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mercoledì 28 novembre 2012

Killer Boh..



KILLER JOE
Di William Friedkin,
USA, 2011
Con Emile Hirsch, Matthew McConaughey, Juno Temple,Thomas Haden Church, Gina Gershon.
 
Se ti piace guarda anche: Non è un paese per vecchi, Fargo
TRAMA
Un ragazzo chiede al padre di aiutarlo ad uccidere la madre per incassare la polizza sulla vita di 50.000 dollari. I due assoldano un killer, che chiede però 25.000 dollari, che verranno poi spartiti tra figlio, sorella, padre e matrigna. Non potendo pagare nemmeno un anticipo, i due uomini offrono la verginità della loro -rispettivamente- sorella e figlia.

RECENSIONE
Il 77enne William Friedkin, regista di un film di culto come L’esorcista (1977) ed ex marito di Jeanne Moreau, dirige con l’irruenza, la freschezza, il divertimento e l’irriverenza di un esordiente.
Questo bisogna ammetterlo. Ma che dire del contenuto e del messaggio del film?
Boh.
Mi arrendo.
Vorrei tentare un’analisi critica attenta del film.  
Ma non ce la faccio.

mercoledì 14 ottobre 2009

Recensione di TAKING WOODSTOCK

Dopo Lussuria Ang Lee torna in Occidente per raccontare l’evento rock più importante della storia: Woodstock. Lo fa proprio nel 40° anniversario di quel raduno e quindi sembrerebbe un progetto per omaggiare il grande festival. Ma non è affatto così: Lee esplora in realtà tutto quello che c’era al di là dell’evento rock, tutto tranne la musica, insomma. Questo è anche l’aspetto più curioso e divertente del film: un film su Woodstock senza quello per cui questa località è passata alla storia. Vediamo quindi il milione di giovani che si ritrovarono in questo posto sperduto per mettere in pratica la loro personalissima santa trinità: droga, sesso e rock’n’roll. In particolare seguiamo la vicenda (vera) di colui che rese possibile l’evento: un ragazzo ebreo succube della madre che grazie al movimento hippy ( e alla droga ) trova la forza di seguire la propria strada.
Ma se Ang Lee ci aveva abituati a stravolgere gli stereopi ( basta pensare ai cow boy gay di Brokeback Mountains) qui invece ne usa parecchi. Gli unici a non essere troppo stilizzati sono guarda caso gli omosessuali: il simpatico travestito Wilma ( un bravissimo Liev Schreiber) e il protagonista, che con molta naturalezza scopre la propria sessualità. Ma gli altri personaggi sono sempre a pochi passi dalla parodia (compreso il pur sembre bravo Emile Hirsch nei panni di un allucinato reduce di guerra).
E così l’evento musicale più grande della storia della musica è dipinto come un covo di drogati dediti al sesso promiscuo. Non aspettatevi dunque una grande colonna sonora o reincarnazioni degli idoli che infiammarono quel palco.
Rimane un film comunque gradevole che ci fa respirare l’aria (allucinogena) dell’epoca.
VOTO: 7

domenica 8 febbraio 2009

Recensione di MILK di Gus Van Sant

Storia dell'attivista omosessaule Harvey Milk, freddato da un politico rivale nella San Francisco degli '70.
Non è un brutto film e come biografia è ben fatta, ma Da Gus Van Sant mi aspettavo qualcosa di meno convenzionale. La telefonata di Emile Hirsch è l’unica nota originale in un film altrimenti troppo inamidato. 
Un po’ troppo hollywoodiano nello stile e per questo le 8 nomination agli Oscar non sono una sorpresa, nonostante il tema trattato. Bravissimi gli interpreti, da James Franco a Emile Hirsch, oltre che il protagonista Sean Penn. Quest'ultimo infatti compie quella metamorfosi che piace tanto all’Academy e si trasforma in Harvey Milk, copiandone ogni mossa, smorfia, tic proprio come Marion Cotillard fece l’anno scorso con Edith Piaf, vincendo l’ambitissima statuetta, o l’anno prima Helen Mirren e Forest Whitaker, oppure Reese Witherspoon e Philip Seymour Hoffmann, Jamie Foxx, Charlize Theron, Cate Blanchett. L’Academy premia chi meglio si immedesima nei panni di un altro! Per questo Penn ha tutte le carte in regole per vincere, perché a Hollywood preferiscono chi copia meglio piuttosto di chi inventa. L’originalità è spesso punita e l’America non è un paese per tipi originali. L’America del cinema mainstream ovviamente. Ma cosa vuol dire recitare? Creare un personaggio, dare vita ad un uomo esistente solo su carta oppure riportare in vita un personaggio già esistito? Sicuramente nella prima ipotesi c’è maggior inventiva ma anche maggior libertà, nella seconda l’attore compie un percorso di mimesi, a volte più faticoso, ma in qualche modo più falso e meccanico. E la falsità e la ripetitività trionfano spesso. Per fortuna Van Sant ha messo verità e sincerità nel suo lavoro.
VOTO : 7