Il 2014 è stato un anno di buon cinema, in linea col 2013: oltre una dozzina
i titoli che si possono definire buoni, col cinema indipendente statunitense a
farla da padrone, grazie soprattutto a titoli come Lei e Boyhood. I film “da
Oscar” sono stati dimenticati in fretta (12 anni schiavo, I segreti di Osage
County, American Hustle) e i grandi registi si sono confermati tali: Christopher Nolan, Wes Anderson, David Fincher, Martin Scorsese e i fratelli Coen. Lars Von Trier si
conferma autore controverso, capace di attirare molta attenzione con i suoi due
capitoli di Nymphomaniac e la futura versione non censurata. Unica eccezione
l’ottuagenario Clint Eastwood, col deludente Jersey Boys, ma ne ha già un altro
in cantiere. Fallita invece la consacrazione di Darren Aronofsky, che con il colossal biblico new age Noah non ha saputo
eguagliare i fasti de Il cigno nero.
Il 2014 è stato l’anno dell’inesauribile proliferazione di saghe distopiche
per teenager: Maze Runner, Divergent, Il mondo di Jonas e l’ultimo capitolo di
Hunger Games: tutti godibili, nessuno indimenticabile.
Da segnalare anche l’improvvisa
sparizione del cinema francese: dopo anni di fenomenali successi
commerciali (Quasi amici) e di critica (The Artist, La vie d’Adèle) il cinema
d’oltralpe si è decisamente fatto da parte. Tuttavia le lingue francofone non hanno
abbandonato le sale: con Due giorni, una notte i fratelli Dardenne, dal Belgio,
si confermano grandi maestri anche se il 2014 sarà ricordato come l’anno di
grazia di due registi del Quebec: Xavier Dolan con Mommy e Jean Marc Vallé (con
un film statunitense però, Dallas Buyers Club). Dal Canada, seppur quello
inglese, viene anche David Cronenberg, capace di aggiungere un altro film
notevole alla sua filmografia con Maps to the stars.
Britannici sono infine Ken Loach, che dopo quasi cinquant’anni di carriera,
si conferma con l’ottimo Jimmy’s Hall e il quasi esordiente Matthew Warchus col
sensazionale Pride. Dalla verde Irlanda proviene Jim Carney, che con il suo
primo film statunitense, Tutto può cambiare, ha raccolto un buon successo di pubblico.
Arriviamo infine all’Italia, sempre bistrattata e sempre capace di rifarsi
nonostante la mancanza di fondi e di promozioni adeguate: dopo l’Oscar a
Sorrentino, che ha portato milioni di italiani a confrontarsi con un film
tutt’altro che immediato come La grande bellezza, quest’anno gli italiani si
sono riversati in massa ad ammirare un film altrettanto complesso come Il giovane favoloso, che consacra Mario Martone come uno dei nuovi grandi registi
italiani. Ma il successo internazionale del nostro cinema non è finito: Il capitale umano di Paolo Virzì ha vinto premi a Toronto e Le meraviglie di Alice Rochwacher si è portato a casa un premio a Cannes.
l'italia a sorpresa quest'anno si è difesa bene.
RispondiEliminail cinema francese si è preso un momento di pausa, ma spero che presto torni a regalarci qualche meraviglia. tanto a compensare per fortuna quest'anno c'è stato un bel belgio :)
nessun anno credo si possa definire "pessimo" per il cinema, ci sarà sempre qualcosa di gradevole, bello o bellissimo. per me personalmente è stato un buon anno, tante visioni, il mio primo festival, tanti recuperi, un bel pò di film al cinema (grazie anche a un paio di iniziative del cinema amico vicino casa)
RispondiEliminaper quanto riguarda gli oscar dimenticati, credo sia un'altra, come se ce ne fosse bisogno, dimostrazione di quanto quei premi siano poco utili, poco coerenti e poco razionali, e consegnati solo per amicizie e affini...