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martedì 27 marzo 2012

Madonna non è morta

(...ma è agonizzante)
 MDNA 
MADONNA
Genere: dance, elettronica, pop

Quando la conobbi ero appena un ragazzino e lei una donna già matura, oggi io sono un adulto e lei è una ragazzina. Lei è Madonna, che segue leggi diverse rispetto il resto degli esseri umani. 
Dopo la più lunga pausa della sua intera carriera, che tra l'altro è coincisa con l'esplosione del fenomeno Lady Gaga, colei che è definita la Regina del pop è tornata per riprendersi il suo trono.
Ci è riuscita?
Considerando che il singolo Give me all your luving è stato uno dei suoi maggiori flop dal 1984 a questa parte la risposta pare essere no.

Per quanto riguarda il disco, c'è da dire che Madonna mette in tavola tutte le carte che hanno costruito il suo impero, mescolando così melodie e testi leggeri e orecchiabili, profondi e arrabbiati, sexy e provocatori. Diversamente dall'anonimo Hard Candy, qui i testi sono personalissimi e rivolti soprattutto all'ex marito Guy Ritchie, anche se non manca quale riferimento a rivali femminili (Gang Bang, Give me all your loving).
Il disco inizia così da dove finiva l'album Like a Prayer (1989), e cioè con l'Atto di dolore. Un atto di dolore a quanto pare non molto sentito visto che nella canzone (trascurabilissima e già datata) la cantante si descrive come una cattiva ragazza che vuole solo divertirsi. Madonna ribadisce il concetto anche in I'm a Sinner, dove dopo aver citato in maniera alquanto blasfema la Madonna e i santi, ammette di essere una peccatrice e che le piace così.
In Gang bang, su una tecno già sentita Madonna canta il suo testo più cattivo, destinato a diventare cult grazie a uno humour talmente nero e politcamente scorretto che pare provenire direttamente da un film di Tarantino: l'ultimo minuto del pezzo è poi un crescendo di rabbia davvero imperdibile.
I'm addicted e Some Girls sono due brani dance scatenatissima ma trascurabili, Turn up the radio, terzo singolo, è sempre dance, ma più solare, tanto da tornare ai tempi e alla spensieratezza di Holiday, il che oggigiorno è decisamente troppo. Così com'è troppo giovanilistica (abbiamo addirittura le cheerleader) Give me all your luving che vede Nicky Minaj e MIA in un brutto rap. Decisamente giovanlisitica, per non dire infantile, anche Superstar, di innegabile e trascinante allegria.  I don't give a.. vede la partecipazione di Nicky Minaj in un pezzo r'n'b canticchiabile dal testo personalissimo e duro in cui Madonna confessa la propria vulnerabilità e le proprie sconfitte in campo affettivo. Finalmente, giunti alla traccia numero 9 si raggiunge un po' di sostanza anche nelle musiche, grazie a William Orbit che con I'm a Sinner firma un brano accattivamente, orientaleggiante e a tratti ipnotico, ma purtroppo troppo simile ai suoi lavori precedenti (la basa iniziale è identica a quella di Amazing del 2000, poi il sound diventa quello di Beautiful Stranger del 1999 e infine c'è pure la chitarra di Ray of light del 1998..).
Del tutto inaspettato è il banjo che introduce Love spent, sostituito da violini  elettronici: peccato che arrivi poi la solita electro dance. Nonostante il ritrmo veloce c'è però una malinconia crescente ad accompagnare un testo che non si dimentica : I Want You To Hold Me Like You Hold Your Money
(...) Love Spent, Feeling Love Spent
Yeah I'm Love Spent, Wondering Where The Love Wentl.
Arriviamo poi alla prima ballad, Masterpiece, già vincintrice di un Golden Globe: testo ricco di un pathos e di un sentimento che non si sente in questa canzone elegante ma freddina.
Eccoci così catapultati nel gran finale, che come da 22 anni a questa parte, per qualche strano motivo, è sempre il migliore brano dell'album. Grazie a William Orbit e Joe Henry, Falling Free raggiunge vette emotive e musicali notevoli, grazie ad atmosfere eteree e sospese in cui si mescolano le sonorità di Ray of Light e le estensioni vocali mostrate da Madonna in Evita. E in questa malinconica chiusura c'è anche l'addio all'ex marito, in quel "now we're both free to go".

La Versione Deluxe è comunque imprescindibile perché mostra una Madonna ancora più sfaccettata, con Beautiful Killer, piacevolmente retro e fresca allo stesso tempo,  la malinconia I F___ ked up, che assieme a Best Friend (che sembra provenire da un album delle Tlc e assomiglia molto a Baby that's not me di Jennifer Lopez) parla ancora della fine del suo matrimonio. E per finire c'è il delizioso divertissement con MIA in B-day song, inspiegabilmente non finito nella versione standard benché superiore al featuring con Nicky Minaj.

Insomma  Madonna ci dice che vuole rimanere giovane e vuole divertirsi, e non ha alcuna intenzione di diventare una tranquilla signora.
Sexy, provocatoria, seria, stupida, blasfema: tutta Madonna in un disco che però rimane tra i suoi meno riusciti (forse addirittura il peggiore, ma è ancora presto per dirlo) e non vanta una serie di possibili hit come invece poteva avere il precedente, benché più anonimo, Hard Candy.
Qui mancano canzoni davvero degne di essere singoli e la scelta dei primi due singoli ben dimostra questo problema: fatto che nella carriera di Madonna non era mai successo. Infatti i suoi album o avevano singoli perfetti e brani riempitivi, o erano tutti dei possibili hit in cui c'era solo l'imbarazzo della scelta. Qui l'imbarazzo è di tipo differente.
Senza contare che una volta Madonna scopriva e lanciava nuovi talenti e ora invece si affida a dj che nel curriculum hanno un solo tormentone estivo. (Martin Solveig e i reggiani Benni e Alex Benassi)
VOTO: 6

mercoledì 21 marzo 2012

Bye bye Versailles: anteprima di Les adieux à la reine


ADDIO MIA REGINA
(LES ADIEUX A LA REINE)
di Benoit Jacquot,
Francia, 2012
con Diane Kruger, Léa Seydoux, Virginie Ledoyen

Data di uscita francese: 21 marzo
Data di uscita italiana: ?

Se ti piace guarda anche: Marie Antoinette, Vatel, Titanic
 
Film d’apertura del Festival del cinema di Berlino 2012

Versailles, 14 luglio 1789: Sydonie Laborde (Léa Seydoux), prima lettrice della biblioteca personale di Maria Antonietta (Diane Kruger) come ogni mattina si reca dalla sovrana di Francia per leggerle qualcosa, ma tra i servitori girano le voci di qualcosa accaduto alla Bastiglia. Seguiremo le gesta della ragazza nei tre giorni successivi, finché la Regina non le chiederà un favore molto alto: quello di fingersi la sua favorita, ovvero la Contessa Polignac (Virginie Ledoyen).

Benoit Jacquot adatta il delizioso romanzo di Chantal Thomas (in Italia pubblicato col titolo Addio mia regina) stravolgendone la natura di diario in flashback per trasformarlo in una cronaca degli ultimi giorni a Versailles prima della Rivoluzione francese, visti dal punto di vista, inedito, di una serva.

Jacquot inoltre toglie ogni discrezione presente nelle pagine del romanzo e rende esplicita ogni cosa: la tensione, l’erotismo e l’aspetto romanzesco. Il regista così prende una posizione ben precisa e firma un film molto personale, ma la narrazione talvolta perde di credibilità cadendo nel romanzesco.
Nella sua versione della storia infatti il pettegolezzo diventa realtà storica, andando oltre a quanto Clint Eastwood abbia fatto con J.Edgar: Maria Antonietta è dipinta come una donna del tutto innamorata e succube della Contessa di Polignac.

Riuscita è però l'intenzione di mostrare un mondo immobile incapace di reagire di fronte al dramma: come in una nave che va a picco ma la paura è troppa per usare le scialuppe, gli abitanti di Versailles si aggirano per i corridoi spaventati ma senza sapere cosa fare.

La tensione è palpabile per tutto il film, grazie all'uso sapiente di una camera a mano che si muove con la protagonista e un’ottima colonna sonora.
Ottima pure la fotografia, ma si raggiunge l'eccellenza nelle interpretazioni di un cast in stato di grazia: Diane Kruger aggiunge al suo curriculum un’altra grande prova dopo Inglorious Basterds di Quentin Tarantino e Léa Seydoux regge magistralmente il ruolo da protagonista in quella che è una delle migliori interpretazioni femminili dell’anno.
Virginie Ledoyen, finalmente ritrovata dopo una decina d’anni di latitanza dagli schermi internazionali (The Beach di Danny Boyle, 2000 e 8 donne e un mistero di François Ozon, 2001) avrebbe meritato più spazio nelle inedite vesti di un personaggio ambiguo, già interpretato sul grande schermo, in modo completamente differente, da Rose Byrne.
Il regista Xavier Beauvois (Des hommes et des dieux, in it. Uomini di Dio) interpreta Luigi XVI. La regista e attrice Néomie Lvovsky interpreta magnificamente M.me Campan.,

Da guardare insieme a Marie Antoinette di Sofia Coppola, che si concentrava sui primi anni di regno della sovrana più famosa della storia di Francia: i due film non potrebbero essere più diversi e distanti fra loro.

VOTO: 7,5

venerdì 16 marzo 2012

Grazie all'Oscar a Dujardin anche in Italia vedremo questo film delizioso


PICCOLE BUGIE FRA AMICI

LES PETITS MOUCHOIRS

Francia, 2010

Di Guillaume Canet,

Con Marion Cotillard, Jean Dujardin, Benoît Magimel, François Cluzet

Commedia dramamatica

IN SALA DAL 6 APRILE 

Inizialmente sembrava dovesse uscire quest’inverno, poi era scomparso dai piani di distribuzione, ma ora che Jean Dujardin ha vinto l’Oscar, ecco guardacaso spuntare nei cinema italiani questo bel film francese del 2010 e scommetto che la presenza dell’attore premio Oscar sarà ben sottolineata nella promozione, anche se in realtà il suo ruolo è piccolissimo, benché fondamentale.

Se poi aggiungiamo che una delle protagoniste è Marion Cotillard, altra interprete francese vincitrice dell’Oscar pochi anni fa, ecco sullo schermo l’appetitosa chance di ammirare i due interpreti francesi attualmente più premiati e famosi.

Inoltre il film è diretto e sceneggiato da Guillaume Canet, compagno della bellissima attrice, che vanta numerosi film da attore e tre da regista. E nel film c'è pure Jean-Claude Cotillard, il suocero del regista, ovvero il papà della bella Marion..

Insomma tutto in famiglia..


 TRAMA

Film corale su un gruppo di amici più o meno quarantenni che si ritrovano con una vacanza programmata proprio quando uno di loro è ricoverato in ospedale in gravissime condizioni dopo un terribile incidente. La compagnia di amici decide di partire nell’attesa che le sue condizioni si stabilizzino. Fra loro Marie (Marion Cotillard), dalla vita sentimentale turbolenta, Vincent (Benoît Magimel) che rivela al miglior amico (François Cluzet, il protagonista di Quasi amici) di essere innamorato di lui, Isa, la moglie di Vincent che passa le notti a fare giochi erotici virtuali

Durante la vacanza li scopriremo meglio, tra scenate, confessioni, delusioni e gioie.

Con questa trama in Italia verrebbe un film come Baciami ancora o Immaturi e invece questo film si iscrive nella migliore tradizione del dramma franceset.

Eppure in patria è stato stroncato, consolandosi però con uno strepitos successo al box office (più di 25 milioni di euro) e una distribuzione internazionale.

Il film è divertente, triste, appassionante, un po’ ruffiano, ma comunque irresistibile grazie a personaggi (interpretati benissimo da attori eccellenti) che ci coinvolgono perché tutt’altro che perfetti. E le due ore e mezzo di durata non si sentono affatto.

Criticato anche per essere un cinema “figlio di papà”, insomma radical-chic, io vi ho letto una critica (magari involontaria) dei 40enni benestanti ed egoisti che mentre un loro amico sta male se ne vanno in vacanza a divertirsi e a lamentarsi per i loro problemi, esclusivamente sentimentali.

Ruffiana e super trendy è senz'altro la colonna sonora, che mette in lista brani di Damien Rice, David Bowie, Janis Joplin, Antony and The Johnsons, Ben Harper e lo stesso Guillaume Canet che compone il brano in una delle scene finali.

Un film che vi farà ridere e piangere, decisamente consigliato.

Per i fan di Jean Dujardin posso anticiparvi che recita per lo più sotto un abbondante trucco nelle scene più drammatiche, ma la vediamo anche col parrucco in una scena divertente.

VOTO: 7+

mercoledì 14 marzo 2012

C'era una volta Madonna, seconda parte


1990: JUSTIFY MY LOVE by Jean-Baptiste Mondino

Hotel Ritz di Parigi trasformato in un bordello in cui la mantide Madonna in Marilyn look si lascia sedurre da un aitante ragazzo (Tony Ward, allora suo partner) ma finisce a letto con una donna androgina mentre il ragazzo le guarda. Nelle stanze dell’albergo ce n’è per ogni gusto: feticisti, omosessuali, donne che si mascherano da uomo, uomini che si truccano da donne.
Alla fine Madonna corre via divertita per lo scompiglio creato.
Il film cita una scena de Il portiere di Notte di Liliana Cavani (1974), ed è anche ispirato a La grande peccatrice (La Baie des anges , 1962) di Jacques Demy con una Jeanne Moreau bionda come protagonista.
Testo scritto con Lenny Kravitz. Clicca qui per vederlo.

1992: DEEPER AND DEEPER by BOBBY WOODS

È l’omaggio di Madonna alla Factory di Andy Warhol (alla quale si avvicinò alla fine degli ’70 a New York): la fotografia sgranata, i personaggi: sembra tutto uscire dalla trilogia di Paul Morissey, fra un modello che sembra Joe Dallesandro e un cameo della stessa protagonista di Trash (1970) Holly Woodlawn.
Cammei anche per Sofia Coppola (è quella che addenta la banana) Debi Mazar  e un ruolo per Udo Kier, che apparve in altri due film di Morrissey: Il mostro è in tavola... barone Frankenstein e Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete! (con De Sica e Polanski).
clicca qui per vederlo.

1993: BAD GIRL by DAVID FINCHER
Una donna single di successo ma depressa che beve troppi drink, fuma troppe sigarette e bacia troppi sconosciuti: a nulla può l’angelo custode Christopher Walken quando uno degli amanti di una notte la uccide.
Fincher, reduce da Alien 3 dirigere Madonna per la quarta e ultima volta in un video meraviglioso, triste e misconosciuto. Dopo i rapporti professionali tra i due terminarono anche perché la signora Fincher accusò Madonna di essere la causa della fine del suo matrimonio.
clicca qui per vederlo.

1995: BEDTIME STORY by MARK ROMANEK
Sul magnifico testo scritto da Bjork (Today is the last day that I'm using words/
They've gone out, lost their meaning/Don't function anymore/Let's get unconscious honey
)
Madonna esplorò l’ambient e l’elettronica per la prima volta, mentre il video, ipnotico come la canzone, è un tripudio di effetti speciali, sequenze oniriche, talvolta inquietanti, sempre affascinanti che mischiano new age, sufi, egizi, surrealismo, Frida Kahlo e René Magritte.
Il video debuttò nei cinema americani e oggi fa parte della collezione permanente del MOMA di New York.
Fu per pochi mesi il video più costoso della storia (6 milioni di dollari): oggi detiene comunque la seconda posizione dopo Scream di Michael e Janet Jackson.
 

lunedì 12 marzo 2012

C'era una volta Madonna: David Fincher

1989: EXPRESS YOURSELF by DAVID FINCHER

Dopo le croci infiammate e i baci a un Gesù nero, Madonna ha bisogno di un altro video di forte impatto: ecco arrivare dunque alla sua corte il 27enne David Fincher con il suo mini kolossal da 5 milioni di dollari ispirato a Metropolis di Fritz Lang (1927). Mai un video era costato tanto.
Oltre a Metropolis c’è molta Marlene Dietrich e molto sesso e l’immagine di Madonna ne esce rinnovata: non solo sexy, ma androgina, donna del desiderio ma anche uomo, dominatrice e schiava legata nuda a un letto. Insomma nasce la vera Madonna sex symbol e icona (anche gay).
Il testo è un inno all’emancipazione femminile, il video è soprattutto ideato per il maschietti: gli etero sono stuzzicati dall’immagine sempre più sexy della diva, mentre il pubblico gay si consola con uno stuolo di ballerini/operai seminudi e bagnati.

1989: OH FATHER by DAVID FINCHER

(non so perché blogger non voleva inserire la versione senza sottotitoli che trovate comunque su youtube cliccando qua).
Per questa struggente ballad autobiografica dedicata a un padre severo, Fincher ripercorre la vita di Madonna, segnata dalla perdita della madre in tenera età, il turbolento rapporto col padre, le botte di un compagno (Sean Penn) e il rapporto con la fede (duplice infatti è il padre a cui si riferisce il titolo, e nel video appare pure un prete).
La citazione qui è Quarto Potere (Citizen Kane, 1941) di Orson Welles, seppur molto lontana. È considerato uno dei video più scioccanti della storia per l’immagine della defunta con le labbra cucite.


1990: VOGUE by DAVID FINCHER

Madonna vi mette i suoi quadri di Tamara de Lempicka, Jean Paul Gautier le fa indossare i suoi (da lì a poco celeberrimi) reggiseni a punta, il coreografo mette in scena un ballo indimenticabile, il set è ispirato alle foto di Horst P. Horst, le pose di Madonna a quelle delle grandi dive della Hollywood degli anni d’oro, che Madonna cita nel testo della canzone assieme a Marlon Brando, Jimmy Dean, Fred Astaire e Gene Kelly: 17 sono le star citate.
Merita una visione anche l'esibizione live che Madonna tenne ai VMA's di quell'anno.


sabato 10 marzo 2012

Un giorno questo dolore ti sarà utile


UN GIORNO QUESTO DOLORE TI SARA’ UTILE
(SOMEDAY THIS PAIN WILL BE YOUSEFUL TO YOU)
Di Roberto Faenza,
 Italia/USA, 2011
Con Tobey Regbo, Marcia Gay Harden, Peter Gallagher, Lucy Liu, Ellen Burstyn
Ora nei cinema

Storia di formazione di un diciassettenne con aspirazioni suicide e associale. Del resto la famiglia da cui viene non è delle più ordinarie: la madre è scappata dal neomarito poche ore dopo le nozze, il padre si vuole fare una blefaroplastica, la sorella 23enne scrive le sue memorie per fare colpo all’amante ultracinquantenne e sposato.
Per fortuna che c’è una psicoterapeuta invocata dalla madre e soprattutto una saggia e simpatica nonna che ovviamente morirà per permettere al ragazzo di maturare.
L’avventura americana ha permesso a Faenza di confrontarsi con location e attori inediti e proprio questi due elementi sono i punti di maggior valore del film, in quanto ben valorizzati dal regista italiano: fa piacere rivedere finalmente la mitica Lucy Liu (Ally McBeal, Kill Bill 1 e 2), l’ottantenne Ellen Burstyn (L’esorcista, Alice non abita più qui, Requiem for a dream) e Marcia Gay Harden (Crocevia per la morte, Mystic River, Into the wild): tutte attrici di talento alle quali da troppo tempo mancavano bei ruoli.
Anche la colonna sonora merita una nota di merito grazie al lavoro di Andrea Guerra e di Elisa, che canta un paio di bei brani ripetuti più volte nel corso del film.
Peccato però che la trama, tratta dal romanzo omonimo di Peter Cameron, non sia nulla di particolarmente originale e non bastano i dialoghi brillanti a risollevare il tutto.

VOTO: 6+

martedì 6 marzo 2012

Perso si é perso

Perso si é perso

giovedì 1 marzo 2012

Un film di fantascienza d’autore travestito da blockbuster d’azione


IN TIME
Di Andrew Niccol,
USA,
2011
Con Justin Timberlake, Amanda Seyfried, Cillian Murphy, Alex Pettyfer, Olivia Wilde, Matt Bomer

                        Se ti piace guarda anche: The Island, Gattaca, Sim1one
Ora nei cinema

America, in un futuro non troppo lontano il tempo è denaro, letteralmente: i minuti e le ore diventano merce di baratto e creano disparità sociali. Coloro che hanno poco tempo vivono nei ghetti e svolgono lavori umili, mentre la gente con un sacco di tempo se ne sta in quartieri eleganti lontani ed è circondata da guardie per non rischiare di morire a causa di uno stupido incidente visto che grazie al tempo a disposizione possono vivere anche per secoli.

Dopo aver compiuto 25 anni il tempo si ferma sui fisici delle persone, ma quanto rimane loro da vivere dipende dal tempo che hanno a disposizione.
Un operaio del ghetto (Justin Timberlake) con serie difficoltà economiche vive con la madre (Olivia Wilde), che dimostra 25 anni come lui. 
Una sera il ragazzo, a quanto pare una testa calda, salva un ricco (Matt Bomer) da una gang (capitanata da Alex Pettyfer) che voleva rapinargli il tempo.
In segno di riconoscenza, l’uomo, ultracentenario e depresso, gli regala tutto il suo tempo per poi suicidarsi.

Che farà il nostro eroe con tutto questo tempo a disposizione? Penserà solo a se stesso o cercherà di cambiare le cose?
Intanto nel suo cammino incrocia una ricchissima ragazza (Amanda Seyfried) e un guardiano del tempo (Cillian Murphy).

RECENSIONE
Lo spunto di questo film è davvero interessante ed è la dimostrazione che si può fare fantascienza intelligente senza ricorrere per forza a strabilianti effetti digitali.
Vi si trovano non troppo velati riferimenti al Nazismo (la parola ghetto, il tempo a disposizione visibile sul braccio come i tatuaggi dei campi di sterminio) e alla nostra società in cui i poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi perché bisogna  sacrificare tante vite per la ricchezza di pochi uomini.
Il regista di Gattaca, nonché sceneggiatore di The Truman Show torna con una storia distopica in cui col passare del minutaggio l’action prende sopravvento sulla fantascienza, trasformando quello che poteva essere un buon film di fantascienza d’autore (come lo era Gattaca) in un blockbuster.
Dopo le affascinanti premesse la pellicola infatti accusa una perdita di idee a partire dalla parte centrale e non sa bene come procedere, tant’è che l’ultima mezz’ora è un concentrato di coinvolgenti scene d’azione che servono a distrarre lo spettatore nella speranza che non si noti come la trama e l’evoluzione dei personaggi si siano di fatto fermate da un bel po’.
Peccato insomma, perché le premesse erano buone e alcune idee geniali, ma la sceneggiatura dello stesso regista non è stata in grado di sviluppare quello che poteva essere un soggetto per un ottimo corto.
Rimane comunque un film godibile, che il pubblico più vasto potrà apprezzare per la componente di azione.

VOTO: 6,5