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lunedì 15 novembre 2010

Pelle di serpente - una grande coppia per un grande flop

NON DIMENTICARTI DI VOTARE IL TUO FILM PREFERITO CON ANNA MAGNANI NEL SONDAGGIO QUI A FIANCO! CI SONO RIMASTI SOLO POCHI GIORNI!




 PELLE DI SERPENTE (The Fugitive kind)
1959, di Sidney Lumet
Ovvero l’incontro di Anna Magnani con Marlon Brando.

TRAMA

Val (Marlon Brando) detto Pelle di serpente a causa della giacca che indossa sempre, trova lavoro come commesso in Mississippi, facendo perdere la testa a Lady Torrance (Anna Magnani), moglie del proprietario malato, e Carol (Joanne Woodward), sbandata nonché sorella dell’ex di Lady Torrance.Dapprima ostile e sospettosa nei confronti del giovane, la proprietaria lentamente si invaghisce del giovane, intravedendo in lui la possibilità di un riscatto, ma la società arretrata e maschilista non ha pietà per le donne che vogliono essere felici.
Alla fine la polizia intima a Pelle di serpente di lasciare il villaggio. Lo minaccia a morte perché è troppo bello, in pratica. E che dire della povera Lady Torrance, il cui marito l’ha sposata dopo averle incendiato la casa e mandato in rovina la famiglia? La donna si innamora disperatamente del ragazzo giovane e bello e con lui pensa al futuro: vuole la maternità e costruisce una magnifica confetteria con la quale spera di avverare il sogno della sua vita, ovvero avere un’attività propria. Nel negozio ricrea la vigna che le fu bruciata dal marito e si appresta all’inaugurazione con commovente felicità.

Inesorabilmente, il marito, moribondo da mesi, riuscirà comunque a mandarle letteralmente in fumo anche quest’impresa e non solo: una moglie che osa l’emancipazione e la felicità merita solo la morte e perciò la spara. E così i due infelici protagonisti vengono divorati dalle fiamme, mentre il vecchio marito moribondo, continua soddisfatto la propria esistenza colma di odio per il mondo. Carole, osservando disperata il luogo della tragedia, trova finalmente la forza di partire per la città come aveva voluto fare.

COMMENTO
Non vi sembra esageratamente crudele come storia ? In effetti lo è, della serie “Facciamoci del male”, ma la delirante visione del mondo che Williams offre purtroppo non è così assurda e perciò ancor più dolorosa.

Ancora oggi la nostra società è terribilmente spaventata dal potere delle donne e dalle minoranze. Ancora oggi la bellezza può rappresentare un ostacolo in alcune situazioni e molti individui continuano a lottare, invano, per affermare la propria felicità. E ancora oggi conformismo, razzismo, maschilismo e pregiudizi regnano incontrastati non solo nello sperduto Sud degli Stati Uniti..
Ma questo non è l’unico motivo per vedere questo film assai ignorato. Considerarlo un film da recuperare sarebbe inesatto, siccome l’accoppiata Magnani e Brando comunque basta a salvarlo dal dimenticatoio. Eppure il film fu accolto da critiche piuttosto negative dalle quali non è mai stato riabilitato. Tentare di fare un paragone all’accoglienza di The tattoo rose e The fugitive kind è impossibile: da una parte tutta Hollywood entusiasta alla première (Bette Davis, Marilyn Monroe) e ovazioni dalla critica, dall’altra il silenzio interrotto da qualche critica negativa.
Personalmente l’ho apprezzato anche se ne riconosco i limiti. È senza dubbio un film molto teatrale e melodrammatico, e qui questi registri sono dei limiti. Non si può negare che la regia di Lumet è una piatta trasposizione del lugubre dramma di Williams, incapace di dare una dimensione cinematografica all’opera. Come afferma il Morandini, “È un film di attori al servizio della parola: tutto ruota attorno alle battute scritte apposta per il palcoscenico."

Poi c’è il melodramma incarnato dalla stessa Magnani, prima moglie repressa e depressa, poi all’improvviso appassionata e felice amante. Scenate, colpi di scena, dichiarazioni infuocate, drammi.Una storia a tinte forti, anzi fortissime, con un finale straziante e inaccettabile che è un vero pugno allo stomaco e smuove lo spettatore.  Il mondo di Williams è desolante, senza speranza e possibilità di riscatto.Chi spera nella felicità sarà punito con la morte. Una società maschilista, razzista che col suo conformismo non fa che covare il proprio odio per tutto ciò che è diverso:  la libertà, la bellezza e tutto quanto di positivo ci sia al mondo.  Gli uomini del paese hanno un retrogrado disprezzo per le loro mogli, schiavizzate e torturate psicologicamente. L’arrivo in paese di un bel ragazzo come Brando genera solo odio e invidia e gli sguardi e le reazioni che suscita  anticipano quelli di alcuni personaggi di Easy Riders, di cui condivide l’epilogo. Ma mentre i due hippie venivano uccisi per la loro diversità, qui alla diversità si aggiunge il peccato inaccettabile della bellezza. “Troppo bello per lavorare” sembrano esprimere i volti carichi di astio delle principali cariche della città.
ATTORI
Tutti furono d’accordo nell’affermare che la coppia Magnani e Brando funzionasse meglio sulla carta ed è vero. I due offrono due grandi performance, ma sembrano recitare in due film diversi. Troppo sopra le righe lei, e troppo sotto le righe lui. Film.tv addirittura descrive spaesata Anna Magnani, il che mi sembra però ingiusto. La Magnani è sempre la Magnani anche quando fuori parte (risulta poco credibile che un ragazzo giovane e bellissimo come Brando possa innamorarsi di una cinquantenne non bella come la Magnani). Ma vederla felicemente commossa quando mostra la propria confetteria a Brando e poi supplicargli di restare non ha prezzo. È un pezzo di bravura inestimabile in un film che si è fatto dimenticare (troppo) in fretta.

Al loro fianco tanti grandi attori, come Maureen Stapleton (altra figura di moglie sottomessa e umiliata), che aveva interpreto il ruolo di Serafina nella versione teatrale di La Rosa tatuata e la bravissima Joanne Woodward nel ruolo pericolosamente sopra le righe di una ragazza sbandata afflitta da problemi emotivi.

Nonostante il ruolo rischioso, la Woodward fu quella a ricevere le migliori ciritiche.

L’attrice aveva soffiato il premio Oscar alla Magnani proprio l’anno precedente, grazie alla sua performance in La donna dai tre volti. Pochi mesi dopo la fine delle riprese la Woodward sposerà Paul Newman, col quale vivrà per 50 anni, fino alla scomparsa di lui.

REGIA

Sidney Lumet, classe ’24, era al quarto film quando diresse Pelle di serpente. Pochi mesi prima aveva diretto l’altra grande stella del cinema italiano, Sophia Loren  in That kind of woman (Quel tipo di donna). La pièce di Williams Descending Orpheus del 1957 venne trasformata in The Fugitive kind: a parte il titolo, Lumet rimase molto fedele al testo. In oltre 50 anni di carriera Lumet ha diretto tantissimi film, molti dei quali di grande successo di critica, come Serpico (1973), Assassinio sull’Orient Express (1974) e l’ultimo Onora il padre e la madre (2007).
CAPRICCI DA DIVO
Tennesse Williams dopo il grande successo di The tattoo rose, propone alla Magnani di recitare a teatro nel suo Descending Orpheus con Marlon Brando e Elia Kazan come regista. Brando rifiuta e Anna lo segue. Per consolare Williams assicura che al cinema lo avrebbe interpretato senza esitazione. E così fu, anche se Brando si fece pregare molto.  Girato il film il grande attore continuò a fare il divo, pretendendo che il suo nome  fosse il primo e più evidente sul manifesto. Dopo aver litigato con la Magnani e i produttori venne accontentato. Il nome della Magnani avrebbe campeggiato in bella vista invece nella versione europea. Per rimediare, forse, Marlon una sera invitò Anna a uscire . Il giorno dopo lei partì per l’Italia e non sarebbe mai tornata negli States 

NON DIMENTICARTI DI VOTARE IL TUO FILM PREFERITO CON ANNA MAGNANI NEL SONDAGGIO QUI A FIANCO! CI SONO RIMASTI SOLO POCHI GIORNI!

domenica 7 novembre 2010

La rosa tatuata: consacrazione di un'attrice già mito

THE ROSE TATTOO
1955, Daniel Mann
 TRAMA

Louisiana, anni ’50. Serafina (Anna Magnani) è una donna devota e innamoratissima del marito, trafficante di droga che ha anche un’amante. Morto in un incidente, Serafina,  continua a venerarlo e a descriverlo come il migliore degli uomini, non staccandosi mai dalla sua urna cineraria. La donna non riesce a superare il lutto, finendo per isolarsi dal resto degli abitanti e diventare aggressiva e crudele perfino nei confronti della figlia Rosa (Marisa Pavan).  Dopo una sfuriata in chiesa, Serafina è accompagnata a casa da un giovane un po’ strambo che poi si intrattiene a casa sua. L’uomo, che si chiama Alvaro Mangiacavallo (Burt Lancaster) ed è anche lui di origini siciliane, le fa tornare il sorriso. Ma le malelingue sono in agguato.

COMMENTO


La Rosa tatuata è un film che mescola con sapienza dramma e commedia, rappresentando il mondo pettegolo e bigotto dell’America degli anni ’50. Il recente testo teatrale viene rinvigorito dall’ambientazione e come ogni opera di derivazione teatrale, è soprattutto un film d’attori. La riuscita del film è dovuta infatti alla protagonista, che passa da un registro all’altro con grande mestiere. Da segnalare però anche la grandissima prova sopra le righe (spiazzante per l’epoca) di Burt Lancaster nei panni di uno svitato dal cuore d’oro e la sensibile interpretazione della giovanissima Marisa Pavan.


INTORNO AL FILM




Scritto su misura per A. Magnani dal grande Tennessee Williams il dramma del 1950 aveva già conosciuto un grande successo sui palcoscenici nordamericani con la regia dello stesso Daniel Mann. Williams voleva che la Magnani lo recitasse a teatro, ma l’incerta padronanza linguistica dell’attrice, si preferì optare per una versione cinematografica di cui lui stesso curò l’adattamento. È il primo film americano di Anna Magnani che per l’occasione recitò in un inglese dal forte accento italiano e non a caso interpretò poi sempre ruoli da immigrata italiana. Questo è un classico ruolo “alla Magnani”: scenate, urla, disperazione, grasse risate. Fu cioè esattamente quello che tutti si aspettavano da lei, Mann e Williams compresi. L’Oscar fu una conseguenza naturale, ma non scontata perché l’attrice fu la prima italiana (ma anche la penultima) a vincere l’ambitissima statuetta.
Ma non fu l’unica statuetta che si aggiudicò il film: La Rosa tatuata fu infatti un grandissimo successo internazionale di critica e pubblico e alla notte degli Oscar del ’56 gareggiava con ben 8 candidature, tra cui quella di miglior film dell’anno.
Alla fine ne portò a casa tre: attrice, scenografia e fotografia (Wong Howe).
Fu Marisa Pavan, anch’ella candidata all’Oscar (come miglior attrice non protagonista) a ritirare la statuetta, in quanto Anna Magnani era rimasta a Roma. La Pavan (Cagliari, 1932) era arrivata a Hollywood con la sorella gemella dell’attrice Anna Maria Pierangeli, nota per la sua relazione con James Dean e per la morte di overdose a 39 anni. La Pavan, che si trasferì poi in Francia, la ritroveremo accanto a Catherine Deneuve in Niente di grave, suo marito è incinto (L'événement le plus important depuis que l'homme a marché sur la lune) di Jacques Demy (1973).




Per la sua interpretazione la Magnani ha vinto anche il Premio BAFTA alla migliore attrice internazionale dell'anno, il Golden Globe per la migliore attrice in un film drammatico e il National Board of Review Award alla miglior attrice

DANIEL MANN
Daniel Mann fu un regista abilissimo a dirigere i propri attori, tanto da far vincere due Oscar a due protagoniste di due dei suoi film: oltre la Magnani, Mann diresse anche Liz Taylor in Venere in visone.
Negli anni '70 e '80 Hollywood voltò le spalle a Mann, i cui film assunsero una dimensione sempre più low budget. Tra i titoli più interessanti di questa sua seconda fase, Willard e i topi, commovente e angosciante storia di un ragazzo complessato che si rifugia nella compagnia dei topi che ammaestra.

P.S. VI RICORDO DI VOTARE IL VOSTRO FILM PREFERITO DI ANNA MAGNANI NEL SONDAGGIO QUI A FIANCO!

giovedì 4 novembre 2010

Film da recuperare n°2: Campo de' fiori

                                                          CAMPO DE' FIORI
                                                           1943, di MARIO BONNARD



Roma. Peppino (Aldo Fabrizi), un pescivendolo ambulante di Campo de’ fiori, non più giovanissimo e anche celibe, finge di non accorgersi delle attenzioni di una fruttivendola (Anna Magnani) che ha il banco accanto al suo e la prende sempre in giro. Preferisce infatti rifugiarsi in un mondo tutto suo fatto di grandi incontri amorosi che puntualmente racconta al suo miglior amico, il barbiere dongiovanni (o per lo meno è quanto racconta pure lui) Aurelio (Peppino de Filippo).

Finché un giorno non finisce intrappolato nelle sue stesse frottole. Fa il galante con due sue eleganti clienti, che nemmeno se lo ricordano, mentre all’amico Peppino racconta tutt’altro. Caparbio e raccontaballe, Peppino continua la sua impresa e dopo alcune umiliazioni riuscirà davvero a farsi accettare dal bel mondo delle due agiate signore.
Non solo: scopre che una di loro, Elsa (Caterina Boratto), non ha marito e dunque comincerà a corteggiarla, accettando perfino di badare a suo figlio Carletto (Cristiano Cristiani), di appena cinque anni. Il piccolo è una vera peste e gli combina non pochi guai, ma alla fine finisce per volergli bene e il bambino lo chiama papà. A tutti racconterà che è suo figlio, perfino all’amico Aurelio.

Per il bambino e sua madre, cambia perfino casa e acquista un bellissimo appartamento signorile, con tanto di domestica. Purtroppo nulla va come dovrebbe: è tutto pronto per un bellissima merenda, quando Elsa viene raggiunta da una lettera del padre di Carletto, che dopo anni di silenzio vuole tornare nelle loro vite.

Elsa  non si accorge nemmeno che il piccolo Carletto ora considera Peppino il suo papà e se ne va.
Peppino, disperato, non ha nemmeno il tempo di piangere: lo raggiunge l’amico Aurelio, al quale recita un’altra, ennesima bugia, riuscendo a nascondere le lacrime. Si lancia infatti in un lungo monologo sull’assurdità dell'amore, affermando che lui ha lasciato la donna e il figlio perché non è pronto e non ha voglia di una famiglia, lui è un uomo libero, ha bisogno di libertà e non di cavolate come amore e famiglia. L’amico gli crede, anche perché condivide appieno il suo pensiero.
Gran sciupafemmine, Aurelio non ha aspettato molto infatti a chiedere alla fruttivendola Elide di uscire con lui, ma di fronte alla nuova situazione, decide di far andare Peppino al suo posto.
E il film termina con Fabrizi e la Magnani davanti a un cinema che discutono sul film che andranno a vedere:
MAGNANI: È un film che fa piangere

FABRIZI: Perché come finisce?

             MAGNANI:  Col matrimonio

AUTORI
Il soggetto è di Marino Girolami, sceneggiatura di Aldo Fabrizi, Fellini e Piero Tellini.
La regia è di MARIO BONNARD.

Prima attore di film muti, poi regista di film commerciali che non lasciarono tracce, a parte questo brillante duetto dei due romani più famosi del cinema

CAST
Aldo Fabrizi – al grande attore romano devo dedicare al più presto un post tutto suo.

Peppino De Filippo – altro grande del cinema (e teatro) italiano di cui dovrò riparlare. I suoi duetti con Fabrizi sono la parte migliore dei film. 
 Caterina  Boratto – di lei ho parlato qualche settimana fa, in occasione della sua scomparsa. Qui interpreta Elsa, donna bella, elegante e algida che in fondo pensa solo a se stessa .
 Anna Magnani – la nostra Anna qui interpreta una fruttivendola, ingenua e popolana. I suoi battibecchi romaneschi (ma attenuati e comprensibilissimi) con Fabrizi sono tra le parti più divertenti del film.
COMMENTO: CAMPO DE’ FIORI IERI E OGGI


L’ambientazione in esterni, la voce del popolo, l’amarezza che tinge di cinismo e pessimismo una pur divertentissima commedia, fanno di questo film uscito nello stesso periodo di Ossessione, un’anticipazione del Neorealismo. Il registro dominante di commedia impedì ai critici di analizzarlo più profondamente e di ascriverlo al suddetto movimento poiché una commedia non può essere neorealista.

Ma non sono questi gli unici pregi di un film completamente dimenticato: gli attori, fra tutti un eccelso Aldo Fabrizi, ma anche una divertente Anna Magnani ai suoi esordi. Sempre agli inizi, ma come sceneggiatore, era anche un tale Federico Fellini.

E al di là di nomi illustri il film rimane una godibilissima commedia che non dimostra affatto i quasi 70 anni che porta. Recuperabile in un dvd che lo ripropone in un'ottima versione restaurata, il film resta un affresco commovente, amaro e divertente di una Roma popolana semplice e di buoni sentimenti.

Dialoghi scritti benissimo, buon ritmo, a mio avviso è superiore all’Ultima carrozzella, film dello stesso anno, sempre con Fabrizi e Magnani come interpreti e Fellini tra gli sceneggiatori, ma con la regia di Mattoli, che invece raccolse molti più consensi di critica e pubblico.

martedì 2 novembre 2010

ANNA MAGNANI: la biofilmografia

                                                              BIOFILMOGRAFIA

Alcune fonti  fanno nascere Anna Magnani ad Alessandria d'Egitto, ma il figlio Luca ha recentemente dichiarato che Anna nacque a Roma nel 1908 e poi si trasferì in Egitto. Tornata a Roma, fu cresciuta dalla nonna materna in condizioni di estrema povertà e cominciò molto presto a cantare nei cabaret e nei night-club, mentre ancora  studiava all'Accademia d'Arte Drammatica.
Il suo esordio è datato 1928 e coincide con il film, trascurabile, Lo Scampolo.
Nel 1935 sposò il regista Goffredo Alessandrini, che l’anno più tardi la diresse in Cavalleria.


Divenne ben presto uno dei nomi più richiesti del teatro leggero italiano e della rivista, fino ad approdare sul set di Teresa Venerdì (1941) dove Vittorio De Sica le affidò il suo primo ruolo importante. In seguito interpretò alcune commedie come la delicata, commovente e divertente Campo de' Fiori (1943) e L'ultima carrozzella (1944, qui a lato), entrambe a fianco di Aldo Fabrizi. Poi questi due attori da commedia popolare si trasformarono all’improvviso in attori drammatici di cinema engagé per quella pietra miliare del cinema mondiale che fu Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini, che nel frattempo era diventato il suo compagno.
Il film le fece vincere il primo dei suoi cinque Nastri  d'argento. (Qui sotto una delle immagini più famose del cinema italiano).

In L'onorevole Angelina (1947) di Luigi Zampa , interpretò una donna di borgata " chiamata " a far politica, per rappresentare gli interessi della povera gente come lei.

Nel 1948 Roberto Rossellini ( ritratto con lei qui a sinistra) le fece interpretare l'episodio " La voce umana " in L’amore, altro Nastro d’argento.





Seguì il capolavoro Bellissima (1951), diVisconti, che le valse un altro Nastro d'argento, il quarto in 5 anni!





In seguito al “boom” mondiale del Neorealismo, la Magnani inizia un’intensa attività all’estero.
Prima è diretta dal più grande regista francese, Jean Renoir in La carrozza d’oro (1953), poi ci fu l’avventura americana: Mann, Cukor e Kramer la trasformarono in una diva internazionale, pur se della diva Anna non aveva né l’età nella bellezza. Nonostante ciò la Magnani conquistò immediatamente l’America: il suo forte temperamento e l’accento italiano fecero subito centro e si conquistò l’ambitissimo Premio Oscar già alla sua prima prova americana. Il film era La rosa tatuata ( The rose tatoo) di Daniel Mann.

Il 21 marzo 1956 divenne così la prima interprete italiana nella storia degli Academy Awards a vincere il Premio Oscar come migliore attrice protagonista. Sette anni più tardi l’avrebbe vinto la Loren, recitando però in italiano. Per lo stesso ruolo, vincerà anche un BAFTA quale attrice internazionale dell'anno e il Golden Globe per la migliore attrice in un film drammatico.

Un altro prestigioso riconoscimento internazionale fu quello conferitole nel 1958 al Festival di Berlino per Selvaggio è il vento( Wild is the wind) di George Cukor. Per lo stesso ruolo vinse anche il suo primo David di Donatello e venne nominata per la seconda volta al premio Oscar, che però andò a Joanne Woodward. Proprio quest'ultima  sarà la rivale che con lei si contenderà Marlon Brando in Pelle di serpente (Snakeskin) di Mann, altra sublime interpretazione (a lato).
Tornata in Italia vinse il quinto e ultimo Nastro d'Argento per Suor Letizia - Il più grande amore e il suo secondo David di Donatello per Nella città l'inferno.


Dopo un paio di anni di assenza dagli schermi, la Magnani fu a lungo corteggiata da Pasolini, che come dieci anni prima Visconti, voleva ad ogni costo lavorare con lei.

Il risultato del loro incontro fu Mamma Roma, del quale entrambi rimasero insoddisfatti. Diversa fu l’accoglienza del pubblico e della critica, soprattutto in Francia, che in quegli anni era la maggior estimatrice del nostro cinema.

Nel ’69 il grande regista Stanley Kramer la diresse nella commedia Il segreto di Santa Vittoria, che rappresentò una delle pochissime incursioni cinemtografiche della Magnani di quel decennio.

La situazione del cinema italiano era infatti notevolemente mutata e i registi che l’avevano resa grande non la cercavano più: Rossellini le aveva proferito, anche nella vita, Ingrid Bergman; Visconti, che prima la idolatrava, scelse come sua nuova icona la Cardinale; De Sica si dedicò esclusivamente alla Loren. Ma gli anni ’60 furono soprattutto gli anni di Fellini, che aveva sempre ignorato la Magnani, nonostante l’amicizia che li legava.
Perciò Anna lasciò il cinema per tornare con successo a teatro, dove fu diretta da grandi autori come Franco Zeffirelli, Anhouil che la fecero trionfare sui palcoscenici di tutta Europa. Recitò anche per la Tv (La Sciantosa, L’automobile).

Infine anche Fellini espresse il desiderio di lavorare con lei e la chiamò per una breve e celebrativa apparizione in Roma (1972), perché secondo lui “Anna Magnani è Roma”.

Fu l’ultima apparizione di Anna, malata di canco al pancreas. Il 26 settembre 1973, all’età di 65 anni, si spense, nella sua Roma, la più lucente stella del firmamento cinematografico italiano. Il suo funerale si trasformò in un evento pubblico quando il suo feretro venne accolto da infiniti e commossi applausi.
È sepolta nel piccolo cimitero di S. Felice Circeo (Latina), nei pressi della sua villa.

VITA PRIVATA


Il matrimonio col regista Alessandrini non durò molto e dalla breve relazione con l’attore Massimo Serato, molto più giovane di lei, ebbe un figlio, Luca, nato del ’42. Abbandonata appena fu resa nota la gravidanza, l'attrice riuscì ad imporre il proprio cognome al figlio, proprio come la madre Marina fece con lei, confermando così una sorte di tradizione familiare che vedeva il protrarsi del cognome Magnani .
Quando morì al suo capezzale aveva, oltre al figlio, anche Rossellini.

lunedì 1 novembre 2010

Settimana dedicata ad Anna Magnani


Questa settimana la dedicherò ad un'altra attrice che con Visconti ha raggiunto uno dei suoi momenti migliori.
La prima grande attrice italiana.
Antidiva per eccellenza, Anna Magnani è stata una figura chiave del cinema italiano, trasformandosi nel simbolo del Neorealismo. Diretta da De Sica Rossellini, Visconti, Pasolini e Fellini, ovvero i massimi esponenti del cinema italiano, ha recitato pure in inglese in importanti produzioni hollywoodiane, diventando la prima e penultima attrice italiana a vincere il più glamour e famoso dei riconoscimenti cinematografici, l’Oscar.

Ecco i suoi film di cui parlo sul blog ( uno l’ho già inserito, di alcuni parlerò in questi giorni e altri prossimamente):

• Campo de' fiori (1943)

• Roma città aperta (1945)

Bellissima (1951)

• La carrozza d'oro (Le carrosse d'or) (1953)

• Siamo donne (V episodio) (1953)

• La rosa tatuata (The rose tatoo) (1955)

• Selvaggio è il vento (Wild is the wind) (1957)

• Pelle di serpente (The fugitive kind) (1959)

• Mamma Roma (1962)

• Il segreto di Santa Vittoria (1969)

Qual è il vostro preferito? A destra ho inserito un sondaggio!

giovedì 2 settembre 2010

Bellissima

                                                                   BELLISSIMA, 1951
A tre anni da La terra trema, Visconti torna con Bellissima, film nel quale riesce finalmente a lavorare con Anna Magnani. L'ispirazione venne da un'idea di Zavattini, ma la sceneggiatura fu poi scritta assieme a Francesco Rosi e Suso Cecchi D'Amico.


Allontanandosi da fonti letterarie, Visconti vuole dipingere una storia che sia allo stesso tempo ritratto di una donna e di un'intera generazione e allo stesso tempo un'amara riflessione sul cinema come fabbrica di sogni ma pure di incubi. È anche una critica al Neorealismo, che prendeva gli attori dalla strada illudendo centinaia di poveracci.

Oggi il Neorealismo non c'è più ma ci sono ancora migliaia, milioni di madri frustrate che sognano di vedere le proprie figlie a un concorso di bellezza, in tv o al cinema. Ci sono ancora milioni di aspiranti attori e attrici che fanno di tutti per arrivare. Ma ancora peggio, oggi più del cinema, la meta più agognata è il piccolo schermo, per diventare semplicemente dei personaggi.




TRAMA
La protagonista, dal non casuale nome Maddalena, è una madre convinta che la figlioletta di cinque anni (Tina Apicella, commovente) possa diventare una stella del cinema. Così la iscrive a danza, le fa fare lezioni di portamento, le fa cucire vestiti ad hoc e la fa posare per un fotografo. Poco importa se la bambina non è portata per queste cose e vorrebbe solo vivere i suoi cinque anni come una bambina normale. Presto Maddalena scopre che il mondo delle audizioni non è facile: centinaia di madri accompagnano le loro figlie ai provini e pare che il nome della prescelta sia già scritto. Tutto inutile? Maddalena non si dà per vinta e risponde alle lusinghe di un certo Annovazzi (Walter Chiari), un uomo che lavora nel mondo del cinematografo. Pur senza arrivare all'adulterio, Maddalena  accetta comunque di civettare con l'uomo finchè questo non le garantisce un provino per Blasetti.
Dopo innumerevoli sacrifici (anche economici) la bambina arriva al provino e scoppia a piangere. Gli addetti ai lavori, il regista (Blasetti in persona fa un cammeo) e lo stesso viscido personaggio di Chiari scoppiano a ridere. Maddalena, di fronte alla penosa scena irrompe nella stanza e fa una scenata rimproverandoli per aver riso così di una povera bambina.

Così Maddalena, proprio come il personaggio biblico che porta il suo nome, si ravvede e capisce il proprio errore. La sua bambina non ha bisogno di sfondare al cinema per diventare qualcuno.

Ed ecco che come per magia, il furfante , pentito, la chiama: Blasetti vuole la bambina.

Ma Maddalena dice di no e tutta la veemenza che prima ha sfoggiato per ottenere l'ingaggio della figlia ora la pone nel rifiuto categorico.

Ancora oggi attualissimo, è uno dei film viscontiani più amati dalla critica e amato fin da subito anche dal pubblico grazie alla presenza della Magnani che offre una superba prova d'attrice coronata dal Nastro d'Argento.