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mercoledì 11 gennaio 2012

J. Edgar: l'Eastwood più ambizioso?

 J. EDGAR
di Clint Eastwood
Usa, 2011
Biopic
con
Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, Armie Hammer, Judi Dench


ora nelle sale
Se ti piace guarda anche: Changeling, Il curioso caso di Benjamin Button, The Aviator,

Nemico pubblico


J.Edgar Hoover (Leonardo DiCaprio, titanico come sempre) diventa, giovanissimo, presidente del FBI, e manterrà il proprio ruolo per 48 anni, sopravvivendo a 8 importanti presidenti d’America e lavorando sempre al fianco dei fedeli Clyde Tolson (Armie Hammer da Oscar)e Miss Gandy (Naomi Watts, da applausi anche se si meritava scene migliori).

Ambiziosissimo film di Clint Eastwood, scritto dal Premio Oscar Dustin Lance  Black (Milk), che tenta di costruire un ritratto pubblico e privato di una delle figure più controverse della storia americana, ovvero il fondatore del moderno FBI, colui che introdusse i moderni sistemi di investigazione, impronte digitali comprese.
Un doppio ritratto che non omette richiami al presente, tanto che le parole di Hoover in più punti richiamano affermazioni di ben più recenti personaggi politici, soprattutto Bush jr e la sua lotta al terrorismo.


C’è decisamente troppo materiale su cui lavorare, troppa storia americana in ballo e una vita privata sconosciuta sulla quale non si può sorvolare. Eastwood vuole però provare a raccontare tutto perché si serve di Hoover per darci un’importante lezione: all we need is love. Nessun successo, ricchezza o fama potrà mai sostuire l’amore. Il punto di vista del regista e dello sceneggiatore sono dunque chiari: c’è sempre l’amore alla base dei nostri gesti, o la sua mancanza, perdita, negazione. Hoover cercava in pubblico una sicurezza e un successo che nel privato non poteva conoscere perché ha sempre rinnegato se stesso. Ecco dunque il secondo tema che vuole suggerire: l’accettazione di sé, o meglio il riconoscimento di sé.

Ed è proprio la parte del film dedicata alla sfera privata del protagonista che coinvolge e lascia il segno e non quella eroica al lavoro: le sue imprese al Bureau, tutte le catture e i successi si susseguono velocemente e confusamente sullo schermo senza impressionare più di tanto lo spettatore. Nessun inseguimento o sparatorie come si potrebbe attendere dall’ex ispettore Callagan nonché regista de Gli spietati, insomma. Mentre al contrario lascia il segno la timida ma risoluta Naomi Watts- Miss Gandy che lo rifiuta, la crudele e possessiva madre di Judi Dench che lo ama solo alle sue condizioni e soprattutto il Tolson di Armie Hammer che lo ama incondizionatamente per 45 lunghi anni: la scena del bacio con sfuriata e poi quelle senili con i due uomini che fanno colazione o che guardano alla Tv Marthin Luther King che accetta il Nobel dipingono una delle love story più commoventi viste al cinema negli ultimi anni. Una storia d’amore struggente e crudele, che riscatta il film e gli fa perdonare le eccessive lungaggini, i make up grotteschi di serie B e scelte narrative e registiche discutibili.

VOTO: 7,5 
Nonché, nella versione italiana, un doppiaggio da denuncia.

mercoledì 1 dicembre 2010

The social network: la rete di un'indolenza morale in cui tutti siamo intrappolati

THE SOCIAL NETWORK
di David Fincher, 2010

Mark Zuckerberg è un ragazzo solitario e un po’ strambo che viene mollato dalla sua ragazza. La sua vendetta sarà feroce, ma assai proficua dato che lo trasformerà in uno degli uomini più ricchi del mondo. Il che lo porterà però a una ulteriore solitudine in quanto presto tradirà i pochi amici che aveva. Che i dialoghi siano l’aspetto più peculiare del film si capisce fin dal primo, spiazzante (e snervante) botta e risposta tra Mark e la sua ragazza. Dopo i titoli di testa una raffica di battute impossibili da seguire per chiunque non sia un programmatore informatico specializzato in internet. Poi però, finalmente il film decolla e non lascia allo spettatore un attimo di tregua, tanto che le due ore filano via come un razzo. Merito dello sceneggiatore Aaron Sorkin che ha magnificamente adattato il romanzo di Ben Mezrich, e di David Fincher che ha saputo organizzare la materia in modo originale e avvincente. Si è ispirato a Rashomon dice lui, ma non è ardito nemmeno scorgervi Citizen Kane (Quarto Potere): si tratta di capolavori assoluti della storia del cinema che ricordano The Social Network non solo per le trovate narrative, ma anche perché qui ci troviamo di fronte a un film che certamente lascerà un’impronta nella storia del cinema e la cui portata la si potrà comprendere solo tra qualche anno. Non solo per la tecnica, che è sì perfetta, ma per nulla rivoluzionaria, quanto per il contenuto. Il film infatti va molto oltre la storia di Facebook, trasformandosi in uno specchio della società che in un futuro si trasformerà in un prezioso documento sociologico. Questa è la società occidentale d’oggi: in cui ciò che conta è avere più contatti possibili per rimanere però sostanzialmente soli. Sotto le calme apparenze, il film nasconde un messaggio tra i più allarmanti che il cinema ci abbia mai dato: è il segnale di una generazione destinata inevitabilmente alla catastrofe in cui manca il confine tra bene e male e mancano le sfumature. Alla fine del film la simpatia dello spettatore non è riservata a nessuno dei personaggi, perché tutti troppo egoisti. Eppure non si può dire che ci siano antipatici, nemmeno l'anti-eroe protagonista. Fincher riesce così a illustrare perfettamente il vuoto esistenziale di una generazione senza passioni e senza emozioni.
 Ma con questo film vengono illustrate anche le vere ragioni del social network: farsi i fatti altrui e soprattutto rimorchiare. E un mondo interessato solo alla serialità dell’atto sessuale non può funzionare. La cosa peggiore è che dopo la visione, ogni spettatore si rende conto che Facebook & company sono davvero tutto questo e noi non siamo da meno degli immorali personaggi del film perché tutte vittime e carnefici di un sistema virtuale, sociale e globale.
E che ansia queste università facoltose statunitensi in cui l’imperativo è l’esclusività, la ricchezza economica e la creatività ad ogni costo. Un microcosmo chiusissimo in se stesso che detta le leggi e decreta chi può accedervi. Proprio come il social network: chi è fuori è tagliato del mondo che conta.

Altri punti a favore del film sono la colonna sonora, l'eccellente montaggio e le notevoli prove del protagonista Jesse Eisenberg, di Justin Timberlake (che ha trovato un’attività a lui molto più consone rispetto a quella musicale) e Armie Hammer (a fianco e sotto) che si sdoppia nei gemelli Winklevoss, trovata assolutamente folle e insensata che vorrei mi
fosse spiegata al più presto.
Scena culto: la gara di canottaggio
http://www.youtube.com/watch?v=zatmdqTYivI&feature=player_embedded

Voto: 8,5