Visualizzazioni totali

Visualizzazione post con etichetta Keira Knightley. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Keira Knightley. Mostra tutti i post

martedì 10 febbraio 2015

The imitation game: un film che tutti dovrebbero vedere

THE IMITATION GAME,
UK, 2014
di Morten Tyldum
con Benedict Cumberbatch, Keira Knightley, Charles Dance, Matthew Goode, Mark Strong
Genere: Biografico
Se ti piace guarda anche: Il discorso del re, La teoria del tutto.
CANDIDATO A 8 PREMI OSCAR

Film interessante, di cui si sta parlando molto, da una parte per i premi e consensi di pubblico che sta ottenendo, dall’altra per l’importanza storica del personaggio portato in scena. Per questo è un film che va assolutamente visto: Alan Turing, oltre ad essere un grande fisico, è l’uomo che Churchill definì l’individuo ad aver dato il maggior contribuito alla vittoria degli alleati durante la seconda guerra mondiale salvando milioni di vite grazie alla decodificazione dei messaggi nazisti ed è pure uno dei pionieri dell’informatica. Troppi meriti per un unico uomo? Già, se ci pensate è anche per merito dei suoi studi e dei suoi sperimenti che ora state leggendo questo articolo. Eppure sono stati gli mezzi di comunicazione che ne hanno taciuto la sua rivelanza storica perché Turing era gay e fu condannato per questo crimine portandosi nella tomba i suoi contributi in quanto aveva agito per i servizi segreti. Solo nel 2013 la Regina Elisabetta gli ha concesso una grazia postuma.
Tutto questo nel film sceneggiato da Graham Moore e basato sul romanzo di Andrew Hodges c’c’è, ma ci sono anche alcune inesattezze storiche, rilevata da decine di studiosi che si sono espressi a riguardo, stroncando il film in quanto pieno di inesattezze storiche che non è possibile riprendere in una recensione. Mi limiterò alle più eloquenti, quelli che riguardano l’uomo, e non lo scienziato: Turing non aveva comportamenti autistici, non aveva problemi a relazionarsi con gli altri, non mostrava atteggiamenti arroganti, non chiamò nessuna sua macchina Christopher (al quale tuttavia era davvero legato), non si mise mai a capo della sua squadra e non licenziò mai nessuno, il suo team era composto da migliaia di studiosi, con la fidanzata Joann Clark era molto più romantico, non fu una spia, non fu derubato da un prostituto, ma da un conoscente di un ragazzo che frequentava..

Insomma il film da un lato fa giustizia a un grande eroe della nostra storia, dall’altro sembra riservargli lo stesso atteggiamento discriminatorio che la storia gli ha riservato, non si capirebbe altrimenti la necessità di renderlo così antipatico quando in realtà non lo era. Come se uno non possa essere geniale e normale allo stesso tempo…Del resto abbiamo assistito a tantissimi biopic in cui criminali e assassini venivano dipinti come simpatiche canaglie o personaggi dotati di una certa tragicità, perché rappresentare dunque un genio come una persona detestabile, definita dai suoi stessi amici “mostro e strambo” quando in realtà non lo era affatto?
Polemiche a parte, The imitation Game è Il discorso del re di quest’anno: stesso stile trasparente, attore inglese protagonista bravissimo, regista sconosciuto, musiche di Desplat. Anche le nomination all’Oscar sono identiche, e tutte francamente esagerate. Ma c’è una sostanziale differenza, che rende la visione un must: qui non si parla di un re che balbettava, bensì di un uomo che ha cambiato la storia.

VOTO: 7+

martedì 19 agosto 2014

Il film sorpresa dell'anno

TUTTO PUÒ CAMBIARE
(BEGIN AGAIN)
Di John Carney
USA, 2014
Con Keira Knightley, Mark Ruffalo, Adam Levine, Hailee Steinfield, James Gorden, Catherine Keenr, CeeLo Green
USCITA ITALIANA: ottobre
Se ti piace guarda anche: A proposito di Davis, Il solista, August Rush- La musica nel cuore

TRAMA
Dan viene licenziato di punto in bianco dalla casa discografica presso cui lavora e la vita privata non va meglio: divorziato di recente, vede la figlia raramente. Disperato, si ubriaca in un locale dove la sua attenzione viene attirata da una giovane cantante fatta salire con forza sul palco: si tratta di Greta, alla quale propone di contattarlo per un contratto discografico…


COMMENTO
Nel 2006 John Carney debuttò con Once, film musicale low budget che si rivelò una grande sorpresa e arrivò fino agli Oscar vincendo nella categoria migliore canzone originale.
Oggi il regista irlandese propone un nuovo film musicale, ancora una volta incentrato sul rapporto tra una donna e un uomo che si aiutano a vicenda con la musica.
A cambiare è la location, una New York splendida, e gli attori, non degli sconosciuti, ma un Mark Ruffalo ancora una volta perfetto, una Keira Knightley mai così brava che si dimostra anche brava cantante, il leader dei Maroonn 5 Adam Levine che si dimostra anche un bravo attore, la ritrovata Hailee Steinfield lanciata da IlGrinta e il rapper e musicista CeeLo Green in un ruolo parzialmente autobiografico e autoironico.
Una trama ricca di colpi di scena e trovate simpatiche, tra cui quella, che vale da sola il prezzo del biglietto, con Mark Ruffalo che si immagina degli strumenti suonati da una band invisibile mentre Keira Knightley canta accompagnata solo da una chitarra.
Il risultato è una una favola che mette buonumore e che ruota attorno al potere della musica. La musica è salvezza nella disperazione, compagnia nella solitudine, magia, ispirazione, divertimento, introspezione, dolore ed entusiasmo. E l’entusiasmo che i personaggi impiegano per realizzare il loro album live e on the road, nei sensi davvero letterali dei termini, è contagioso.
La musica ascoltata nel film è inoltre veramente piacevole: le canzoni, scritte, tra gli altri, dall’ex frontman dei New Radicals (ve li ricordate?) Gregg Alexander e dall’ex attrice bambina Danielle Brisebois, sono quasi tutte cantate da Keira Knightley e Adam Levine.
In poche parole, un piccolo film destinato a diventare la grande sorpresa della stagione, o addirittura dell’anno. Dedicato agli amanti della musica, di New York, delle storie non convenzionali: ne uscirete col sorriso sulle labbra.

VOTO: 8,5

mercoledì 6 marzo 2013

Anna Karenina: una versione audace e virtuosistica che imprime nuovo fascino al classico di Tolstoj

ANNA KARENINA
di Joe Writght
Uk, 2012
con Keira Knightley,
Jude Law, Aaron Taylor-Johnson, Alicia Vikander, Matthew MacFayden, Emily Watson.
 Genere: dramma in costume


Se ti piace guarda anche: Moulin Rouge, Dogville, Espiazione, Orgoglio e pregiudizio, The Last station, Marie Antoinette


Tutti vivono (…), solo io non vivo… E loro si scagliano contro Anna. (…) Di cosa mai è colpevole? Vuole vivere. Dio ci ha messo questo nell’anima.
Lev Tolstoj, Anna Karenina

Anna Karenina era una ragazza innamorata e per questo duramente giudicata e punita dal pubblico che assisteva alle sue vicende private, quindi quale miglior modo di rappresentare la sua storia se non con un film-teatro?
 
La sua vita sentimentale sembrava svolgersi su un palcoscenico? Joe Wright ha avuto la deliziosa idea di presentarcela dunque su un palcoscenico, con scenari che vengono cambiati “in diretta” dietro agli attori, dentro a un grande teatro non solo di posa. Virtuosismo eccezionale che lascia senza fiato soprattutto nella prima parte del film, quando lo spettatore è abbagliato da tanta virtù combinata all’audacia. Una volta che il gioco smette di stupire, cala l’attenzione, a causa anche di una sceneggiatura che provoca più di un danno nell’ultima parte della pellicola, complice la penna del drammaturgo ceco naturalizzato inglese Tom Stoppard, già premio Oscar nel 1999 per Shakespeare in Love.
 
Ma la sua colpa non è certo quella di aver raggelato il pathos del romanzo: è una scelta stilistica personale e precisa che semmai va lodata. Di trasposizioni calligrafiche di Anna Karenina ne abbiamo già viste, ma non ci saremmo mai aspettati di vedere un adattamento visivamente tanto audace di un romanzo tanto classico.

 La confezione è sontuosa, gli attori bravi, ma è una cinema da studio, che riproduce generi e atmosfere più che crearli davvero e in fondo non riesce mai a vivificare davvero il temo caro a McEwan (…). 
Paolo Mereghetti, recensione di Espiazione, 2007

 La stessa definizione si potrebbe attribuire ad Anna Karenina, con la differenza che questa volta Wright, seppur non riuscendo a vivificare i sentimenti dei propri protagonisti, è stato in grado di raccontare una storia notissima in un modo che sappia stupire.
La colpa di Stoppard è quella invece di aver mal semplificato alcuni passaggi fondamentali.
La grandezza del romanzo di Lev Tolstoj, al quale “niente della letteratura europea dell’epoca può esserle paragonato” secondo Dostoevskij consisteva nell’uso sapiente del monologo interiore, molti decenni prima della Woolf e di Joyce.
Al lettore nulla dell’animo di Anna (e degli altri personaggi) è insondabile, con conseguente partecipazione al dramma interiore che vive la protagonista. Il film elimina del tutto tale dramma e ne (rap)presenta solo gli aspetti esteriori, riducendo le ultime scene tra Anna e Vronskij in siparietti isterici e trasformando la tragica eroina in una donna capricciosa e irritante alla quale la recitazione della protagonista non riesce sempre adattarsi. 

Anna non sembrava una signora della società o la madre d’un figlio di otto anni, ma avrebbe somigliato piuttosto a una ragazza di vent’anni per l’agilità dei movimenti, per la freschezza e la vivacità che irradiava dal suo volto e che si faceva strada ora nel sorriso, ora nello sguardo, se non ci fosse stata l’espressione dei suoi occhi, seria, a volte triste..

Lev Tolstoj, Anna Karenina

La descrizione fisica si addice perfettamente a Keira Knightley, finalmente in un ruolo che dà giustizia alla sua bellezza e alla sua bravura, soprattutto nella prima folgorante parte.
Keira Knightley, Joe Wright e Dario Marianelli sono un trio perfetto, giunto alla terza collaborazione. E a loro tre potremmo aggiungere Jacqueline Durran. Chi? Infatti..
A proposito di collaboratori ecco un film in cui vanno riportati nomi e cognomi del cast tecnico, semplicemente superbo: la colonna sonora del già citato Dario Marianelli è l’ennesima conferma di un grande talento, i costumi, giustamente premiati con l’Oscar sono appunto di Jacqueline Durran, e le scenografie, magnifiche di Seamus McGarvey.

Inutile quindi insistere sul prosciugamento emotivo dell’opera o la schematizzazione dei personaggi o ancora la riduzione dei loro ruoli (nel romanzo praticamente non vi è distinzione tra personaggi principali e secondari): il film di Wirght fornisce una nuova, dignitosa versione dell’immortale opera di Tolstoj che a quanto pare non smette mai di insegnarci, perché

ci sono tanti generi d'amore quanti cuori

e ci sono tanti adattamenti quanti sono i registi. Questo è un adattamento originale e personale.

 VOTO: 8+ 




venerdì 30 settembre 2011

Keira Knightley: la carriera

Oggi esce nei cinema l'ultimo film con Keira Knightley, icona del blog di questo mese che finisce. Un'occasione pe ripercorrere la sua carrierra...


Keira Knitghley, nata il 26 marzo 1985 in Regno Unito, è senz’altro una delle migliori attrici nate negli anni ’80, grazie a una versatilità e una disposizione a mettersi in gioco che l’ha portata a spaziare da commedie brillanti (la deliziosa Bend it like Beckham - Sognano Beckham o l’insopportabile, ma di enorme successo, Love Actually), a blockbuster per famiglie (la fortunatissima trilogia dei Pirati dei Caraibi), passando per un horror (The Hole) e action (Domino, King Arthur) ma specializzandosi soprattutto in adattamenti letterari in costume di registi esordienti o poco noti, che in alcuni casi le hanno portato molto successo come quelli di Joe Wright (Orgoglio e Pregiudizio e Atonement-Espiazione).



In seguito a questi due grandi successi di critica e agli esorbitanti incassi dei Pirati dei Caraibi, la stella di Keira è sembrata però offuscarsi negli ultimi anni, a causa di film sulla carta interessanti ma ignorati dal pubblico (Seta, The Duchessa, Last Night, The Edge of Love, che da noi non è stato neppure distribuito o London Boulevard che da noi è arrivato con quasi un anno di ritardo, fino all’atteso ma di fatto ignorato Non lasciarmi ).



Ora grazie a Cronenberg e il suo Dangerous Method che l'ha portata al Festival di Venezia, la sua stella è tornata a brillare in una pellicola che è sì un film d’autore ma anche un’opera in grado di attirare pubblico e riconoscimenti.



Grazie alla fortuna della serie de I Pirati dei Caraibi, dalla quale si è però saggiamente tirata indietro al terzo capitolo, ha potuto dedicarsi anche a molte opere commercialmente deboli se non fallimentari, che però le hanno permesso di lavorare in produzioni indipendenti e con registi promettenti ma ancora sconosciuti.




Pochissime altre attrici possono vantare una carriera così coerente e coraggiosa:


• Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma (Star Wars: Episode I - The Phantom Menace), regia di George Lucas (1999): un esordio col botto



• The Hole, regia di Nick Hamm (2001): un horror claustrofobico e interessante


• Sognando Beckham (Bend It Like Beckham), regia di Gurinder Chadha (2002): il film inglese di maggior successo dell’anno, una piacevolissima commedia multietnica


• La maledizione della prima luna (Pirates of the Caribbean: The Curse of the Black Pearl), regia di Gore Verbinski (2003): godibile fiaba per famiglie, fu un autentico colpo di fulmine per il sottoscritto e un successo enorme in tutto il mondo.



• Love Actually - L'amore davvero (Love Actually), regia di Richard Curtis (2003): altro enorme successo al box office, è diventato un classico delle commedie romantiche, ma personalmente l’ho trovato davvero fastidioso.



• King Arthur, regia di Antoine Fuqua (2004): tanta pubblicità, poca sostanza



• The Jacket, regia di John Maybury (2005): piccolo film da recuperare



Orgoglio e pregiudizio (Pride & Prejudice), regia di Joe Wright (2005): con la nomination all’Oscar ad appena 19 anni arriva la definitiva consacrazione.



Domino, regia di Tony Scott (2005): un film esagerato, al limite del virtuosismo: da amare o da odiare



• Pirati dei Caraibi - La maledizione del forziere fantasma (Pirates of the Caribbean: Dead Man's Chest), regia di Gore Verbinski (2006): aumentano gli incassi e la durata, ma diminuisce drasticamente la qualità.



Pirati dei Caraibi - Ai confini del mondo (Pirates of the Caribbean: At World's End), regia di Gore Verbinski (2007): sempre meglio al botteghino (un’autentica garanzia) e sempre peggio in termini di valore cinematografico.



Espiazione (Atonement), regia di Joe Wright (2007): Il triangolo Wright, Knightley e letteratura torna a fare scintille: una pioggia di nomination agli Oscar, ma il film è poco più che discreto.



• Seta (Silk), regia di François Girard (2007)- dalla brevissima e squisita novella di Baricco vengono tolte ogni traccia di lirismo e delicatezza: la dimostrazione del talento di Keira, unico motivo per vederlo. La scena finale, di lei che mentre si allontana nel mare guarda lo spettatore vale l’intera visione.



• The Edge of Love, regia di John Maybury (2008): commedia con Sienna Miller ambientata nei primi del ‘900 da noi inedita.



La duchessa (The Duchess), regia di Saul Dibb (2008): magnifici costumi e parrucche, ottima idea di partenza, ma alla fine è una rivisitazione all’inglese di Marie Antoinette



• Last Night, regia di Massy Tadjedin (2010)- l’amore tra Keira e la letteratura sembra infinito: è l’esordio alla regia di una scrittrice, passato però inosservato nonostante il cast.



Non lasciarmi (Never Let Me Go), regia di Mark Romanek (2010): altra trasposizione attesissima che però non scuote i botteghini



• London Boulevard, regia di William Monahan (2010): finalmente una storia ambientata ai giorni nostri, ma i risultati sono gli stessi.



A Dangerous Method, regia di David Cronenberg (2011): Cronenberg racconta i padri della psicanalisi: un film attesissimo che ha deluso per la sua “normalità” e il suo stampo poco cronenberghiano, ma che proprio per questo potrebbe diventare un classico. Da stasera al cinema, da non perdere!

sabato 10 settembre 2011

Venezia 2011: le star viste da me




Dopo aver parlato della qualità dei film, parliamo delle star viste da vicino..

Il Leone alla simpatia lo assegno ex aqueo ai tre bastardi senza gloria Cristoph Waltz, Michael Fassbender ed Eli Roth, disponibilissimi e gentilissimi con i fan. L’ultimo dei tre in particolare, ogni sera aveva un gruppo di fan coi quali si fermava a parlare e scherzare e dai quali accettava poster e regali.

Tutta la mia stima va però a Fassbender, non solo per il coraggio di interpretare un film come Shame, ma anche per il sorriso che nessuno sembrava riuscire a togliergli dalla faccia, nemmeno il pubblico che continuava a chiamare Keira mentre lui firmava autografi..

Per quanto riguarda gli italiani, invece, i più disponibili sono Filippo Timi e Stefano Accorsi (interpreti di Ruggine), davvero squisiti.


Tra le star femminili, la più gentile e cordiale tra le italiane è sicuramente Carolina Crescentini, anche bellissima. Ma la più bella del reame è Valeria Solarino, placida e solare.


Valeria Golino e Asia Argento sono invece evidentemente troppo dive per degnare il pubblico. Anche se l’Argento ha davvero poco per darsi delle arie considerando che un tempo ai festival ci andava per presentare film in concorso e questa volta invece era al Lido per pubblicizzare una fiction Mediaset che la vede accanto alla Arcuri.

In ogni caso, quella sera il pubblico aspettava solo Madonna (la foto qui accanto è l'unica non scattata da me), unica legittima diva, alle prese con visibile difficoltà motorie causate da un vestito con strascico troppo lungo e scarpe con tacco troppo alto. In poche parole, Madonna non ha fatto quei tre fatidici gradini che l’avrebbero avvicinata a quei fan che l’attendevano dal mattino.


 
Evan Rachel Wood è dolcissima, calmissima e bellissima e ha posato con i fan e firmato diligentemente autografi. Kate Winslet, esplosiva nei suoi vestitini strettissimi, ha accontentato alcuni fan all’anteprima di Carnage, mentre a quella di Mildred’s Piece, arrivata in ritardato, ha dovuto disertare i fan, ai quali ha rivolto uno sguardo costernato.



In ritardo anche Keira Knightley e il resto del cast di A Dangerous Method, il che ha innervosito non poco il buon Müller. Dopo aver attraversato piuttosto velocemente il red carpet, la protagonista del film di Cronenberg è comunque scesa per firmare, velocemente, un paio di autografi.

Quando la scelsi come icona del mese del blog, ovviamente l’ho fatto in onore del film di Cronenberg, ma anche perché Keira è da sempre una delle mie attrici preferite. Mai avrei immaginato però di ritrovarmela a 50 cm di distanza e posso assicurarvi che è stata una delle visioni più belle dell’intera mia esistenza. E se il film mi ha un po’ deluso, lei al contrario, mi ha lasciato senza fiato.

mercoledì 6 aprile 2011

Non lasciarmi: la delusione della stagione

NON LASCIARMI
(NEVER LET ME GO)
DI MARK ROMANEK, UK2010,
Due bambine (Carey Mulligan e Keira Knitghtley) e un bambino (Andrew Garfield) frequentano un collegio inglese come tanti altri, o almeno è quello che credono finché una nuova insegnante (Sally Hawkins) non rivela che in realtà si tratta di una scuola per cloni destinati a diventare donatori di organi che dopo un paio di donazioni esauriranno il loro ciclo vitale. Nessuno di loro perciò arriverà all’età adulta. La docente viene subito licenziata dalla preside (Charlotte Rampling), ma ormai il danno è fatto. I tre protagonisti trascorreranno insieme gli anni dell’adolescenza, poi si divideranno per poi ritrovarsi al termine del loro compito. Nemmeno l’amore, tanto rincorso, sognato e sofferto, potrà salvarli.

Con un cast del genere, una storia simile, un regista tra i più visionari e soprattutto un romanzo di tanto valore e successo le aspettative erano giustamente alte, ma il risultato è l’ennesima trasposizione letteraria non riuscita, nonché il peggior film delle brevi e finora strabilianti carriere di Andrew Garfield e Carey Mulligan. Non che in questo film non recitino bene, anzi: Garfield riprende i toni drammatici di Parnassus- L'uomo che voleva ingannare il diavolo e soprattutto Boy A e dimostra ancora una volta di essere un ottime interprete. Lo stesso vale anche per la Mulligan, che dopo An education e Wall Street: il denaro non dorme mai offre un’altra intensa prova. Keira Knigthley continua ammirevolmente a distruggere l’immagine divistica che le hanno creato intorno, ma se continua a recitare solo in film piccoli e invisibili rischierà lei stessa di diventare invisibile. Sprecate le apparizioni della Rampling e della Hawkins recentemente ammirata nel buon We want sex.

I giovani e bravi protagonisti sono l’unico elemento positivo di un film per il resto trascurabile eppure inspiegabilmente osannato dalla critica statunitense. Servito da una pessima sceneggiatura che porta la firma dello scrittore e sceneggiatore Alex Garland, l’adattamento del celebre romanzo Never let me go di Kazuo Ishiguro, eletto dal Time miglior romanzo del 2005 dà vita a un film senza mordente e senza emozioni. Tante questioni non sono nemmeno accennate: come sono arrivati nel collegio i protagonisti? di quali persone sono cloni?, ecc. In fondo si potrebbe rispondere “chi se ne importa”, il cuore della storia è altrove e i buchi potrebbero essere colmati dal pathos della vicenda, peccato che gli unici ad emozionarsi sono questi cloni: Carey Mulligan piange divinamente e spesso, eppure non riesce a coinvolgere lo spettatore nel suo dramma. La sua travagliata storia con Tim, che viene annunciata con un’interminabile e superflua parte iniziale sull’infanzia e ostacolata da Ruth-Knitghtley, quando finalmente esplode ha a disposizione solo un paio di scene che deludono le aspettative dello spettatore a cui tanto era stato promesso fin dalle prime immagini.

Ma ciò che più infastidisce sono i dialoghi, del tutto didascalici e completamente inutili. Non ho letto il romanzo quindi non so a chi attribuire la colpa: al romanziere, allo sceneggiatore, all’adattatore italiano?

I colori e l’ambientazione sono azzeccati: ambientare quella storia di fantascienza in un tempo indefinito che sembra più vicino al passato che al futuro è un’idea vincente, ma ciò non basta a salvare un film senza alcun ritmo che lo fa apparire interminabile quando in realtà è brevissimo.

Per ultimo la fotografia: con una tale ambientazione e un regista del genere, i risultati potevano essere ben diversi. Le uniche inquadrature che vorrebbero essere poetiche (un uccellino su una teiera, una spiaggia al tramonto) risultano stucchevoli e pretestuose.

Dal visionario regista di videoclip inseriti nientemeno che nella collezione permanente del MOMA in quanto considerati autentici capolavori d’arte (Closer dei Nine Inch Nails e Bedtime Story di Madonna) era legittimo aspettarsi molto di più di una regia più che accademica. Anche se del resto già il primo film di Mark Romanek, One hour photo, si era rivelato molto meno interessante di quanto sembrasse.

Il punto di forza di Romanek sono infatti i video musicali: ne ha diretto alcuni molto interessanti per artisti importanti come Keith Richards, Mick Jagger, David Bowie, Lenny Kravitz, Rem, Beck, Johnny Cash e per ultimi i Coldplay. L’anno di svolta per lui fu il 1994, quando diresse Closer dei Nine Inch Nails, il cui contenuto però potrebbe impressionare qualcuno, e Bedtime Story di Madonna (a fianco), visionario e notturno, costato oltre 2 milioni di dollari e diventato il video più costoso di tutti i tempi. Ma per poco: infatti nel 1996 Romanek diresse il futuristico e spettacolare Scream di Michael e Janet Jackson, tutt’ora il più costoso in assoluto.

VOTO: 6-