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sabato 17 aprile 2010

ANTEPRIMA: Agora, ovvero la storia della martire del libero pensiero


Nell’ottobre del 2009 su Facebook, attraverso il gruppo "AGORÀ, il film su Ipazia di Alessandria. Alejandro Amenabar, 2009" è nata una petizione per distribuire il film in Italia. Gli iscritti attualmente sono più di 6000. La petizione è ancora on-line nonostante il film esca nelle nostre sale il 23 APRILE, dopo aver incassato la cifra record di 30 milioni di euro in Spagna, ma senza aver ottenuto alcuna distribuzioni in altri mercati importanti, nonostante l'Oscar per il film precedente del regista.

Sto parlando di AGORA, film che narra la storia di Ipazia, insegnante di astrologia nella Grande Biblioteca di Alessandria d’Egitto, viene massacrata dai cristiani per colpa del suo pensiero libero. L’assassinio avviene negli ultimi 5 minuti di film, ma svelando il finale non faccio altro che riportare una verità già nota per chi non va a vedere il film per caso.

Il giovane poliedrico regista spagnolo Amenábar (nella foto con Rachel Weisz all'ultimo Festival di Cannes) aveva già mostrato il suo spirito anti-cattolico nei due precedenti Mare Dentro, sul diritto dell’eutanasia e The Others, in cui fa pronunciare ad una grandiosa Nicole Kidman “Dio non permetterebbe mai che i morti convivano coi vivi”. Qui va ben oltre, scagliando una lancia contro la repressione culturale esercitata dalla Chiesa, sottolineandone i controsensi.

Dal film si evince che Ipazia nel V sec d.C. scoprì che la Terra compie un’orbita ellittica intorno al sole, anticipando quindi di una dozzina di secoli la rivoluzione di Keplero. Bisogna desumere che il regista, anche sceneggiatore, suggerisca che con l’improvvisa uccisione della scienziata, la scoperta non fu mai rivelata. 
Si tratta ovviamente di una sua invenzione.
È vero che Ipazia fu filosofa e astronoma, tant’è che perfezionò l’astrolabio e l’idroscopio e mise in dubbio, secondo quanto riportato dal suo allievo Sinesio, le teorie tolemaiche. Ed è purtroppo vero anche che fu trucidata selvaggiamente dai cristiani, allora il popolo più brutale della Terra. Il problema è che il regista ci cuce intorno un improbabile circo di invenzioni, attribuendo alla protagonista meriti storici che non ebbe.

Insomma diciamo che Amenabar ha osato un po’ troppo. Non tanto per l’anticattolicesimo o per l’aver modificare la Storia (dubito che il pubblico medio possa far differenza tra Tolomeo e Keplero) ma per avere creato una storiella collaterale che prosciuga il fascino potenziale del film. Purtroppo non ci risparmia nemmeno l’amore impossibile che questa donna esercita nei due personaggi maschili, finendo così per stravolgere l’unico fatto storicamente vero: ovvero la sua uccisione. Lo stesso Socrate Scolastico, teorico contemporaneo e difensore della Chiesa, sottolinea le colpe dei cristiani. Nei suoi scritti riporta che Ipazia fu vittima di una calunnia “ presso il popolo della chiesa, e cioè che fosse lei a non permettere che Oreste si riconciliasse con il vescovo” perciò un gruppo di cristiani «dall'animo surriscaldato, (…) tiratala giù dal carro, la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario; qui, strappatale la veste, la uccisero usando dei cocci. Dopo che l'ebbero fatta a pezzi membro a membro, trasportati i brani del suo corpo nel cosiddetto Cinerone, cancellarono ogni traccia bruciandoli.”
Il filosofo pagano Damascio (vissuto poco dopo i fatti) va oltre: «una massa enorme di uomini brutali, veramente malvagi [...] uccise la filosofa [...] e mentre ancora respirava appena, le cavarono gli occhi».

Nel film invece è il personaggio inventato di Davos, ex servo di lei innamorato dall’inizio, che per risparmiarle l’atroce morte, la soffoca amorevolmente dicendo poi ai compari che è svenuta. La mandria di cristiani quindi comincia a prenderla a sassate e il film si conclude, risparmiandoci la brutalità di quello che successe poi e informandoci che Cirillo, il vescovo che spinse a questo gesto estremo, fu santificato e proclamato dottore della Chiesa.

In effetti uno dei veri problemi del film è lo spazio eccessivo concesso al personaggio di Davos ( il venticinquenne Max Minghella), ex schiavo che vede nel cristianesimo la possibilità di diventare un uomo libero e uguale agli altri. Prima frustato dagli egizi perché cristiano, diventa persecutore di egizi ed ebrei perché non cristiani.

A proposito di schiavi: perché erano dei servitori maschi che la lavavano e la vestivano? Che fine hanno fatto le ancelle? Come mai non compare nessuna donna egizia o ebrea nel film?

In ogni caso, Davos è inventato, ma verosimile.


Semplicemente inaccettabile invece il fatto che Ipazia venga ripetutamente mostrata al lavoro sulla sua inesistente scoperta e vengano invece praticamente ignorate le sue vere invenzioni.

Si tratta comunque di errori storici, che potrebbero essere separati dall’esito estetico o sociale del film.

Ma anche dal punto di vista tecnico la pellicola appare più volte indifendibile: l’Alessandria ricostruita a Malta (stesso luogo di Il Gladiatore e Troy) non compete con le ultime ricostruzioni hollywoodiane e perfino le musiche del premio Oscar Dario Marianelli (sue le bellissime colonne sonore di Espiazione e Orgoglio e Pregiudizio) si rivelano invadenti e del tutto inadeguate.

A salvare l’operazione c’è la protagnosita Rachel Weisz, ammirevole nel rendere vero e vivo il suo bellissimo personaggio.

Per quello che riguarda la sua portata ideologica occorre dire che è efficace e affascinante nell’ultima mezzora, ma per i precedenti 100 minuti è un colossal insipido e maldestro che segna il primo passo falso di un regista finora in costante crescita come Alejandro Amenábar.
La mancanza di un distributore italiano fu subito associata al messaggio anti-cristiano del film e già quando fu presentato un anno fa a Cannes, si profetizzavano chissà quali accese polemiche nel nostro paese.
Polemiche che sono arrivate, ma in misura minore rispetto alle aspettative. La Chiesa del resto ha altro a cui pensare ultimamente. Francamente credo inoltre che non avrà molti spettatori. Ed è un peccato, perché il film riesce comunque nel sottolineare il costante e ancora attualissimo, paradosso cristiano : i rappresentanti di Cristo non facevano (e spesso fanno tuttora) altro che mettere in atto esattamente il contrario di ciò che il Nuovo Testamento insegna.
Amenabar poi crea riferimenti storici semplicistici e forse un po’ forzati che però evidenziano una realtà, ovvero che tutti i fanatismi si assomigliano.E così non è un caso che i cristiani del V secolo, barbuti e avvolti in grandi turbanti, ricordino allo spettatore lo stereotipo del fanatico islamico del XXI secolo, così come il motto “Dio è con noi” ci rimandi ai nazisti.
Eloquenti le scene in cui i cristiani distruggono selvaggiamente libri della grande biblioteca d’Alessandria, e ordinano la sottomissione assoluta della donna che non può insegnare e deve istruirsi nella propria dimora.

VOTO : 6

9 commenti:

  1. Di questo film ho sentito parlar molto, nell'ambiente pagano, ma sinceramente non mi attira troppo'. La figura di Ipazia mi e praticamente sconosciuta, ma non credo che un film imbottito di scemenze storiche sia il modo migliore per saperne qualche cosa di più.

    La sola cosa che m sembra azzeccata, così a scatola chiusa, è l'invito a riflettere su quello che significa essere fedeli ad un'idea e/o una religione e la differenza tra l'essere fanatici o invasati.

    Anyway, aspetterò il film su Sky

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  2. Uhm.. questo film potrebbe avere tutte le carte in regola per piacermi.. "colossal insipido e maldestro ".. forzature.. inesattezze.. ricostruzioni non all'altezza di quelle hollywoodiane.. pare il ritratto di Quo Vadis? :D

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  3. Quo vadis è anche squisitamente Kitsch, un classico. Questo non diventerà un classico!

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  4. Visto due sere fa. Allora, Amenabar è un dio con la cinepresa e si vede nella scena della distruzione della biblioteca con il capovolgimento dell'immagine. Il resto è il NULLA. Un polpettone forzatissimo, noiosissimo e pretenziosissimo. Mentre lo guardavo mi chiedevo cosa ne avrebbe tirato fuori von Trier, visto che la storia mi sembra molto adatta a lui. A mio parere "6" è anche troppo, qualcosina in meno...

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  5. questo film è veramente da vedere, fatto e riflettuto con molta attenzione ai particolari.

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  6. Troppo severo il tuo giudizio...
    Ho trovato il film importante soprattutto per la sua denuncia contro ogni forma di intolleranza e di fanatismo. Non un semplice kolossal, ma un film attualissimo che induce noi occidentali a un profondo esame di coscienza.
    Un plauso particolare alla protagonista.

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  7. ma è quello che ho detto anche io: ammirevole per la Weisz e per la portata ideologica, ma è un film fatto maluccio.

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  8. Straziante, specie alla fine, si stringe il cuore. Ovviamente è da vedere sotto l'ottica romanzata, anche se parla di una persona fantastica e un fatto, realmente accaduti, che si rischia di dimenticare...

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  9. Precisazione: persona fantastica in quanto da ammirare, non perché inventata!;)

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