a termine solo due, nel film riproposte con un finale che probabilmente sarebbe piaciuto alla stessa autrice e a sua figlia, morta pochi mesi prima delle riprese. Attori tutti adeguati: da Michelle Williams, sfuggente e discreta protagonista, una sempre brava Kristin-Scott Thomas, il ritrovato  Matthias Schoenaerts di Un sapore di ruggine e ossa e un'irriconoscibile Margot Robbie (The Wolf of Wall Street).
VOTO: 7