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venerdì 19 febbraio 2010

L'amara spensieratezza dell’impegno americano



TRA LE NUVOLE (Up in the air) diretto da Jason Reitman, scritto da Jason Reitman e Sheldon Turner, con George Clooney, Anna Kendrick, Vera Farmiga.

Un cacciatore di teste (George Clooney) trascorre in volo 325 giorni all’anno, passando da uno Stato all’altro degli USA per licenziare personale. L’obiettivo della sua vita è totalizzare 10 milioni di miglia in areo. Una giovanissima collega (Anna Kendrick, intravista in New Moon e nominata all’Oscar) gli farà capire che nella vita c’è anche altro. Una donna che fa il suo stesso mestiere (Vera Farmiga, anche lei nominata all’Oscar e protagonista del prossimo film di Madonna) gli insegnerà qualcosa sull’amore.


Jason Reitman, giovanissimo enfant prodige figlio del regista slovacco Ivan (Ghostbusters), qui produttore, è al suo terzo film e come accade ogni volta che un regista ha un colpo di genio/di fortuna, è impossibile non confrontare il resto della sua filmografia con quel lavoro. Dal paragone, Tra le nuvole esce sconfitto: Juno possedeva infatti una freschezza, un anticonformismo e quel pizzico di eccentricità che lo rendeva un gioiellino delizioso. Non che il suo successore sia un brutto film: tutt’altro, ma non ha quella disinvoltura, quella libertà, quel tocco magico. Non ha quelle musiche speciali, o quei volti sconosciuti ma perfetti e quelle battute che lasciavano il segno. Del resto quella sceneggiatura vinse l’Oscar. Troppo poco però. Juno si meritava molto di più, quelli dell’Accademia lo sanno e per espiare il proprio senso di colpa hanno subissato di candidature Tra le nuvole: 8, di cui l’unica davvero meritata è per la performance di George Clooney. Grande divo, ma anche grande attore, condizione così rara in quest’industria in cui glamour e impegno raramente vanno d’accordo.
Clooney da parecchi anni a questa parte non ha mai sbagliato un film e l’Oscar se lo merita già da un pezzo. Ma quasi sempre l’attore è superiore ai film che interpreta, sempre troppo hollywoodiani, troppo glam per essere sinceramente impegnati. Per questo forse i suoi film migliori sono quelli che ha anche diretto.
Così anche Tra le nuvole, a differenza dell’indipendente Juno, è un prodotto fortemente hollywoodiano: strizza l’occhio a decine di film americani, è sempre in bilico tra risata e malinconia, senza mai decidere quale strada prendere per accontentare un po’ tutti. Perfino l’amaro finale si chiude con un sorriso. Tutta questa nonchalance l’ho trovata un po’ seccante.
A parte questo rimane un film gradevole e attualissimo sulla crisi mondiale e una riflessione sulle nostre vite: quanto peso diamo alla carriera, quanto ai sentimenti?
VOTO: 7




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