MELANCHOLIA
di Lars Von Trier,
Danimarca, Svezia, Francia, Germania
PRESENTE IN 54 SALE ITALIANESe ti piace guarda anche: The Tree of Life, Festen, Armageddon, Il Giardino delle vergini suicide
La prima parte potrebbe essere un preambolo alla seconda, , ma non lo è, perché non aggiunge assolutamente nulla né alla trama né alla descrizione dei personaggi e quindi appare del tutto superflua, se non addirittura dannosa: la presentazione dei genitori di Justine (Kirsten Dunst) e Claire (Charlotte Gainsbourg) non ci fa capire meglio le due protagoniste, anzi, rivela i limiti di uno sceneggiatore che descrive due genitori del tutto inverosimili in quanto troppo diversi dalle figlie. La madre (Charlotte Rampling) odia il matrimonio e il conformismo, e non ha nessuna parola gentile per la figlia; il padre (John Hurt), anziano, pensa solo alle donne e non ha alcuna intenzione di parlare con la figlia come da lei supplicato. Le figlie non hanno nulla a che spartire con questi personaggi: Justine è una ragazza romantica, gentile, attraversata da dure crisi che la rendono scostante e triste e che finiscono per rovinare il suo matrimonio; Claire è completamente dedita al marito (Kiefer Sutherland) e al figlio e si prende cura pure della sorella, che nella seconda parte è in preda a una grave crisi depressiva.
A parte qualche inserto comico (tra cui la limousine, il wedding planner di Udo Kier e il gioco dei fagioli sono quelli migliori) e bizzarro (la neosposa rifiuta di fare l’amore con il marito e la prima notte di nozze obbliga un ragazzo a una sveltina), il ruolo della prima parte serve solo ad allungare la pellicola di un’ora, e a mostrare una Kirsten Dunst sposa sbalorditiva per bellezza e bravura.
La seconda parte, che dura circa 80 minuti, è un film a sé ambientato interamente nella casa di Claire (a Tjolöholms, in Svezia), dove quattro personaggi attendono l’arrivo di questo pianeta che potrebbe distruggere la Terra.
Eppure, nonostante Wagner e una camera a mano sempre febbrile, la tensione non è mai palpabile.
Lars Von Trier ha voluto fare un film apocalittico d’autore: impresa ambiziosa e fallita, nonostante qualche bagliore di poesia e un paio di immagini degne di grande cinema: poche per una pellicola di due ore e mezza che non riesce a emozionare lo spettatore.
Ripensando alle passate eroine del regista, e soprattutto alla Bess de Le onde del destino e alla Selma di Dancer in the Dark, ma in parte anche la Grace di Dogville, Justine e Claire fanno davvero una magra figura: non emozionano, non coinvolgono, non convincono.
Sappiamo troppo poco di loro, non sono le strambe protagoniste dei suoi film precedenti che commuovevano lo spettatore per poi sconvolgerlo nella seconda parte quando, programmaticamente venivano violentate da una trama crudele.
Justine (nessun riferimento a Sade, peccato) è una ragazza incostante nella prima parte, che soffre poi di una misteriosa depressione che la rende apatica e antipatica nei confronti degli altri personaggi ma anche dello spettatore. Ed è un peccato che in questo secondo atto si limiti a girare nella casa come uno zombie, dopo aver dato vita, nella prima parte a un personaggio altamente drammatico, che dovrebbe essere all'apice della felicità e che invece fa di tutto per essere infelice perché logorato dentro da una grande insoddisfazione cronica che la porta a rovinare tutto.
Il personaggio di Claire, invece semplicemente non è pervenuto: si limita ad agitarsi e muoversi in questa immensa casa, il che è un po’ poco per renderla un’eroina indimenticabile, anche se l’interpretazione di Charlotte Gainsbourg è sublime, più di quella di Kirsten Dunst, premiata al Festival di Cannes come miglior attrice pur non essendo la vera protagonista del film e campeggiando ciononostante sulla locandina.
VOTO: 6,5